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domenica, Maggio 5, 2024
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Autarchia applicata

Galileo Violini

Siamo un paese unico. Tre episodi, un cliché. Spero che nessuno mi accusi di plagio del “Tre popoli, una guerra”.

Wolfe; Mills, Mc Neil: Sánchez, Lenon, Gorce; Finkielraut, Benson; Anderson, Rogers, Reichelt. Una squadra di calcio?. La punteggiatura non è quella moderna del 1-3-5-2, ma quella del vecchio modo di recitare la formazione, 1-2-3-5. Lo stesso che da bambino usavo per la formazione del Grande Toino: Bacigalupo; Ballarin, Maroso; concludendo con Gabetto, Mazzola, Ossola.

No! Non è una squadra di calcio.

Sono undici giornalisti. Uno di loro si è dimesso e gli altri sono stati tutti licenziati, dai maggiori quotidiani e reti televisive del mondo.

I motivi sono stati diversi. Per Lauren Wolfe, c’è chi dice che fu per un tweet pro-Biden e chi pensa che fu invece per le sue campagne sul tema della violenza in tempi di guerra. Comunque, al New York Times non parve opportuno mantenere una giornalista, free-lance è vero, ma oggetto, e con lei il giornale, di polemiche. “Non possiamo permetterci di avere il suo e nostro nome sui titoli”.

Per Mills, accuse di molestie sessuali, per Mc Neil aver usato la parola nigger, in un contesto, per altro, a quanto pare, non particolarmente razzista, ed infatti, in un primo momento, la rlevanza dell’episodio fu minimizzata.

Un altro licenziamento del New York Times fu quello di Rukmini Callimachi, con restituzione di un importante premio, che aveva presentato un impostore come militante dell’ISIS. Giorgio Levi, presidente di un Centro Studi sul giornalismo torinese, ha sostenuto, in riferimento agli ultimi due casi, che così il giornale ha voluto difendere l’autorevolezza non negoziabile della sua testata prestigiosa.

Felicia Sánchez, licenziata dal Washington Post. Perché? Perchè gli standard del Post riguardo collegialità e inclusività del posto di lavoro non corrisponevano ai suoi comportamenti.

Dan Lennon aveva una trasmissione di successo alla CNN. In un’intervista, fece un commento sull’ex ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, Haley. Entrata nei cinquanta, non sarebbe stata più nel fiore degli anni. Secondo lui, una donna sarebbe da considerare nel momento migliore solamente quando ha venti, trent’anni, o grande concessione, persino forse a quaranta.

Per vignettisti come Steve Benson, Nick Anderson, che lo hanno vinto, o Bob Rogers, finalista, neanche il Premio Pulitzer è bastato a proteggerli.

Non si licenzia solo negli Stati Uniti. In Francia lo scandalo Duhamel ha fatto vittime illustri, il vignettista di Le Monde Xavier Gorce si è dimesso da le Monde per una vignetta omofoba e Alain Finkielraut è stato allontanato dalla catena LCI per aver preso posizione sullo stesso caso.

In Germania, il direttore del Bild, Doepfner, ha a malincuore licenziato, nonostante il suo eccellente lavoro Julian Reichelt. Perché? Per il suo condizionare il successo in carriera delle giornaiste alla loro disponibilità.

Firme importanti, parte del patrimonio intangibile di una testata, e, in una logica capitalista questo dovrebbe contare, però ci sono linee rosse invalicabili.

Non dappertutto. Ci sono paesi in cui la proprietà ha l’ottica del droghiere. Patrimonio intangibile è un’astrazione. Gli ingressi per pubblicità non lo sono.

Un giornalista, conduttore di una trasmissione mediocre, si esibisce volgarmente. Non ho interesse, né voglia, di confrontare col bilancino quelle esibizioni con i fatti che hanno portato ai licenziamenti citati. La notizia fa scalpore per una serie di ragioni che trovano terreno fertile nella cultura da bar dello sport di un paese che, a parole, ritiene di essere culla della civiltà occidentale. Il giornalista è persona sensibile e si autosospende (!). La proprietà attende un paio di giorni prima di manifestare la sua posizione., mentre ci lascia per giorni col fiato sospeso. Al confronto, l’attenzione di Didone ascoltando Enea è pari a quella di un appassionato di Sudoko mentre la televisione trasmette cartoni animati. Il mondo segue gli eventi in Medio Oriente, l’Italia trepida in un alternarsi di sospensione, cambio di funzione, restituzione della conduzione della trasmissione, richiesta del giornalista di tornare a condurla. Momenti citati in ordine sparso, che paiono doversi ricondurre a qualcosa di ben diverso dalla difesa dell’autorevolezza di cui scriveva Levi. Piuttosto indicativi della variabilità, presso i bookmaker, delle quote per la scommessa su un aumento dell’audience. Infatti, in parallelo si segue la quotazione in borsa del gruppo che ne risente e questo pare aver determinato, almeno fino a nuova valutazione, la situazione attuale. Poco o nessuno scandalo sulla sostanza di quanto è accaduto, ma in fondo c’era da aspettarselo in un paese dove non ci si scandalizza più di nulla. C’è chi i genitali li tocca e c’è chi li nomina come intercalare. Ieri fu la storia della nipote di un presidente, oggi le volgarità, e qualcosa di più, di una persona che, pure, non fosse altro che per la sua posizione personale, avrebbe dovuto astenersi da certi comportamenti.

Secondo episodio. A Padova, centro della cultura ebraica italiana, un ragazzo si maschera da SS e vince il premio per la migliore maschera. Ambizioso, mica aveva scelto l’uniforme di un qualunque Sturmbannführer, come Reder, il boia di Marzabotto, meglio quella di un Obersturmbannführer, per intenderci, il grado di Adolf Eichmann. La circostanza e l’ambiente del premio sono stati una festa di Halloween in una scuola le cui rette annuali vanno da 5500 euro (asilo) a 12500 (liceo), cui sono da aggiungere 1500 di iscrizione e vari servizi non inclusi. Certo, dei genitori hanno protestato e così ha fatto, come è ovvio, la Comunità ebraica, ma probabilmente per altri genitori il fatto è insignificante. La risposta della scuola è quella che, purtroppo, ci si poteva aspettare: 1. È stato uno sfortunato (sic!) incidente, 2. l’uniforme presentava un simbolo offensivo (si suppone le mostrine delle SS), 3. La situazione non era chiara 4. Comunque, la scuola è lungi dal permettere o promuovere un tale simbolo perché “offensivo”. Offensivo? A Wansee, i partecipanti alla riunione del 20 gennaio 1942, si limitarono a offendere, come tifosi che insultano l’arbitro?

Non sarebbe stato normale licenziare chi ha permesso questa mascherata o, peggio, la ha premiata? Non c’era da attendersi una parola sulla premiazione, chiarendo le responsabilità?

Diceva bene Manzoni: Sopire, troncare… troncare, sopire. E quindi, anche in questo caso, la parola licenziare non appare.

In Italia, quella divisa si può comprare in internet: costo 2200 euro. In Germania ovviamente non la si può nemmeno offrire. Già! Che sarebbe successo in Germania dove si è arrestati per meno?. Come è successo a due persone, che mi vergognerei di qualificare come connazionali, se questa parola dovesse davvero avere, come vorrebbero gli epigoni dell’ubriacatura nazionalista, un significato più ampio che per designare un medesimo luogo di nascita, che poi non è che uno se lo scelga.

Ma siamo un paese nazionalista e autarchico anche a livelli più provinciali.

L’alimentare rappresenta il 32% del nostro PIL. Se sia saggia una matrice economica siffatta si potrebbe discutere, ma non è questo il caso. Ovvio che il settore vada difeso da imitazioni, contraffazioni e così via, ma che ci si torturi assicurando che qualunque cosa mangiamo è al 100% italiana, non ha niente a che fare con questo. I francesi tagliano il vino con i nostri vini del Sud e non è un problema, ma da noi assicurare l’italianità del cibo evidentemente paga. Prosciutto cotto ci cui si vanta venire da cosce di suino pesante italiano, pasta prodotta con grano 100% italiano, salsa per amatori. con basilico 100% italiano. Specificazioni che dovrebbero far ridere, nonostante, ma forse a maggior ragione, siano rese popolari da un famoso mangiatore di nutella, che per essere 100% italiana dovrebbe forse chiamarsi nocella.

Qualche tempo fa una simpatica signora non si lasciò visitare da un dottore di colore, formato in Italia, sia ben chiaro. Coerenza vorrebbe che non ci limitiamo a pretendere di mangiare italiano. L’italianità di una salsa sarà ancor più garantita dall’essere i pomodori con cui è stata prodotta stati raccolti da baldi giovani 100% italiani. Già, ma questo forse non funzionerebbe. A pochi euro l’ora dove li si potrà trovare?

Viva la Nazione Itagliana (per i lettori giovani, la g non è un errore. È voluta!). Siamo diversi.

Siamo diversi dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Germania e se agli stranieri non piaciamo, che se ne stiano a casa (ringrazio il ministro Lollobrigida per avermi suggerito questa raccomandazione Essendo l’Italia un paese turistico, mi pare leggermente masochista).

Noi ce ne freghiamo e tiriamo diritto (taccio chi ringraziare per questa citazione, ancora, ma chissà per quanto ancora, sconsigliata dalla Costituzione e legislazione italiana, questa volta senza g, ovviamente).

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