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sabato, Maggio 4, 2024
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Agoracrito e il politicante moderno

Lo Presti ci narra la storia di Agoracrito facendoci riflettere su quanto poco sia mutata la politica nel corso dei millenni.

Matteo Lo Presti

“Visto avanzare sulla piazza il salsicciaio Agoracrito, lo chiamano, apostrofandolo come “Salvatore della città e di noi tutti. Tu, che or non sei nessuno e domani sarai gradissimo, condottiero di Atene fortunata”. Agoracrito si stupisce e chiede “come potrò io, che sono un salsicciaio, diventare un uomo importante?” Il servo ribatte “Appunto per questo diventerai importante, proprio perché sei un bifolco, volgare sfrontato”.

Così Michelangelo Bovero, docente di filosofia politica all’Ateneo di Torino, dà corpo al suo prezioso volume “Contro il governo dei peggiori. Una grammatica della democrazia” edizioni Laterza. Il brano iniziale è tratto dalla commedia di Aristofane “I cavalieri” nel capitolo che Bovero dedica alla “cattiva democrazia”.

La vicenda merita di essere tutta raccontata:

Agoracrito, obietta: “Ma io non ho nessuna istruzione, so appena leggere e scrivere e malamente”.

Il servo risponde: “Questo solo non va: che, sia pur malamente, lo sai. Guidare il popolo non è cosa per uomini colti e di buoni costumi, ma per gli ignoranti e gli spudorati”.

Il salsicciaio chiede: “Mi domando come possa essere capace di governare il popolo”

Il servo risponde: “E’ semplicissimo: continua a far quello che fai, rimescola e insacca insieme le cose pubbliche di ogni genere, accattivati sempre il popolo, blandiscilo con parole ben cucinate. Tutto il resto del demagogo, ce l’hai: voce oscena, oscure origini, volgarità. Possiedi tutto quel che ci vuole per governare”.

Che dire? Quattro secoli prima di Cristo Aristofane esalta con sagace intelligenza i meccanismi utili per l’ascesa al potere. Il lettore avrà oggi, immediatamente davanti a sé lo sciocco ministro che dal federalismo “Padania Libera” scivola verso la maglietta di Putin, il seguace di Trimalcione che esalta chi mangia polenta a discapito di chi si nutre di aragoste, l’ignorante  che farnetica una rivisitazione del nazismo con l’invasione dei profughi afgani, il marito che si piega alla maestà del consorte (così pare preferisca essere appellata) Primo Ministro, per non offuscarne con le sue filosofiche sciocchezze la cattedra del potere.

Il volume di Bovero cerca di aiutare a non compiere errori di grammatica politica, che portino a commettere errori nella pratica di un’ignorata solidarietà democratica.

L’uso non equivoco delle parole dovrebbe tenerci lontano dalla confusa babele dei salsicciai.

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