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giovedì, Maggio 9, 2024
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Eugenio Scalfari nel centenario della nascita

Matteo Lo Presti ci parla di Eugenio Scalfari, l’uomo, politico e giornalista.

Matteo Lo Presti

Eugenio Scalfari, nato a Civitavecchia aveva vissuto gli anni delle giovinezza a San Remo compagno di banco di Italo Calvino nel famoso liceo Cassini. Ma non amava il mare di Liguria preferiva quello  della Sardegna. A Genova si presentò solo nel gennaio del 1976 quando nella piccola sala dell’azienda del gas venne a presentare il primo numero del suo quotidiano “La Repubblica”. Il suo pubblico era composto dai soli militanti socialisti della città. A presiedere l’azienda era l’avvocato Carlo Da Molo che divenne poi presidente autorevole di Italgas.

Nel 1967 sull’Espresso di cui pure era stato fondatore aveva denunciato il tentativo di golpe del generale De Lorenzo che costò a lui e al suo collega Lino Jannuzzi una condanna rispettivamente di 15 e 14 mesi di carcere. Invano il pubblico ministero Occorsio aveva chiesto per loro l’assoluzione avendo letto i documenti della vicenda prima che le istituzioni pubbliche vi apponessero il segreto  di Stato.

Fu salvato dal carcere candidandosi come indipendente nelle liste del PSI. Jannuzzi fu eletto senatore e Scalfari eletto in ben due circoscrizioni: Torino e Milano.

Optò per Milano, in questa circostanza era stato  aiutato dal segretario PSI Giacomo Mancini.

L’articolo di maggiore spessore pubblicato nel primo numero era una intervista con Francesco De Martino anziano segretario del PSI .Il pubblico a cui cercò di parlare allora era quello di una sinistra liberale e socialista. Poi pochi giorni dopo Scalfari intervistò Pietro Nenni in occasione del suo 85esimo compleanno. Il problema sempre lo stesso rapporti tra PCI di Berlinguer  e il popolo socialista.

Scalfari che tanti debiti aveva accumulato nei confronti del PSI appena Craxi sostituì De Martino che nella tornata elettorale del ’76 aveva raccolto solo il 9%, iniziò a sparare a palle incatenate contro l’uomo che a Milano lo aveva fatto eleggere? Perché questo? Craxi era per una politica movimentista che scuotesse la struttura immobile del Paese, erano i momenti della legge sul divorzio. Il PCI nicchiava, mentre il socialista Fortuna e il liberale Baslini imperversano sulle piazze verso una  vittoria certa. Troppo arretrate le strategia della balena democristiana e dell’elefante comunista.

Lo svelto vascello socialista con gli scarsi consensi elettorali al centro governava ,tra mille tormenti con la DC e in periferia sempre più numerose le alleanze con i comunisti. Vedi Milano, Torino, Genova.

Craxi non accettava padroni sulla linea politica ,mentre Scalfari con la sua potente portaerei comunicativa pensava di potere orientare le scelte politiche. SI alleò con De Mita, favorì l’elezione del suo amico presidente di Banca Italia Carlo Azeglio Ciampi alla presidenza della Repubblica. Entrò i lotta contro Eugenio Cefis presidente di Eni e poi di Montedison. Aveva tanti sostenitori, ma anche molti nemici. Abile economista Scalfari si intrometteva pesantemente nei fatti economici industriali del paese . A Craxi non fece mai sconti. Per  Scalfari l’abile Bettino , riformista dalla potenzialità illuminate ,doveva essere ostracizzato per la infinita storia della “questione morale “ di cui Berlinguer si era fatto subdolo paladino. Quando la storia dei finanziamenti del PCI , o dall’ URSS o da tante aziende interessate alla ideologia comunista ma più attente alla produttività del mercato, che il PCI fiancheggiavano, anche nel corso di “Mani pulite” fu usata tolleranza smentita dalla storia.

Dichiarava Scalfari ,in gioventù, di essere ateo .Aveva lavorato con Ernesto Rossi, intorno alla fondazione del Partito Radicale  e alla scrittura di pagine infuocate di anticlericalismo. In vecchiaia  Scalfari  si orientò verso una dimensione filosofica di tipo kantiano : importante è essere liberi e cercare la dimensione dell’infinita vocazione umana. Incontrò spesso il papa Francesco. Ma le sue narrazioni di quei colloqui qualche vota meritarono la censura dell’Osservatore Romano “il Papa non ha mai detto quanto Scalfari riporta” e il furbo Eugenio ribadiva” Ho sempre fatto così nelle interviste ,non prendo appunti ,riporto a memoria”.

Alla sua veneranda età erano tutti abili  e ossequiosi a perdonargli eccessi di protagonismo. Anche i redattori di Repubblica abili nel riscrivere i testi delle sue “messe cantate “ domenicali. Ma diciamolo onestamente :Barba Papà con il suo giornale Partito aveva lasciato un vuoto incolmabile  mancherà. Il posto nel Purgatorio dei giornalisti se lo era meritato .Avrà incontrato i suoi amici-avversari Bocca, Biagi, Pansa, Montanelli, Cancogni. E come in vita hanno continuato a litigare invidiosi uno dell’altro. A cento anni dalla sua nascita l’odore turribolare dell’incenso ha creato una nube che ha nascosto qualche incongruenza . Era stato giovane giornalista fascista ,cacciato dalla redazione perché aveva attaccato gerarchi in sospetto di truffatori. Era stato giovanissimo giornalista dell’Espresso e non risparmiava nessuno nel tritacarne della sua macchina da scrivere . Colto e moralista, preveggente e sarcastico . Azzeccava il futuro politico. Sbagliò nell’esaltare  De Mita e Berlinguer ,aveva aderito al partito  liberale  e poi a quello radicale. Ingrato con il PSI di Nenni e Craxi .  Eppure nella marea di pennivendoli , il cui volto spesso ci fa cambiare canale , Eugenio (= dl greco ben nato, ben partorito ) svetta come un duraturo protagonista del nostro tempo.

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