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giovedì, Ottobre 10, 2024
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Siamo sordi e ciechi al grido di dolore

Una propaganda martellante dell’informazione di regime ci stringe in un abbraccio talmente morboso da renderci sordi e ciechi verso l’insopportabile grido di dolore che si alza dai teatri di tutte le guerre.

Nel clima del 68 ci fu un tentativo di riscrivere la storia partendo dalle vittime. Per esempio, in un testo destinato alle scuole medie superiori, c’era scritto che Filippo II di Spagna nell’apprendere la notizia, che la sua flotta era stata distrutta da una tempesta nel tentativo fallito di invadere il regno di Inghilterra: “Pianse”.

L’imperatore PIANSE!

E le madri dei soldati? Le spose?

Risero?

E gli orfani?  Chi si prese cura di loro?

Lo “cinepresa” dello storico che ha scritto il testo in questione focalizza le lacrime dell’imperatore e riduce a mero dettaglio la morte di decine di migliaia di giovani. Rende così la guerra accettabile, quasi un gioco di società tra i “Grandi del mondo”.

La purifica del sangue, delle atrocità, delle inumane sofferenze e da spazio alle frasi celebri e ai momenti “eroici.”

La grande storia appartiene ai “Protagonisti” che si sono arrogati il diritto di giocare a scacchi con la vita dei popoli.

Nel passato Cesare Augusto o Napoleone, poi Mussolini, Hitler, Stalin ecc. sino ad arrivare ai protagonisti di oggi: Netyaniau, i responsabili di Hamas, Putin, Zelesky, gli ayatollah, Biden e Trump.

I popoli restano inchiodati dove sono quasi sempre stati, dove non si decide nulla, si soffre sempre e si muore spesso.

Noi stessi confidiamo su coloro che dovrebbero essere i “buoni” affinché prevalgano e, attraverso la guerra, ci regalino la pace.

Siamo ingenui?

No! Siamo disumani.

O meglio c’è una parte di noi (e in noi) che odia il genere umano.

Vediamo in altri il “nemico”, anzi ce lo facciamo scegliere da chi ci governa attraverso “giornalisti” e “intellettuali” ben stipendiati.

Così una propaganda martellante dell’informazione di regime ci stringe in un abbraccio talmente morboso da renderci sordi e ciechi verso l’insopportabile grido di dolore che si alza dai teatri di tutte le guerre.

Parlo, innanzitutto, di me che vedendo in tv il nuovo olocausto che si consuma in Palestina, tendo a girare canale. Un atto di viltà per firmare la resa.

Me ne vergogno e voglio illudermi di non poter fare altro ma so che non è vero! Tant’è che per prendere sonno ho bisogno delle gocce perché nella notte la mia coscienza si ridesta e mi accusa.

So che potremmo ribellarci, sia pure nella maniera più civile e democratica possibile, ma non lo facciamo.

E così la guerra avanza.

Ma se una sola bomba ad alto potenziale dovesse cadere sullo Stretto di Messina o in Sila, prenderemmo coscienza in un solo attimo di ciò che avremmo potuto fare e, colpevolmente, non abbiamo fatto.

Ci renderemmo conto della nostra “cecità”, un nome che ci rimanda al celebre romanzo di Saramago che è una metafora di un’umanità bestiale e folle che, nel buio della ragione, sprigiona gli istinti peggiori.

Ma almeno nel romanzo si coglie qualche ” catartico spiraglio di luce e salvezza.”  che nella realtà si fatica ad individuare.

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