Giovanna Gulli nasce il Calabria anche se vive la sua breve vita a Milano. Nel suo romanzo “Caterina Marasca” racconta della vera storia di Caterina, in maniera anche un pò autobiografica ma, con una proiezione fantastica della giovane autrice. Caterina, così come Giovanna Gulli sono donne che rappresentano il manifesto della ribellione femminista dell’inizio del ‘900, facendo trapelare un’orgogliosa ribellione dell’animo proprio, alla società contemporanea e patriarcale, e a mantenere la propria integrità e la propria indipendenza nonostante le circostanze del periodo storico.
di Bruno Gemelli
«Si può essere considerati “scrittori” pur avendo scritto un solo libro? “Via col vento” fu l’unico libro scritto da Margaret Mitchell; il poeta Dino Campana pubblicò solo i “Canti orfici”; la poetessa ucraina Zuzanna Ginczanka pubblicò una sola raccolta, “I Centauri”, essendo morta a 27 anni fucilata dai Nazisti». La curiosa domanda/risposta se l’è posta Franco Messina, recensendo, a suo tempo, il romanzo di Giovanna Gulli, “Caterina Maresca”. Messina vive a Milano ma è nato a Drapia, il paese del Vibonese che ha dato anche i natali al senatore Saverio Di Bella.
Di Giovanna Gulli le notizie sono scarne. Si sa che è nata a Reggio Calabria nel 1911 da famiglia agiata ed è morta di polmonite a Milano nel 1938. Prima di pubblicare il suo unico romanzo si allenò vergando diversi racconti giovanili e intrattenendosi anche in trasmissioni radiofoniche dedicate ai ragazzi. “Caterina Maresca”, si avvalse dell’introduzione di Leonida Repaci, intellettuale antifascista ed autore teatrale, calabrese di Palmi, ben inserito nell’ambiente culturale milanese (aveva anche fondato il Premio Viareggio).
Repaci – ricorda ancora Franco Messina – «s’impegna alacremente per far pubblicare “Caterina Marasca”, ma l’autrice, dopo aver corretto le bozze, nel 1938 si ammala di tubercolosi, rifiuta il ricovero in una clinica e muore prima di poter realizzare il sogno di tenere fra le mani la sua opera stampata. Repaci, nella prefazione a “Caterina Marasca”, così commenta la sua prematura fine: “Giovanna Gulli è morta di stenti. In una città grande e generosa come Milano una ragazza di quel talento non ha trovato il minimo necessario per campare». Il romanzo di Gulli è ispirato ad una storia vera, proiezione fantastica della giovane autrice, ed è ambientato all’inizio nella povertà dei bassi napoletani, stato che suscita nella protagonista un’orgogliosa ribellione ed un’alta considerazione di sé, che la fa sentire superiore sia al popolino che ai borghesi ed ai nobili e che l’avvia inesorabilmente ad un’altra vita non meno dolorosa.
Il libro è stato ristampato da Rubbettino nel 2006. Il romanzo di Gulli, molto autobiografico, è una sorta di manifesto del femminismo italiano.
Il critico della letteratura calabrese, Antonio Piromalli, scrisse: «Giovanna interiormente, si trasformava in Caterina, le affidava i suoi sentimenti rimossi o repressi. Ma ciò che importa, soprattutto, è il comportamento della Gulli, che è un comportamento antitetico al volgo disordinato, all’aristocrazia danarosa, alla borghesia egocentrica, viziosa e ipocrita. Il mondo della miseria metropolitana durante gli anni ruggenti del fascismo, è descritto crudamente e senza alcun compiacimento folcloristico. Tutti gli uomini che si incontrano nel romanzo sono maschilisti, egocentrici. Il mondo descritto da Giovanna è uno squallido spaccato di società meridionale cittadina: borghese e aristocratica, che vede la donna come sesso, come preda. Caterina esprime la protesta contro questa mediocrità umana. Non c’è da meravigliarsi se, nel clima idealistico e razionalista del fascismo, il romanzo della Gulli non ebbe fortuna».
E Repaci ne tracciò i tratti essenziali: «il viso asciutto, pallido e regolare, i capelli fiammei, la bocca marcata e un po’ crudele, lo sguardo allucinato, la patita esilità delle braccia e delle spalle, l’ondulamento come di murena del corpo sottile ma ammirabilmente modellato».