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Il PD, il populismo e le alleanze

Si chiude, oggi, una lunghissima discussione, molto italiana, sulla sussistenza del conflitto destra-sinistra, che per così dire si prolunga e si invera in quello tra populismo e democrazia, tra società chiusa e società aperta, tra reazione e riforme. E, infatti, le destre estreme, quelle di Donald Trump e di Giorgia Meloni appaiono in forte ascesa, sicché governare la crisi dentro un’ottica democratica diventa l’imperativo politico dei riformisti. 

Lo scontro a livello mondiale continua ad essere dopo 18 mesi di guerra in Europa tra populismo e antipopulismo.

È qualcosa di analogo al conflitto tra totalitarismi e democrazie negli anni tra le due guerre mondiali. Nel 1939 il grande romanziere Stefan Zweig scriveva a un illustre collega, Hermann Broch: «In origine, un’istanza più alta si ergeva sopra lo Stato, dapprima la Chiesa, poi in epoca liberale la filosofia morale e l’idealismo cosmopolita: potenze invisibili a cui ci si poteva appellare e che con la loro autorità impedivano violenze e abusi all’interno del proprio campo d’azione. Esisteva un’opinione pubblica mondiale temuta dagli aspiranti dittatori. Durante la guerra la divisione del mondo in due gruppi ha distrutto questa istanza. Tale suddivisione si è quindi più volte confermata attraverso diverse azioni politico-rivoluzionarie (ad esempio il fascismo e il nazionalsocialismo). Va dunque ricostruita da capo – proseguiva Zweig –  e non sono sicuro che il rinnovamento dell’organizzazione interna delle vecchie democrazie sia sufficiente, perché le democrazie, che prima esprimevano l’opinione pubblica mondiale, si ritrovano adesso a esercitare per loro stessa natura una resistenza contro l’altra metà del mondo».

La storia si ripete, ed oggi è la guerra a fare da spartiacque. Si chiude, dunque, così una lunghissima discussione, molto italiana, sulla sussistenza del conflitto destra-sinistra, che per così dire si prolunga e si invera in quello tra populismo e democrazia, tra società chiusa e società aperta, tra reazione e riforme.  E infatti le destre estreme, quelle di Donald Trump e di Giorgia Meloni (Marine Le Pen ha già incassato alle legislative 2022 quel che doveva incassare), appaiono in forte ascesa, sicché governare la crisi dentro un’ottica democratica diventa l’imperativo politico dei riformisti.

Questo è il senso del messaggio che dovrebbe venire dalle sinistre unite, un messaggio tanto più coraggioso in quanto i populisti non arretrano e dopo la conquista del Governo un anno fa in Italia alzano la voce ma si dimostrano incapaci di reggere la prova del governo complesso di un Paese come il nostro.

Il perno di questa opposizione era e resta il Pd e se ne facciano una ragione i contestatori esterni e interni al partito della Schlein, che con tutti i limiti e i problemi che ha resta imprescindbile per qualsiasi discorso di contrasto vincente alla destra. Domenica sera, invitato dal segretario calabrese Nicola Irto a partecipare ad un dibattito alla Festa regionale dell’ Unita’ a Vibo Valentia (festa che non si faceva da 10 anni) ho toccato con mano un dato che in realta’ gia’ sapevo: il popolo democratico nonostante tutto non si e’ dissolto, anzi. C’e’ bisogno di ritrovare senso di appartenenza e di identita’, ma l’entusiasmo che si tocca con mano che la nuova segretaria ha dato non puo’ essere trascurato o messo in sordina. Troppi invece sono i soloni ed i commentatori dei vari giornali nazionali e locali che si accaniscono nelle critiche feroci e a volte ingenerose, mascherandole con una critica ‘’da sinistra’’. E’ il solito giochino degli amici del giaguaro travestiti da estremisti. Un trucco vecchio come il cucco. Vediamo se il PD riuscira’ ad aggirare gli attacchi dei populisti vecchi e nuovi, travestiti o in prima persona ma insidiosi come non mai per la democrazia italiana e vedremo se in Calabria la fase nuova che sembra aprirsi con la festa di Vibo con la chiamata a raccolta di tutte le anime della sinistra, politiche e sindacali, avra’ un seguito.

 

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