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giovedì, Maggio 2, 2024
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Cutro, un anno dopo per non dimenticare

Ad un anno dalla tragedia di Cutro Filippo Veltri ricorda eventi, emozioni e ci fa riflettere su quegli avvenimenti tanto dolorosi.

Tra Crotone, Cutro e Steccato di Cutro si sono conclusi lunedì scorso all’alba dibattiti, incontri, riflessioni ad un anno esatto dalla strage di Steccato, in cui morirono un centinaio di migranti.  E’ importante, infatti, che tutto venga ricordato con continuità e che tutto venga fatto soprattutto con le parole giuste: strage innanzitutto e non tragedia, come le indagini della Procura della Repubblica di Crotone stanno cercando di fare. Non, cioè, una casualità dettata dall’imperizia, dal caso, dalle cattive condizioni del mare etc etc. Ma una catena di responsabilità e di mancati interventi. Non necessariamente, dunque, per scelta consapevole ma per imperizia o sciatteria o semplice sottovalutazione.

Vedremo come andrà a finire la complicata e tutt’altro che facile vicenda giudiziaria ma e’ importantissimo che su quanto avvenuto un anno fa quelle comunità mantengano aperte i fari dell’attenzione e si siano messe in moto, hanno agito, hanno creato una rete di solidarietà e di aiuto non solo nell’immediatezza ma nel medio e lungo periodo. Voglio solo ricordare i pescatori di Cutro in primo luogo, ma anche le associazioni, il mondo volontaristico, quello delle professioni, la Chiesa.

Steccato di Cutro e’ stato in un certo senso lo spartiacque di una sensibilità e di un crescere della stessa opinione pubblica, in  primo di luogo del crotonese ed e’ giusto qui ricordare (facciamo sempre, tutti, le pulci a noi giornalisti ma e’ doveroso mettere un punto esclamativo quando avviene qualcosa di positivo) anche il ruolo fondamentale che hanno avuto nello specifico gli operatori dell’informazione di Crotone, che nel loro complesso hanno tenuto e tengono accesi i fari dell’attenzione con grande spinta professionale e civile. Anche qui non era né semplice e né scontato. Ne fa per ultimo testimonianza quando e’ spuntato da sotto la sabbia, dove era sepolto da quasi un anno sulla battigia posizionato a pochi metri di distanza dalla foce del fiume Tacina, il gommone che, probabilmente, venne usato dagli scafisti per mettersi in salvo dal naufragio del caicco “Summer Love” che provocò la morte di 94 migranti. A scoprire i resti del “tender”, è stato un pescatore che ha subito allertato la Guardia di finanza e la Capitaneria di porto dopo aver visto il relitto. I militari di entrambi i corpi si sono immediatamente precipitati sul litorale di Steccato di Cutro per gli accertamenti del caso e prelevare il gommone. Il punto dov’è stato rinvenuto il tender dista poco meno di un chilometro dall’area nella quale affondò l’imbarcazione partita dalla Turchia e sulla quale avrebbero viaggiato i circa 200 profughi per la gran parte afghani. A riferire dell’esistenza di un gommone in seguito alla tragedia del mare, erano stati i superstiti nel corso delle prime testimonianze che avevano rese agli inquirenti.

Il punto e’ proprio quello che il giovane giornalista crotonese Vincenzo Montalcini ha messo a fuoco nel suo libro che si intitola ‘’Quale umanità?’’, uscito nell’immediatezza della strage. Non e’ solo una domanda ma una scelta. ‘’Scegliere ogni giorno da che parte stare. Non solo nelle tragedie. E’ una questione di scelte, ogni giorno, anche in un singolo post’’. Steccato di Cutro va ricordato così.

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