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giovedì, Ottobre 10, 2024
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Autonomia: dopo la piazza i no della Svimez

Considerazioni sull’autonomia da parte della Svimez.

Dopo la grande manifestazione di due settimane fa a Cosenza, anche l’Associazione per lo sviluppo dell’industria e del Mezzogiorno (Svimez) ritiene necessario ribadire che per riprendere un dibattito serio sul regionalismo differenziato sia necessario muovere da due considerazioni.

In primis, le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia previste dall’articolo 116 comma 3 della Costituzione sono legittime, ma sono parte integrante del Titolo V della Costituzione riformato nel 2001. Le richieste di regionalismo differenziato vanno perciò valutate, nei loro eventuali meriti e limiti, nel contesto di un’attuazione organica, completa, equilibrata, del nuovo Titolo V. Dunque, per realizzare la “compiuta armonia” occorre che i principi introdotti dall’art. 119 siano resi pienamente operativi, il che non è, visto che proprio la legge attuativa (la 42 del 2009), che mira a regolare il federalismo fiscale, non è stata mai attivata. Considerato ciò, il DdL Calderoli propone una sorta di avvio “a saldo e stralcio” del percorso per l’autonomia differenziata che investe l’intera gamma delle materie di “legislazione concorrente” elencate dall’art. 117 comma 3 della nostra Costituzione. In altri termini, l’asimmetria che si chiede di introdurre deve essere, ad avviso della Svimez, armonicamente calata in un quadro di realizzato federalismo fiscale.

La seconda considerazione dell’istituto è che bisognerebbe chiudere definitivamente con la stagione delle contrapposizioni territoriali. In realtà, benché questo aspetto sia rimasto dietro le quinte, le proposte di attuazione dell’autonomia differenziata hanno ricevuto critiche sul piano tecnico ben più ampie e articolate da diversi organismi estranei alla difesa di particolari interessi territoriali. In particolare, le relazioni del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio e dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio che hanno bene messo in evidenza, insieme a un lungo elenco di criticità, il conflitto tra le richieste di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna e il rispetto dei principi di eguaglianza, perequazione e solidarietà nazionale sanciti dal nuovo Titolo V.

Con il DdL Calderoli si va, insomma, potenzialmente verso un’attuazione “integrale” delle proposte di autonomia: la possibilità di chiedere il decentramento di tutte le materie previste, compresa l’istruzione, senza l’individuazione puntuale di criteri di accesso; l’inemendabilità da parte del Parlamento delle intese Stato-Regione; il finanziamento delle nuove competenze regionali extra-Lep sulla base della spesa storica; la previsione di una definizione dei Livelli essenziali delle Prestazioni entro 12 mesi ma ad invarianza di spesa.

Si tornerebbe, in sintesi, alle proposte di cinque anni fa, rimuovendo quanto avvenuto sino ad oggi sia nel contesto economico e sociale del Paese (Pandemia, PNRR e ora gli effetti della guerra in Ucraina) sia negli approfondimenti tecnici sulle precedenti versioni dell’autonomia.

Senza neanche recepire le indicazioni della Commissione istituita dalla Ministra Gelmini presieduta dal compianto prof. Beniamino Caravita che aveva chiaramente stigmatizzato il rischio che la devoluzione di tutte le competenze richieste avrebbe determinato non autonomie differenziate, ma vere e proprie nuove Regioni “speciali”.

Alla luce di queste circostanziate critiche, cade dunque la tesi che l’opposizione alle richieste del “fronte del Sì” venga da un “fronte del No” radicato territorialmente a Sud, nemico dell’efficienza e del cambiamento. Il tutto con buona pace per il ministro Calderoli il quale una settimana fa a Vibo Valentia nel corso di una iniziativa della Lega ha provato a difendere il suo disegno di legge parlando addirittura di una grande opportunità per il Mezzogiorno.

Lo dicesse ai tecnici della Svimez!

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