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Da Gerace la storia della partigiana Anna

Spesso il contributo femminile alla Liberazione passa in secondo piano rispetto a quello degli uomini, invece, molte donne sono state protagoniste assolute di quello che è stato sicuramente il periodo più buio della storia d’Italia. Anna Cinanni è stata una di queste protagoniste, combattendo con coraggio e determinazione per difendere i suoi ideali e proteggere i più deboli.

Anna Cinanni nasce, a Gerace, il 7 febbraio del 1919 da una famiglia di contadini.  Dopo la morte del padre, tra il 1928 e il 1929, la famiglia decide di trasferirsi a Torino.

A 13 anni, inizia a lavorare in una fabbrica di biscotti, rinunciando al posto dopo tre anni, perché troppo pesante per la sua età; decide, invece, di frequentare le scuole serali di dattilografia e computisteria. Così, grazie al diploma, viene assunta come comptometrista addetta al controllo dei bilanci, rimanendo fino al settembre 1943. Intanto, grazie all’esempio del fratello Paolo, membro del Partito Comunista Italiano, e della sua esperienza in fabbrica sviluppa il suo pensiero sindacale e politico.
È lo stesso Paolo ad avviarla all’attività politica nel Partito comunista proponendole di impegnarsi nel “Soccorso rosso”, che offriva supporto materiale e morale alle vittime della lotta antifascista. Durante questo periodo, stringe amicizia con alcuni importanti oppositori piemontesi del regime fascista: Leo Lanfranco, Giovanni Guaita, Ludovico Geymonat e Cesare Pavese, per qualche tempo insegnante privato del fratello nella preparazione alla licenza liceale.
Il suo impegno di lotta si intensifica nel 1943, quando Anna aderisce ufficialmente al PCI e diventa parte integrante della Brigata Garibaldi, formazione partigiana attiva nella lotta contro il regime fascista e l’occupazione nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, scegliendo il nome di battaglia di “Cecilia”. Entra nella lotta armata con in mente le parole del fratello Paolo: “Ricordati che non sei una donna: sei una comunista e stai combattendo nella Resistenza”.
Come staffetta partigiana è incaricata dei collegamenti tra gli antifascisti torinesi e cuneesi, poi di quelli di Asti, Alessandria, Vercelli, Novara, nonché dei rapporti di questi gruppi con il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia a Milano.

Nel 1945, Anna è coinvolta in un episodio significativo della sua vita di resistenza: a Vercelli, la polizia scopre materiale clandestino nascosto nel doppio fondo della sua borsa e la arresta. Durante l’interrogatorio subisce ripetute violenze fisiche, tuttavia riesce a non tradirsi ripetendo sempre la stessa versione dei fatti. Dopo dieci giorni passati nella caserma delle Brigate nere, dove subisce altri interrogatori e sevizie, viene trasferita nel carcere della questura di Vercelli. Qui trova quattro compagne di Biella che le offrono un grande sostegno, soprattutto quando una guardia vorrebbe approfittarsi di lei. Inoltre, grazie alla presenza nel carcere di una guardia antifascista, permette ai partigiani di assicurarsi che la donna arrestata sia la Cinanni e anche di pianificare il suo rilascio attraverso lo scambio di dieci prigionieri; ma la liberazione della città di Torino le apre in anticipo le porte del carcere. Con la fine della guerra, continua la sua militanza nel PCI e prosegue nel suo impegno per coinvolgere le donne nella lotta politica. In vista delle elezioni del 1946, in Piemonte, organizza l’associazione Ragazze d’Italia; l’anno successivo è eletta responsabile delle donne alla quarta Sezione Luigi Capriolo; nel 1949 partecipa al quinto Corso della scuola nazionale femminile, al termine del quale è nominata funzionaria organizzativa e politica dell’Unione Donne Italiane (Udi).

Nel 1950 si sposa e da questa unione nascerà una figlia. Per l’attività svolta nella Brigata Garibaldi è stata insignita della Croce al merito dell’Esercito italiano col riconoscimento del grado di soldato semplice. È morta, a Torino, il 26 gennaio del 2001.

Il coraggio di Anna Cinanni è stato importante per la liberazione del nostro paese dai nazifascisti, coraggio che l’ha portata ad un passo dalla morte, senza mai tirarsi indietro. Una storia quella di Anna che merita di essere ricordata e conosciuta dalle nuove generazioni.

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