Galileo Violini
Non è un dubbio amletico per la presidente del Consiglio. Farla e disfarla, la sua meta!.
Disfare una storia imbarazzante del nostro paese. Cercare di fare storia andando a Washington. Questo le ha richiesto di superare l’ancor piú imbarazzante interpretazione del presidente Trump delle visite ad limina dei governanti stranieri.
Coerentemente, Trump ha gradito. L’ha osannata, anche se con una connotazione proconsolare, e ci ha garbatamente informato che mantenerla a Palazzo Chigi è condizione necessaria per mantenere al nostro paese lo status privilegiato che le ha offerto.
Questo sarebbe il grande risultato del viaggio lampo della presidente Meloni, che si concreta nel video del suo incontro con l’amico Musk, che giá pare contare meno per i rapporti con gli Stati Uniti, e in un pacchetto economico-politico invero straordinario: conferma dei dazi, impegno a comprare armi e gas americani, onore di ricevere una visita di Trump a Roma.
Il valore europeo di quest’ultimo risultato è stato messo in discussione, ma dai soliti nemici dell’Italia che hanno fatto notare che comunque la sede per incontri ufficiali con l’Unione Europea è altra.
È pur vero che pare non essere escluso un incontro a Roma di Trump con la presidente Von der Leyen, ma pare anche che la presenza della presidente del Consiglio non sia considerata necessaria ( o gradita).
Messe così da parte le speranze di questo capitolo della storia che la presidente ritiene di star facendo, e quindi di un viaggo a Oslo per ricevere il Nobel per la pace, il suo problema principale era disfare la storia imbarazzante che ricordavamo.
A quelli della mia generazione che potettero ascoltare la canzone dei neofascisti che soleva accompagnare le loro incursioni all’Universitá di Roma o manifestazioni come il pellegrinaggio del 24 mazo alle Fosse Ardeatine, secondo la quale il 25 aprile sarebbe nata una p*** cui era stato dato il nome Repubblica Italiana, non puó sorprendere che quella data susciti in chi in ambienti neofascisti si è formato, qualche problema. In fondo la nobiltà partenopea di origine borbonica evitò di trovarsi a Napoli, quando, abrogata la XIII norma transitoria e finale della Costituzione, Napoli fu scelta per l’ingresso in Italia di Emanuele Filiberto Savoia.
La data del 25 aprile è i’autentico giorno del turismo politico di una destra che sta combattendo una Kulturkampf che poco ha da invidiare a quella di Bismarck. Certo, la presidente del Consiglio non puó addirittura essere assente alle cerimonie ufficiali, ma l’ordine del giorno è ridurne la visibilitá, limitarne la portata, equiparare i partigiani e i repubblichini e quindi spostare l’attenzione dalla riconquista della libertá alla riunificazione territoriale che fede seguito alla Prima Guerra Mondiale.
Come due anni fa avvenne col presidente del Senato, l’unico atto ufficiale sarebbe stato all’Altare della Patria e poi a Fiumicino per una visita di Stato.
Il presidente La Russa ebbe allora una giustificazione relativamente solida, una riunone europea.
In questo caso é diverso. Non credo di avanzare un’ipotesi molto azzardata, ritenendo che, se, nel prossimo mese di luglio, il presidente Trump, il 4, o il presidente Macron, il 14, facessero qualcosa di simile a quanto si proponeva fare la nostra presidente, lo scandalo negli Stati Uniti e in Francia sarebbe immenso e nessuno la riterrebbe una valida giustificazione.
Inoltre, com direbbe il poeta, “il modo ancor m’offende”
Visita di stato in Uzbekistan. Il suo presidente ci aveva visitato due anni fa, vent’anni dopo l’ultima visitadi un presidente uzbeko. Lo stesso anno, l’Uzbekistan fu visitato dal presidente Mattarella e anche ci fu una visita a Tashkent della presidente.
Con questo limitato livello di incontri, che cosa sarà mai successo che rendesse tanto necessaria ed urgente una nuova visita in Uzbebistan d della presidente Meloni, di poche ore, e per di piú di sabato?
La ragione è stata annunciata da Palazzo Chigi il 21 aprile, e ripresa da una nota dell’AGI: il 27 avrebbe avuto luogo un vertice Italia-Asia Centrale.
È nei dettagli che appare tutta la finezza dell’Ufficio propaganda di Palazzo Chigi. Goebbels gli darebbe una laurea honoris causa. Il 21 aprile era Pasquetta. Dove il tempo era bello, gita fuori porta, e dove brutto era ben brutto e la gente aveva altro a cui pensare.
In fondo la data della riunione era stata fissata come normale dai negoziatori italiani. Essi forse erano ignari di una notizia incidentale che accompagnava quella del vertice. Provvvidenzialmente era sopravvenuto, e se ne dava informazione contestualmente, un invito del presidente uzbeko.
Strano invito. Era per sabato 26. Se il presidente prevedeva di partecipare al vertice, avrebbe incontrato la presidente Meloni l’indomani ad Astana. In caso contrario, non sarebbe l’incontro stato piú utile, specialmente se tanto importante, dopo il vertice, e di lunedì ? Anche il luogo sorprende un po’, se è vero quanto parrebbe dalle scarne notizie di stampa, che fosse Samarcanda invece della capitale Tashkent.
La scomparsa del papa ha scombussolato il programma, ma fino ad un certo punto. Lutto nazionale di cinque giorni. Anche in questo caso l’Ufficio propaganda cominció a preparare il terreno.
Si annunció che il governo era in dubbio se proclamare un lutto di 3 o 5 giorni, come se fosse un’alternativa su cui prendere una pensosa decisione. Quando mai? Per nessuno dei papi defunti in epoca repubblicana il lutto è stato proclamato per cinque giorni.
Ma perchè non approfittarne per sterilizzare la ricorrenza del 25 aprile? E invitare a una sobria celebrazione?
Quale sará la sobria maniera di celebrarla (absit iniuria verbis, presidente) della presidente del Consiglio?
Proviamo a indovinare?. Una pizza?