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Guarderà Dio la Meloni dai suoi amici?

Galileo Violini ci parla di Costituzione, governo italiano e di come quest’ultimo sembra voler attaccare ogni altro potere dello Stato.

Galileo Violini

La forma repubblicana che, per l’articolo 139 della Costituzione, non può essere oggetto di revisione presenta vantaggi oggettivi. La bussola del Presidente è la Costituzione. Nelle monarchie è la continuità dinastica. Il primo re d’Italia fu un secondo Vittorio Emanuele. Più importante la storia dei Savoia che la realizzazione del sogno risorgimentale. Anche la debolezza del penultimo nel 1922 e nel 1938, il suo apparente sussulto del luglio 1943, la sua stessa abdicazione, ebbero come comune denominatore la difesa della dinastia.

Alcuni recenti interventi del presidente Mattarella mostrano che egli assume pienamente il ruolo di garante dei valori fondanti della Repubblica e della sua Costituzione del 1948, in un momento cruciale per la loro sopravvivenza.

Quei valori sono oggi attaccati nei principi, con una proposta di revisione costituzionale che, esaltando il ruolo del Primo ministro, rende il Parlamento e la stessa Presidenza della Repubblica istituzioni di contorno, e in una loro interpretazione pseudofederale, mostriciattolo che dividerà il paese.

L’attacco per altro è più generale. È contro l’equilibrio dei poteri, con il potere giudiziario minacciato di subordinazione all’esecutivo-legislativo che confluirà nella persona del capo e vedrà ridotta l’ampiezza delle sue possibilità di intervento. È contro la libertà di informazione, per chi la fornisce e soprattutto per i cittadini che hanno diritto di riceverla. Poiché il quarto potere è scomodo quando non è servile, vengono imposti bavagli inaccettabili in una democrazia e che destano perplessità fuori dai nostri confini, senza parlare dell’allergia ad esso di cui soffrono la presidente del Consiglio e il presidente del Senato. Si attacca l’educazione con una visione totalitaria e un’interpretazione estensiva dell’art.33 della Costituzione, che, al superare il limite delle norme generali, risulta minare una libertà che quello stesso articolo dovrebbe garantire.

Tutto ciò è accompagnato da improbabili narrative di spettacolari, ancorché inesistenti, successi internazionali della nostra diplomazia, che si scontrano con la dura realtà delle critiche europee, e oggi sono statte smentite da Moussa Faki, quello vero ha detto la presidente, per lei anche i`scomodo di quello falso. E che dire delle menzogne spudorate? Straprdinario l’annuncio, da parte della televisione pubblica, del bonus di 1000 euro per 14 milioni di cittadini anziani, tacendo che ne potranno usufruire solamente 25000, poco più dell’1 per mille, e, dulcis in fundo l’aver associato nei titoli la notizia all’informazione, in nessun modo collegata, che a giugno si voterà per le Europee. Una tale speculazione, qualificata televendita alla Marchi dalla segretaria del Partito Democratico, avrebbe dovuto suscitare un orrore ben maggiore del Pandoro della Ferragni. Ricorda Achille Lauro, che almeno la prima scarpa la dava in anticipo, e davvero.

Ma il buon tempo si vedeva dal mattino. Già nelle sue dichiarazioni programmatiche, la presidente era stata capace di rammaricarsi per i molti che non votano e di affermare che la sua maggoranza rappresentava tutto il popolo italiano e non solamente una sua quarta parte.

Si può discutere se stiamo rivedendo le veline delle informative diplomatiche, se stia riapparendo il Minculpop, se ci sia da aspettarsi il ritorno della cimice all’occhiello come requisito per lavorare, come potrebbe far sospettare la campagna per l’egemonia culturale, se questi siano prodromi di una dittatura fascista. Certo, non può essere garanzia il lungamente atteso ripudio del nazifascismo da parte della presidente Meloni. Il fascismo è una categoria ben più vasta che il nazifascismo. Sansepolcro e la nascita dei fasci di combattimento anticiparono di 20 anni Wansee e il programma di sterminio degli ebrei.

Pare impossibile non riconoscere che stiamo dinanzi a un job, più che un work, in progress, un complesso piano in sviluppo. Per realizzarlo, per governare parecchi anni, la destra del maggior partito di governo ha però bisogno di difficili equilibrismi tra i manifestanti di Acca Laurentia e i partiti minoritari della maggioranza, tra europeisti e sovranisti, tra filoamericani proucrainiani e filorussi. Segnali di insofferenza cominciano ad apparire, soprattutto nella Lega. La mozione Romeo era più di una puntura di spillo. Le alleanze in Europa pongono ulteriori contraddizioni. Da non sottovalutare poi, piccole scaramucce locali, come l’assenza di Lega e FI, forse non tanto antifascisti, ma non neofascisti, dal voto per la rimozione della croce celtica di Acca Laurentia in un Municipio romano,

Quando Bossi comprese che cosa sarebbe inevitabilmente successo, fece cadere il governo Berlusconi. La Lega ha perso la battaglia per la Sardegna, potrà perdere quella del Veneto senza reagire? E Forza Italia o il piccolo partito di Noi moderati hanno maggiore affinità con Italia Viva e dovrebbero ancora comprendere le ragioni della conventio ad excludendum che, fino a Tambroni, non avrebbe permesso quanto stiamo vedendo.

Perché le carte che sta dando la presidente siano vincenti occorre che nessuno dei suoi alleati veda il suo bluff e accetti il rischio di un’eutanasia annunciata. Occorre che tra le regionali e giugno questo problema non sorga e dopo…  che appaia un nuovo Acerbo così da sterilizzare le misure contro il trasformismo.

L’opposizione è divisa, con piccole prove di unità, che si realizzano nel malessere delle solite anime belle che amano dissentire su punti particolari di un programma che comunque, restando opposizione, mai vedrà la luce, e permettono intanto cose peggiori. Cento anni di storia della sinistra italiana dovrebbero pur aver insegnato qualcosa.

Pochi giorni fa, è stato l’ottantesimo anniversario dell’evasione da Regina Coeli di due ex presidenti della Repubblica, che non erano solamente intellettuali e prigionieri politici, come ha scritto uno dei maggiori quotidiani affini al regime, tacendo che Pertini era membro autorevole del CLN. In una trasmissione, di circa cinquant’anni fa, su quell’evasione, Saragat disse che ai giovani óccorrerebbe ricordare il nesso inscindibile tra libertà e giustizia sociale. Giustizia sociale difficilmente riconoscibile, nonostante le sue propagandistiche affermazioni, nelle politiche dell’attuale governo, soprattutto riguardo sanità, istruzione e diritti dei lavoratori.

In questo campo è la linea di demarcazione tra la maggior parte del Paese ed il programma a lungo termine di Fratelli d’Italia. Lo comprenderà il resto del Centrodestra prima di sparire?

Se ciò accadrà, la presidente del Consiglio invece di governare per molti anni (o decenni), come spera, potrà fare ciò che le è più congeniale, la leader di un partito di opposizione ben lontano dall’attuale 30%, e leggendo autarchicamente, piuttosto che Tolkien, il Vate d’Italia, ricordare la favola bella che ieri sognò e che oggi la illude, ma che l’Italia non avrà voluto permettere.

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