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sabato, Aprile 20, 2024
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Il Meridionalismo del premio Crotone

Pubblichiamo l’introduzione al volume ‘’Intellettuali e mezzogiorno – Volti e immagini di un premio” di Christian Palmieri e Gaetano Leonardi, edito da Città del Sole, in libreria in questi giorni

Massimo Veltri Ha fatto bene Franco Arcidiaco con la Città del Sole a ripubblicare, arricchito in una nuova edizione, il bel libro di quasi 10 anni fa, di Leonardi e Palmieri sul Premio Crotone del quale mi onoro di essere stato vincitore nella sezione giornalismo quasi 20 anni fa, quando venne ripreso l’originario premio. Altri tempi, sicuro, ma la targa di quel premio è l’unica che conservo dei molti riconoscimenti che mi sono arrivati in tanti anni di lavoro e di scavo sulla realtà calabrese, meridionale e nazionale. Sì, meridionale, perchè quel premio assunse un grande valore non solo per Crotone e la Calabria ma per tutto il Sud e proiettò la città pitagorica in una dinamica nazionale. Forse come mai è poi accaduto. Chissà, ha scritto giustamente Maurizio Fiorino, se l’allora sindaco della città Silvio Messinetti, pervaso com’era da quello spirito di “nuovo meridionalismo” che imperversava in tutte le città del sud Italia, avrebbe mai immaginato nei primi anni ’50, con un Paese uscito da una guerra, che il premio letterario che aveva inventato e voluto con tutto sé stesso, sarebbe rimasto alla storia come uno dei più rocamboleschi eventi letterari dell’Italia del Dopoguerra. E che, soprattutto, sarebbe riuscito nell’impresa di coinvolgere, nonostante la sua breve durata, buona parte dell’ambiente culturale del nostro Paese della seconda metà del Novecento. Molti hanno scritto del ruolo di Giacomo Debenedetti, il presidente di giuria che, all’epoca, trasmise all’organizzazione ogni singolo documento corrispondenze, biglietti, pensieri, addirittura scontrini, così da creare un vero e proprio archivio storico. Archivio che, per pura passione e dopo più di mezzo secolo, è stato rispolverato dai due autori che ci hanno scritto il libro che avete tra le mani. Una giuria prestigiosa con intellettuali del calibro di Concetto Marchesi, Alberto Moravia, Corrado Alvaro ed il primo riconoscimento andò nientedimeno che a Léonida Repaci, il calabrese di Palmi, con Un riccone torna alla terra, mentre il secondo andò a un «giovane scrittore che, insegnante nella scuola elementare di Racalmuto, è arrivato, da Caltanissetta, ad interessare i lettori attenti di tutta la Nazione». Era Leonardo Sciascia. E poi Pier Paolo Pasolini anni dopo, con Crotone che diventava così la capitale culturale del Sud con Ungaretti, Gadda, Valentino Bompiani, La Cava, Sciascia. Il valore fortemente meridionalista del Premio proseguì con Gaetano Salvemini e appunto con Pasolini, che di quelle terre da Cutro a Crotone se ne era innamorato pur con le sue leggendarie operazioni di demolizione e di verità scritte e narrate crude e nude. Tutti ricordano oggi il famoso ‘’Paese dei banditi’’ di Cutro, con le infinite polemiche, che oggi fanno tanto sorridere se si pensa a quello che Pasolini fece negli anni a venire per squarciare il velo sull’Italia corrotta e devastata dal consumismo, dalle trame, dal malopotere. Finendo col pagare con la sua vita il coraggio che il premio Crotone testimoniò, però, per primo nel panorama culturale dell’Italia tutta. Questo Premio fu, in ogni caso, quell’avvenimento culturale che pochi anni dopo finì. È stato scritto da altri (sempre Fiorino) che i tentativi di riportare in vita il Premio non riusciranno a ricreare la magia che quel piccolo «angolo derelitto del Paese» era riuscita a imporre decenni prima. Una magia tale da far scrivere a Léonida Rapaci, il vincitore della prima edizione, un emozionante telegramma al sindaco in cui giurava «a te et a Crotone, che mia fatica continua e che ogni mio passo avanti reca coscienza fare avanzare con me Calabria materna stop». Forse è vero, è proprio così. Il Premio era diventato un’altra cosa ma io quella sera di quasi 20 anni fa nel Teatro Apollo gremito in ogni ordine di posto mi sentii davvero grande, enorme come Pasolini, il mio faro politico e culturale della giovinezza, cui avevo dedicato persino la tesina della maturità liceale 30 anni prima di quella sera. Ovviamente era tutta una mia costruzione mentale ma Crotone da quella sera posso dire che è diventata la mia seconda patria e quella tesina del 1972, cioè di 50 anni fa, con la copertina in rosso cartonata ormai consunta, è sempre qui, al lato del mio pc e prima ancora della vecchia macchina da scrivere.

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