fbpx
sabato, Ottobre 12, 2024
spot_imgspot_img
HomeCalabriaI Cinquestelle e l’Iran

I Cinquestelle e l’Iran

In questo sabato afoso di fine luglio, Vincenzo Speziali partendo da Fanfani arriva al cinquestellismo ed alle prossime elezioni. Buona lettura

Se dovessimo approfondire con analisi accurata l’interna corporis del (fu?) Movimento Grillino -astenendomi da parafrasi ironiche- e descriverli o raffigurarli per ciò che sono stati e continuano -nostro malgrado? – ad essere, ci sarebbe da ridere, ma parimenti, persino da restare terrorizzati.

Ovviamente, ciò premesso, verrebbe dimostrato in base ad una assiomatica emulazione alla quale si rifanno, ricalcando le fanatiche nefandezze ‘strutturalcomportamentali’, in luogo al Paese, che lanciò strali e anatemi su ‘Versi satanici’ di Salman Rushdie, nel 1988.

Spiego, quindi, a seguire, il mio ragionamento -e lo dimostro anche- con un richiamo alla storia, ed un balzo fino al presente, così chiariamo ogni angolo introspettivo, endogeno ed esogeno.

Infatti, un tempo -tra il 1954 e il 1959, precisamente- si insolentiva una buona pratica democratica, in vigore nella DC dell’epoca, cioè la presenza capillare, seppur regolata, perché resisteva la forte leadership, ovvero quella di Amintore Fanfani -Segretario Nazionale ‘regnante’- il quale aveva non imposto bensì impostato un quadro d’azione ben strutturato -nel Paese e nella società- ma a fronte di libertà (quindi, in difesa di essa), di sviluppo (dell’Italia) e di benessere (per i cittadini).

Da qui, anni dopo, spregiativamente, sprezzantemente e pure apocrificamente, ne discese il termine neologistico di ‘partitocrazia’, quasi che ciò fosse una sorta di blasfemia liberaldemocratica e solidale -ed anche sociale- senza comprendere come, viceversa, la tal cosa, ben si attagliasse ad un sistema italico, uscito disintegrato dalla nefasta guerra (quale è ogni guerra) perduta da Mussolini, cioè il progenitore (e che progenitore!)politico (si fa per dire politico!) dell’Onorevole Giorgia Meloni & camerati a lei affini.

Ciò premesso, se era il male (che non fu!) il presunto sistema di cui prima e che vide in Fanfani il suo antesignano (per me cosa buona e giusta!), non so proprio come dovremmo definire -e a ben donde – il cinquestellismo (per di più cadente e decadente), dove vi è un leader di facciata e un’entità di potere, reale e invasiva, anzi, quasi potestativa.

Insomma, sto parlando di un tandem notorio, cioè Giuseppe Conte e Beppe Grillo!

Il primo, ex Presidente del Consiglio, attuale capo politico -si fa per dire e in ciò ammetto la triste, oltre che, macabra ilarità- mette la faccia, sconquassa l’esecutivo (badate bene, di Draghi), va in televisione con fare narcisistico (patologia psichiatrica) e poi non conta nulla (senza riferimenti volgari al pronunciamento letterale di un certo Marchese, precisamente quello il cui cognome fa ‘del Grillo’, quasi omonimo dell’attore di cui a breve parlerò).

Il secondo (Beppe Grillo, per l’appunto), invece, è il vero gestore, il dominus assoluto, il dittatore reale, seppur privo di cariche ufficiali, ma non quella astrattamente simbolica, del ‘garante’ (poi non si sa di cosa, ma è un altro discorso).

Giustizialismo incipiente, autoritarismo galoppante, moralismo d’accatto, revanscismo sociale e altre amenità simili -al contempo pericolose e velenose- connaturano dal suo inizio, la satanica setta (cioè il Movimento) – così definita, chiaramente, dal punto di vista, presuntamente politico- quasi fosse la trasposizione di un sistema deprecabile e deprecato, qual è l’Iran dell’era post Scià, cioè quella degli ayatollah, per intenderci.

Anche lì, esiste una duplicità reale, ma il cuore del potere sostanziale è in capo ad uno e non ad entrambe le figure apicali.

Cionondimeno, infatti, se chiunque dovesse pensare che a comandare fosse il Presidente della Repubblica Islamica Iraniana -di cui pochi, volta per volta, conoscono il nome e in tempo coevo, trattasi di Ebrahim Raisi- in realtà commetterebbe un errore madornale, poiché è la ‘Guida Suprema’ il centro di tutto, ovvero l’ayatollah Ali Khamenei (e prima di lui era l’ayatollah Ruhollah Khomeyni).

Ora, se questo mio parallelismo desuntivamente sillogistico, fosse smentito dai residui adepti a Cinquestelle (ma senza Cometa!), dimostrassero loro che quanto hanno ‘scombinato’ in questi anni è una fallace ricostruzione, però -patti chiari- resta la mia gioia nell’averli visti come i tacchini, quando inconsapevoli – ancorché gioiosi- li trovi in fila e diretti nel forno, per il pranzo delle feste.

A cosa mi riferisco?

Presto detto: erano là, schiamazzanti ed urlanti, a proferire scempiaggini che cercavano di smerciare come profondi o ispirati ragionamenti, pensando di ottenere a fronte di un sacrificio simile -cioè far cadere il Governo Draghi, di cui erano, persino magna pars- l’agognata deroga al diniego del secondo mandato, ed invece -alla stregua dei neofiti quali sono- si ritrovano nemmeno a casa (la quale non hanno), bensì in madrasa, proprio come i fanatici fondamentalisti iraniani, a cui si ispirano

Almeno, una simile e pazza crisi, ha dato un risultato: non averli più tra i piedi!

 

 

Vincenzo Speziali

- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
ARTICOLI CORRELATI

Le PIU' LETTE