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Cosa succede alla biblioteca di Canolo?

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta che Antonella Calautti indirizza all’amministrazione di Canolo.

Gentili amministratori del Comune di Canolo,

quello che rimane della ricchezza di ciascuno di noi sono le nostre montagne, i libri e i sogni, sopravvissuti a traslochi e terremoti; sin da ragazzi li abbiamo contenuti rifugiandoci dentro le biblioteche e il profumo di gelsomino, come una pausa fra l’allegria e la sua inseparabile compagna, la melanconia. Lì, tra la brezza anabatica abbiamo vissuto. E lì siamo sempre tornati dentro l’unica libertà che ci concediamo, quella del lavoro, dello studio, del silenzio, della dolce solitudine.

Dunque, Gentili amministratori canolesi, la passione per il Nostro Territorio è il vaccino contro l’inedia. La passione è l’inclinazione vivissima, il forte interesse, il trasporto per qualche cosa.  La passione è ciò che spinge l’uomo a crescere socialmente, culturalmente, moralmente. Senza passione l’essere umano si spegne, si adatta ad una vita piatta, fatta solo di diritti e doveri, codificata, pianificata, non pienamente libera. La passione spinge a ricercare, rischiare, a mettersi in gioco. Quindi cercare ardentemente la conoscenza è fondamentale per essere davvero liberi di scegliere e dunque di vivere. La denutrizione sociale, il distanziamento, la difficoltà nelle relazioni, l’abitudine alla mancanza di cultura, alla superficialità. Queste sono situazioni che si sono accentuate durante la pandemia ma alcune di esse erano già in atto prima della pandemia stessa. L’inedia si combatte alimentando e coltivando la passione, giorno dopo giorno, in ogni azione che svolgiamo. Accendere la passione significa risvegliare la capacità di sognare, togliere la paura di sbagliare, aumentare la gratificazione personale. Per tali ragioni diventa fondamentale coltivare la passione quotidianamente, sorreggendola, perché non si affievolisca mai. Per farlo, però, è necessario introdurre un altro componente, il coinvolgimento.

E come risponde l’Amministrazione canolese a tutto ciò? Col ridimensionamento e la mancata manutenzione degli spazi del Centro di lettura “Il mondo in un libro, dedicato ad Antonio Calautti”. Mi pare, questo, un segnale grave. Canolo ha bisogno di spazi pubblici per la cultura; spazi fisici e progettuali che dovrebbero essere rilanciati anziché ridimensionati. Limitare l’accesso a un presidio di democrazia fondato sulla libertà di espressione e sul confronto delle idee quale è il nostro Centro di lettura, senza addurre motivazioni di urgenza e senza prevedere soluzioni condivise, appare al quanto sbrigativo e superficiale. Ricordo che questo luogo dedicato alla lettura, con un ricco e vasto patrimonio librario presenta una buona raccolta sulla storiografia locale e con le sue attività culturali realizzate e portate avanti dall’associazione Thaletes è divenuto, negli anni, un punto di riferimento per la comunità, uno spazio di aggregazione sociale, un piccolo ma vivace centro in cui i giovani si avvicinano alla lettura e alla storia locale, un luogo in cui si forma il pensiero critico delle nuove generazioni.

La cultura non si sfratta, cara amministrazione, ma si preserva e si valorizza per tramandarla alle generazioni future. La memoria di Canolo passa anche per quei libri e senza la consapevolezza della propria storia non si costruisce futuro e sviluppo per i giovani. Le biblioteche sono un servizio essenziale per la vita culturale, sociale e civile di un paese.

Troppo spesso chi detiene il potere di governo si distacca velocemente da coloro che lo hanno eletto, non ne ascolta i suggerimenti e le proposte, stravolge il volto del territorio, minandone bellezza diffusa.

Troppo spesso i cittadini vengono espropriati dei propri diritti e della possibilità di incidere nei processi decisionali che li riguardano.

Tutto ciò è avvenuto anche a Canolo, il luogo dove siamo nati e cresciuti e che amiamo.

Canolo è un paese che vogliamo preservare, valorizzare, migliorare, per tutti noi e per le prossime generazioni, liberandolo dall’inerzia di cui è prigioniero da decenni. Il nostro paese è un bene comune che deve essere amministrato in forma libera e integra, trasparente e realmente partecipata.

Il nostro paese può rappresentare un luogo di sperimentazione e innovazione per valorizzare e sviluppare le capacità individuali e i rapporti interpersonali nella ricerca di obiettivi condivisi e socialmente proficui.

Un tale processo non si improvvisa, ma può realizzarsi solo attraverso un lavoro paziente che metta in connessione cittadini, periferia e centro, eccellenze e marginalità umane, sociali, culturali, finanziarie.

Per trasformare lo scontento, l’indifferenza e la percezione d’impotenza ampiamente diffusi, occorre rimettere in moto processi di partecipazione e progettazione condivisa.

Le idee e le proposte dei cittadini canolesi possono e devono essere il motore prevalente di un necessario recupero di molte aree del nostro territorio da troppo tempo vittima dell’incuria.

Vogliamo partire dai vuoti urbani e rurali, dalle aree dismesse, dai complessi storici e architettonici da molti anni sprangati, utilizzati impropriamente, preclusi alla visita dei residenti e dei turisti.

Una modalità per riappropriarsi del paese da parte di tutti è proprio il lavoro paziente da realizzare sulla storia, la cultura, le tradizioni di Canolo.

Conoscere la storia e i tesori, spesso nascosti, è la precondizione per aprirsi al turismo e per investire consapevolmente, non cercando un guadagno immediato, ma riconoscendo valore e capacità di promuovere senso di appartenenza.

Occorre più solidarietà e più cooperazione, promuovendo i piccoli produttori agricoli locali nell’ottica del rispetto dell’ambiente e della valorizzazione di una filiera corta, il più possibile a chilometri zero.

Un passo può essere rappresentato dall’adozione di una denominazione comunale di origine per tutelare e rendere riconoscibili i prodotti locali e la promozione di spazi municipali permanenti per il passaggio diretto produttore -consumatore.

Vogliamo provare a sperimentare, nel nostro paese, un nuovo progetto, molto concreto, di libertà.

Una libertà basata sul fare piuttosto che sul dire, mettendo fine alla politica dell’annuncio.

Affermiamo la necessità di un’amministrazione sobria, efficiente e di servizio, aperta al contributo indipendente del volontariato individuale e associato, che fornisca soluzioni ai problemi del Centro e delle Contrade.

Molte infrastrutture essenziali sono deficitarie, in particolare nelle zone periferiche del Comune: pensiamo, solo per fare alcuni esempi, alla manutenzione delle strade nelle numerose Contrade, all’acquedotto, agli impianti fognari.

Deve essere data una risposta alle richieste, sempre più pressanti, dei giovani e dei bambini del territorio i quali devono poter usufruire di spazi di aggregazione, dove ritrovarsi, giocare, suonare, organizzare mostre ed eventi, avvicinarsi alle attività artistiche.

Riscontro un’amministrazione sorda a queste esigenze e che, anzi, ha preferito rimuovere il problema, così da non affrontarlo.

I canolesi devono poter esprimere la loro creatività in contesti adeguati, in sicurezza e tranquillità.

Bisogna investire in spazi pubblici puliti e tutelati come bene di tutti, in cui sia possibile far giocare in totale sicurezza i bambini, che diventino un luogo d’incontro e conoscenza reciproca. Una tutela che deve giungere dalla consapevolezza dei cittadini del valore di questi luoghi, dal sentirsi orgogliosi di contribuire con atteggiamenti virtuosi alla protezione di un bene comune prezioso per la nostra comunità. Credo che questa sia la vera ed unica forza possibile per una ripresa reale. E Il cambiamento deve e può partire da noi, ora più che mai. è giunto il momento del fare. Fatti e non parole, Gentile Amministrazione.

Antonella Calautti

 

Nella foto, convegno sul poeta canolese Francesco Nicolai (Canolo 1687- Gerace 1776)

 

 

 

 

 

 

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