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lunedì, Novembre 11, 2024
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Commemorazione dei defunti: le parole del vescovo Oliva

Omelia di monsignor Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace, per il giorno dei morti

Due sentimenti ci accompagnano in questo momento ed in questo luogo, che chiamiamo “campo santo”:

Fare memoria: la memoria di quanti ci hanno preceduto nella vita, di quelle persone care che continuano a vivere in noi e attraverso di noi. Che senso avrebbe altrimenti fare memoria di ciò che è morto e non esiste più? Il cimitero è un “campo santo”, luogo da custodire sempre con rispetto e massima cura. Facciamo memoria di quanti sono state vittime della violenza mafiosa, dei giovani morti nelle guerre. Come non ricordarli unitamente a quanti in questo nostro tempo muoiono nelle tante guerre ancora in corso, in Israele ed in Palestina, in Ucraina ed in tanti altri angoli della terra? Fare memoria dei morti in guerra sollecita la nostra sensibilità pregare per la pace. Sappiamo bene che non sono i popoli (palestinese, israeliano, ucraino, ecc.) a volere la guerra ed a permettere che tanti giovani perdano la loro vita sotto le bombe e i carri armati. La guerra è il risultato di una politica scellerata che crea ingiustizie e disuguaglianze, che sceglie le armi, dimenticando che i conflitti armati non risolvono i problemi ma ne creano di nuovi.

Esprimere gratitudine con la nostra preghiera è il secondo sentimento che ci accompagna. E’ la gratitudine verso coloro che ci hanno preceduto ed hanno contribuito nel costruire il mondo in cui viviamo. Dobbiamo tanto alle loro fatiche ed al loro impegno. Sappiamo di beneficiare di quanto altri in passato hanno saputo realizzare.

In questo luogo viene spontanea la domanda sul senso della vita. Ha senso vivere di fronte all’ineluttabilità della morte? Il credente riconosce che la vita non trae origine dal caso e non finisce nel nulla, secondo una generazione che va ed una che viene senza alcuna meta. La vita ha senso, perché ha una meta che va oltre il mutevole, il passeggero, il finito. Oltre la morte.

La vita non finisce con la morte, ma ritrova la sua pienezza e compimento in Colui che l’ha creata. E’ quanto sin da piccoli la fede cattolica ci ha insegnato: la vita ha origine non dal caso o dal nulla, ma dall’amore di Dio. Creato da Lui, l’uomo porta con sé la sua immagine, ha vita grazie al suo Spirito. E’ quanto veramente e realmente dà senso alla vita: ecco il suo vero orizzonte. Creati da Dio, viviamo per Lui e grazie a Lui.

L’insegnamento cattolico ha sempre avuto come punto di partenza le fondamentali domande sull’origine della vita e sul suo fine ultimo: Chi ci ha creati? Perché Dio ci ha creati? Anche se per un ragazzo era difficile comprendere, la risposta era profonda: siamo stati creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, per poi goderlo in paradiso. La prospettiva era fondata sull’amore verso Dio, ma non relegato in un orizzonte terreno, quanto proiettato in un orizzonte di eternità. Ove la morte come annullamento radicale della vita non entrava nell’orizzonte di Dio, creatore e padre. Era la fede che portava alla convinzione di essere “figli nel Figlio” e quindi fratelli.  In un orizzonte di fraternità, che andava oltre ogni barriera di razza, di colore della pelle, di nazionalità. Dio non sorride di fronte alla morte, l’affronta, la vince e porta l’uomo a superarla, a non averne paura. A guardare con fiducia il mondo che lo circonda. Nonostante tutto. Nonostante la guerra ed i conflitti fratricidi. Dio vive trepidante l’attesa della pace di cui vuol sempre far dono ad ogni uomo. In questo orizzonte, mentre affiora l’interrogativo “possiamo guardare con fiducia e speranza al mondo che ci sta attorno”, resta all’orizzonte la prospettiva di “cieli nuovi e terra nuova”, di cui parla San Giovanni nell’Apocalisse 21,1-4: “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate».

Ecco il sogno che dona speranza anche nei momenti più bui della storia. Sarà illusione? Saranno illusioni i nostri sogni e le nostre speranze? Non penso ad una vita così, la vita del non senso. Penso piuttosto ad una dimensione esistenziale nuova, dove tutto sarà trasfigurato: non ci sarà più la morte, non ci sarà più la sofferenza e caducità e ci sarà solo Luce e pienezza di vita eterna!

Il cammino da seguire è abitare con responsabilità la terra in cui siamo nati e a vivere la nostra esistenza, lottando per un mondo nuovo, senza guerre ed ingiustizie, creando l’ambiente migliore possibile e iniziando sin da ora ad edificare i promessi cieli nuova e terra nuova. Sin da oggi, da questo luogo che per noi è quel campo santo, che custodisce non la vita, ma solo i resti mortali dei nostri cari.

Solo così daremo valore alla vita umana, ad ogni sua attività, relazione ed esperienza. Ed il giudizio che ci attende sarà fondato sull’amore. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore (Giovanni della Croce).

 

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