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lunedì, Aprile 29, 2024
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Gioia Tauro: finti controlli al porto per favorire i traffici della ‘ndrangheta

Due funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Gioia Tauro e una dipendente di una società di spedizioni sono stati arrestati dai finanzieri di Reggio Calabria con il supporto dello Scico e la collaborazione di Europol e della Dcsa, con l’accusa di effettuare finti controlli allo scopo di favorire la ‘ndrangheta.

Secondo l’accusa, i tre sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di droga aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta.
in totale, sono 7 gli indagati dalla Dda reggina, con il supporto di Eurojust, tra i quali anche un terzo funzionario doganale, già arrestato in un’altra operazione nel 2022.
Le misure cautelari sono state disposte dal Gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri. In carcere sono stati portati i funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli Antonio Pititto, di 60 anni, residente a Mileto, addetto al controllo scanner, e Mario Giuseppe Italo Solano, di 51 anni, residente a Limbadi, in servizio all’ufficio antifrode, fino al 2021 addetto al “controllo scanner” e successivamente alla “visita merci”. Ai domiciliari è stata posta Elisa Calfapietra, di 36, residente a Gioia Tauro.
Dagli esiti delle indagini sarebbe emerso che i funzionari avrebbero fatto parte di un sodalizio criminale costituito dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della piana di Gioia Tauro.
I doganieri, in servizio in punti nevralgici del dispositivo di controllo, quali il controllo scanner e quello “visivo” mediante apertura dei container avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati.

Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso dei controlli ordinari. Inoltre, se il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i verbali di sequestro per giustificare la perdita della droga, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito.
Infine, uno dei funzionari doganali si sarebbe preoccupato di avvertire i sodali in merito ad eventuali operazioni condotte dalla Guardia di finanza, con l’intento di evitarne l’arresto.

 

 

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