Le prime radio non pubbliche si chiamarono erroneamente “libere”. In realtà erano, e non era poco, radio “private”. Ma “libere” suonava meglio perché dava un senso di libertà.
Bruno Gemelli
In Italia la prima radio libera con una programmazione stabile fu Radio Parma, che iniziò le trasmissioni il 1° gennaio 1975. Seguì a ruota Radio Biella che, invece, iniziò le trasmissioni il 18 dicembre 1975 come emittente di informazione locale e intrattenimento. Sicché quella di Biella fu completa, ma non è considerata la prima radio libera in assoluto.
Se facciamo ancora un passo indietro la prima radio libera in Italia, intesa come radio non controllata dallo Stato, fu “Radio Libertà”, una radio partigiana che operava nel Biellese durante la Resistenza. Le trasmissioni iniziarono nel 1944 e, a differenza delle radio libere, Radio Libertà non aveva come obiettivo la programmazione continuativa.
Radio Biella (ora Radio Piemonte Stereo), nonostante il piccolo trasmettitore, riuscì a coprire una vasta area del vercellese, grazie ai pochi segnali radiofonici disponibili all’epoca. Inizialmente trasmetteva solo due ore al giorno, ma presto aumentò le ore di trasmissione e si sviluppò nel tempo, arrivando a trasmettere 24 ore su 24. Biella aprì la strada, subito seguita da altre emittenti. Tra cui “Tele Radio Locride 102” che trasmetteva prima da Gerace e poi da Locri.
Il dj tutto fare era Ernesto Panetta, la redazione era di tutto rispetto, composta dai giornalisti Pietro Melia e Ketty Schirripa e con diversi collaboratori esterni; l’editore era l’imprenditore Totò Aversa.
Nel tempo molti scrittori e giornalisti si sono occupati dell’argomento arricchendo la pubblicistica con interessanti saggi. Tra i più prolifici autori, si segnalano Massimo Emanuelli e Savino Zaba (il cognome per esteso di quest’ultimo è Zabaione). Il primo ha, fra l’altro, censito e recensito, nel 2017, un elenco esaustivo delle radio private presenti in Calabria, che erano in totale 442; il secondo ha scritto il volume “CENT’ANNI DI COMPAGNIA” (Rai libri, 2024).
In mezzo le lunghe tortuose vicende politiche che dovettero affrontare la “novità” a cui i decisori misero la prima pezza legislativa con la legge Mammì del 1990 che introdusse un sistema radiotelevisivo a carattere misto pubblico-privato, stabilendo limiti alle concentrazioni nel settore televisivo e affidando poteri di controllo al garante per la radiodiffusione e l’editoria.
Tornando al dj Panetta, che si faceva chiamare l’uomo della notte nonché Attila, aveva, soprattutto, un filo diretto con i reclusi del carcere di Locri a cui dedicava spazio, canzoni e parole di incoraggiamento.
I motivi più gettonati erano quelli di Otello Profazio che, nel trascorso weekend, è stato ricordato a Catanzaro con un evento

