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giovedì, Ottobre 10, 2024
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Giuseppe Scopelliti: “La fede mi ha dato la forza per sopportare l’ingiusta detenzione”

Una sera d’estate, incontro per caso Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria, ed ex Presidente della Regione Calabria, che ha vissuto l’esperienza del carcere per abuso d’ufficio e falso ideologico. Ho approfittato per chiedere un’intervista, che gentilmente mi ha concesso. Ebbene, leggendola, sono rimasta colpita dalla sofferenza subita da un uomo che sente di aver subito un’ingiustizia. Un uomo che è riuscito, comunque, a rialzarsi e a rimanere sempre “Libero”.

Vorrei iniziare questa intervista con una domanda dura, ovvero partire dalla fine della sua amministrazione regionale, perché ripercorrendo la sua vicenda politica, è appropriata la definizione “Dalle stelle alla stalle”. Riesce a descrivere cosa ha sentito quando si sono chiuse, dietro di lei, le porte del carcere?

Può succedere a chiunque. Il confine, in realtà, è talmente sottile da potersi ritrovare facilmente dall’altro lato. Ho accettato la severità del giudizio e non sono mai caduto nella tentazione di abbattermi, nonostante sarebbe stata una reazione naturale, perché i valori in cui ho sempre creduto mi hanno portato ad essere un cittadino al servizio della Nazione. Senza questo “credo” non avrei mai potuto accettare di ritrovarmi in galera per una condanna vergognosa, che rimane, ancora oggi in Italia, un esempio unico. Eppure, in questo Paese può accadere anche questo.

Da quel giorno in poi com’è stata la sua nuova quotidianità? E dove ha trovato la forza per affrontare la sua nuova vita?

Il tempo in carcere assume un senso diverso rispetto al mondo esterno. Come se lo scatto delle lancette fosse dettato da un altro ritmo. I giorni sono tutti uguali e sono cadenzati da intense attività che si svolgono ad orari prestabiliti. La domenica e nelle feste comandate assistevo alla celebrazione della Santa Messa. La domenica sera, dopo la cena, era il momento di programmare la spesa per la settimana successiva. Non mi dispiaceva, poi, fare lunghe passeggiate all’aria aperta ascoltando buona musica in cuffia. E poi la lettura, tanta lettura. In cella ognuno aveva un compito da svolgere, una mansione. In carcere è facile lasciarsi andare e il rischio più grande che si corre è quello di diventare “svogliato”. Ho visto gente che, in pochi mesi, si è trasformata, passando da una spensieratezza apparente ad una instabilità evidente. Questa è una sorte che accomuna tutti i detenuti, anche coloro che emotivamente e culturalmente appaiono più forti. E’ uno stato d’animo al quale non ci si può sottrarre e che attraversa anche quelli che sono “abituati” a questa esperienza. Ed allora tocca concentrarsi, mantenere attivo l’intelletto e dinamico il fisico. Bisogna lottare quotidianamente per se stessi e per chi, fuori da queste mura, soffre forse ancor di più; mentre si aspetta il giorno per potersi riabbracciare. La fede mi ha molto aiutato e mi ha dato la forza di andare avanti. Nella vita di chi, come me, sin da bambino è stato educato ai valori cristiani, direi che la fede è centrale. Ci sono segni, nella nostra esistenza, che dimostrano in maniera chiara, ed inconfutabile la presenza di Dio. Anche in questa esperienza la Fede mi è stata molto di aiuto, alleviando il mio grande dolore e rendendo più sopportabile questa ingiusta detenzione.

Questa vicenda l’ha cambiata? Se si, in che modo?

Il carcere ti segna. Inevitabilmente, impone un’esperienza di vita non prevista né programmata (almeno nel mio caso), assolutamente negativa. Sotto un altro punto di vista, invece, amplifica la sensibilità, poiché porta ad attribuire un valore particolare alle cose semplici, ed essenziali della vita. Le cose a cui spesso non si pensa: lo spazio, il tempo, il silenzio, le ombre, certi gesti. E’ come se ci si riappropriasse di quelle emozioni che, prima di questa esperienza, erano andate smarrite.

Lei è stato condannato per abuso d’ufficio e falso. In un’intervista ha detto di essere stato “vittima di un contesto politico-mediatico avvelenato”. Secondo lei, chi ha voluto la sua uscita di scena?  

Per falso ideologico. La condanna, in origine, riguardava i reati di abuso d’ufficio e di falso ideologico consumati negli anni 2008 e 2009, quando ero Sindaco di Reggio Calabria. Successivamente, l’abuso d’ufficio, per il quale era stata comminata una condanna a cinque mesi, si è prescritto. Vorrei precisare che l’abuso d’ufficio si configura come un reato talmente subdolo che è assai difficile “evitarlo”. Anche per questa fattispecie, infatti, i numeri e le statistiche in Italia sono a dir poco imbarazzanti. Un dato che dovrebbe farci riflettere è che oltre il 90% dei processi istruiti per i reati d’abuso d’ufficio portano, poi, a sentenza di assoluzione. Qualcosa, finalmente, è cambiata, altrimenti è assai improbabile che le persone moralmente più specchiate accettino di fare politica. Da Governatore della Calabria avevo avviato un profondo cambiamento, soprattutto nella Sanità, dove gli interessi delle lobbies sono inimmaginabili, e non le nascondo che, tra i diversi rischi, avevo anche incluso il prezzo della vita. Non sono mai stato un uomo del compromesso. Né ricattabile, né corrotto. Sono sempre stato un uomo libero, una persona che non ha mai conosciuto il “grigio”. Si dice che la politica sia l’arte della mediazione ma, tranne che nel confronto dialettico, ho sempre rifiutato questo luogo comune: è vero che la Calabria è una terra complessa e governarla presuppone delle scelte coraggiose, ma è pur vero che proprio quelle scelte, fatte per il bene della comunità, possono ledere interessi particolari e, quindi, condurre a rappresaglie da parte sia delle lobbies, sia degli stessi partiti. La Calabria è terra di conquista, trampolino di lancio, a volte anche passerella, e quel colore “grigio”, spesso, pervade anche i palazzi del potere. A volte le condanne si costruiscono fuori dalle aule di giustizia. Attorno a me, dal 2011 in poi, si era realizzato un vero e proprio accerchiamento. Ho molto chiaro chi ha voluto “ammazzarmi”.

È risaputo che quando una persona è sulla vetta è circondato da tanti amici; quando cade un po’ meno. Qualcuno dei politici di Roma l’ha chiamata dopo la condanna? Inoltre, chi gli è rimasto accanto e da chi ha subito la delusione più importanti?

Mi è rimasto accanto chi amico lo era veramente! Gli amici dell’infanzia hanno sofferto con me e non mi hanno mai fatto mancare la loro vicinanza, in mille forme diverse, con una lettera, con messaggi consegnati a mia moglie e ai miei familiari. Anche le amicizie nate e consolidatesi durante l’esperienza della militanza sono rimaste invincibili. Gianni Alemanno, Francesco Storace, il Senatore Claudio Barbaro, Giulio Buffo, ex assessore della provincia di Roma e vice segretario nazionale ai tempi del FdG, l’Onorevole Roberto Menia, ad esempio, sono stati indimenticabili. Un pensiero a parte lo devo rivolgere a Gianfranco Fini. È stato con lui l’ultima telefonata da “uomo libero”. Ci siamo sentiti la mattina del 5 aprile, quando mancavano poche decine di metri per arrivare alla Casa Circondariale di Arghillà, dove mi stavo spontaneamente costituendo. Gianfranco ha dimostrato non soltanto di essere un grande leader di caratura internazionale ma, ancora oggi, anche un grande uomo, dimostrandomi sempre e costantemente, con affetto veri, sentimenti di Amicizia. E’ strano che un uomo del suo spessore e con le sue qualità non sia coinvolto in questa stagione della “destra” di Governo.

Lei ha iniziato la sua carriera politica all’età di 26 anni. Da dove nasce questa passione?

Già da bambino, come racconto nel libro, ero affascinato dalla figura di leader di Giorgio Almirante. Quindi, la mia carriera politica inizia molto tempo prima. Una lunga stagione fatta di militanza, passione ed impegno. Grazie a Gianfranco Fini, poi, all’età di 26 anni divento il leader nazionale del Fronte della Gioventù. Da lì, nel 1995 divento Presidente del Consiglio Regionale, dopo aver fatto per 5 anni il Consigliere circoscrizionale e per 3 il Consigliere comunale della Città di Reggio Calabria. Fu un periodo travolgente della “destra Finiana” che da “destra” di opposizione, grazie alla visione politica del suo leader, divenne “Destra di Governo”. Anche io, grazie a Gianfranco Fini, ho potuto rappresentare Alleanza Nazionale nei ruoli di Governo.

 Nel 2010, quando ha vinto le elezioni regionali della Calabria, mi ricordo la felicità di Berlusconi. Che ricordo ha di lui? 

In realtà, Silvio, aveva pubblicamente annunciato la mia candidatura già dal 2009. Era in corso la storica manifestazione della Destra “Atreju”, a Roma, e Berlusconi era l’ospite di quella serata. Sedeva sul palco assieme a Giorgia Meloni e, nel rispondere alle domande del Coordinatore regionale della Calabria dei Giovani del PdL, Daniele Romeo, disse che, per ciò che lo riguardava, avrebbe indicato alla coalizione del Popolo della Libertà il nome di Peppe Scopelliti. Quella dichiarazione, in quel tempo, era tanto significativa quanto sorprendente, dal momento che ancora, come lui stesso ha ammesso, non vi era stata alcuna discussione con gli alleati in merito alle candidature nelle regioni in cui, da lì a breve, si sarebbe votato. Tuttavia, nel panorama italiano, l’unico nome per il quale avrebbe “preteso” attenzione dalla coalizione sarebbe stato il mio. Ancora una volta Berlusconi, in condivisione con Gianfranco Fini, aveva visto bene ed in ampio anticipo, visto che a distanza di meno di un anno sarei stato eletto Presidente della Giunta Regionale della Calabria. Alla luce di tutto questo, che è storia documentabile, trovo veramente insignificanti i teoremi che in qualche circostanza, in questi ultimi anni, abbiamo letto.

Perché la scelta di scrivere il libro “Io sono libero”? Quale messaggio è racchiuso in esso?

Ho sempre pensato che la mia esperienza politica fosse interessante da raccontare, che potesse rappresentare uno stimolo per i tanti giovani, del Sud, pronti ad impegnarsi per il riscatto della nostra terra. La sola passione è sufficiente! Del resto, io, giovane cresciuto in una famiglia normale, innamorato della politica, dei suoi ideali, dei suoi valori, dei suoi principi, fuori dal nepotismo e dalle logiche perverse che spesso attanagliano il nostro meridione, sono riuscito, con sudore, sacrificio e grande impegno a ritagliarmi uno spazio in questa terra arida, rimanendo sempre indipendente e libero. Ho rifiutato l’appartenenza alle consorterie segrete per mia scelta di vita e non ho mai fatto parte di gruppi di pressione o di potere. Ho inteso la politica come la più alta forma di carità, di servizio. Ho voluto fortemente legare il mio destino a quello della mia comunità. Il titolo di questo libro “Io sono libero”, il verbo è al presente. Significa che il concetto di Libertà è immutabile e a-temporale. Quando si è liberi, lo si è al di là delle circostanze, della lunghezza della catena, dell’ampiezza di una cella. La Libertà non ha passato, e neppure un futuro; poiché non può divenire qualcosa di diverso rispetto a ciò che è stato o a ciò che sarà. Ero libero quando mi hanno incarcerato. Sono rimasto libero da carcerato. Sono libero quando adesso che è finita la mia detenzione. E’ questo il messaggio. In questo piccolo libro racconto la mia vicenda personale, drammaticamente singolare, che segna, tuttavia, un pericoloso precedente da cui nessun amministratore potrà dirsi al riparo, ora che è accaduto per la prima volta. E’ per questo che ogni qualvolta mi capita di incrociare lo sguardo dei miei detrattori, dei mie “fucilatori” e dei “mandanti” io continuo ad essere fiero di ciò che sono.

 Qual è, oggi, la vita di Giuseppe Scopelliti?

È la vita semplice di un uomo che si dedica alla famiglia e al lavoro, con una particolare attenzione alla qualità del tempo e alla dimensione dello spazio, ai significati e ai valori più duraturi. Non mi occupo più di politica. Ho chiuso nello stesso istante in cui ho rassegnato le dimissioni, subito dopo la mia condanna in primo grado, per senso dell’Istituzione e di responsabilità dopo essere stato delegittimato. Ma penso ancora con fiducia che solo una sana Politica possa portare il vento della libertà che spero aleggi sulla fronte e sulla dignità del Popolo reggino, calabrese e del Meridione. Io non sarò il protagonista, ma attendo anch’io di poter sentire quel vento sulla faccia.

 

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