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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 30 ottobre.

Accadde che:

1922 (102 anni fa): re Vittorio Emanuele III conferisce a Mussolini l’incarico di formare un governo. Per capire meglio il comportamento del re che con la spiazzante decisione di non firmare il decreto di stato d’assedio rinunciò al monopolio della violenza legittima e consegnò l’Italia alla dittatura fascista, è utile soffermarsi sulla personalità del monarca. Alla vigilia della marcia su Roma il re si era sentito abbandonato dai notabili dell’Italia liberale Francesco Saverio Nitti, Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando, che trattavano segretamente con Mussolini. Inoltre, non era sicuro che i vertici dell’esercito avrebbero dato alle truppe istruzioni al fine di restaurare l’ordine minacciato dalle camicie nere. Una preoccupazione che trovava riscontro nello stato d’animo di molti ufficiali e dei loro subalterni, i quali nutrivano poca fiducia nella politica e apertamente o di nascosto simpatizzavano con i fascisti. Uomo riservato e solitario, cinico e freddo, ma anche ansioso e riflessivo, amante della vita in campagna, dei viaggi per mare, appassionato di numismatica, fotografia, storia e geografia, Vittorio Emanuele III si sentiva inadeguato anche fisicamente a svolgere il ruolo che gli era stato assegnato in seguito all’assassinio del padre Umberto I. Nello stesso tempo, temeva che il chiacchierato, prestante e fascista cugino duca d’Aosta potesse soffiargli il trono. Pessimista, dubbioso, scettico, diffidente anche verso i suoi consiglieri di fiducia e gli italiani, percepiti questi ultimi come poco devoti alla sua persona, Vittorio Emanuele III alla vigilia della marcia su Roma, e poi durante il Ventennio, in maniera coerente con il suo temperamento, non prese mai decisioni nette e responsabili e firmò tutte le leggi del regime totalitario, tese a smantellare la struttura della monarchia costituzionale, lamentandosi qualche volta in privato e mai pubblicamente.

1975 (49 anni fa): il principe Juan Carlos diventa re di Spagna, dopo che il dittatore Francisco Franco ammette di essere troppo malato per governare. Il suo operato fu decisivo durante la transizione spagnola, che portò al ripristino della democrazia, con l’approvazione nel 1978 dell’attuale Costituzione democratica. Nel 1981, il sovrano si dimostrò deciso nello sventare un colpo di Stato organizzato da elementi della Guardia Civil, con un famoso discorso in televisione. Nel 1986 Elisabetta II del Regno Unito invitò Juan Carlos a presenziare la prima visita di Stato di un Monarca spagnolo dopo oltre 80 anni. Per attribuire a quel viaggio una particolare valenza simbolica e politica, e come riconoscimento della transizione della Spagna verso la democrazia, fu il primo Monarca straniero a tenere un discorso presso il Parlamento britannico. Nel 1998, invece, fu il primo capo di Stato straniero a leggere un discorso al Parlamento italiano. Il 2 giugno 2014, annunciò la decisione di abdicare in favore del figlio Felipe.

Scomparso oggi:

1977 (47 anni fa): muore, a Perugia, all’età di 24 anni, Renato Curi calciatore,  di ruolo centrocampista. Nato, a Montefiore dell’Aso (provincia di Ascoli Piceno), il 20 settembre 1953 è morto in campo durante la partita Perugia – Juventus. Quel giorno, la partita è di quelle bloccate, marto­riata da una pioggia battente, su un terreno zuppo d’acqua, fatico­sissimo da tenere per i giocatori. Nel primo tempo Curi, giocatore del Perugia, uno dei migliori in campo per la puntua­lità della gestione della manovra, si infortuna leggermente in uno scontro con un giocatore. Nella ripresa tuttavia rientra, ma dopo cinque minuti, sotto la pioggia, si acca­scia improvvisamente al suolo. Il gesticolare disperato dei giocato­ri juventini accanto a lui, Benetti, Bettega e Scirea, fa pensare a qualcosa di grave, ma nessuno riesce a comprendere, non essen­dosi visti contrasti di gioco vio­lenti. Arriva la barella, il giocato­re esanime viene portato fuori dal campo. I medici del Perugia gli praticano due iniezioni, il massaggio cardiaco, la respira­zione bocca a bocca: Curi è pao­nazzo, il battito del cuore è incep­pato. Mentre la partita, tra com­pagni e avversari ignari, prose­gue, viene caricato su un’au­toambulanza e portato al Policli­nico di Perugia. Dove tuttavia ar­riva praticamente cadavere: i tentativi di rianimarlo proseguo­no per una quarantina dì minuti, finché, alle 16,30 il giocatore viene dichiarato ufficialmente morto. Dopo sì scatenano le polemiche. Si apprende che il giocatore ammetteva senza problemi, scherzandoci su, di avere “il cuo­re matto”, dunque i medici po­trebbero avere avuto qualche responsabilità nella sua tragica fine. Decisiva la dichiarazione del pro­fessor Severi, autore dell’auto­psia: «È stata trovata una malattia cronica del cuore capace di dare morte improvvisa». Curi aveva esordito in Serie D. Quattro stagioni, con la promozione in C. Instanca­bile motorino di centrocampo, aveva il dono di saper far girare i compagni, trovandosi sempre nel vivo del gioco. A vent’anni, la prima occasione gliel’aveva of­ferta il Como, ma quella stagione in B non era stata esaltante. Al­lora lo aveva preso Castagner al Perugia, venendone ripagato con la pronta promozione in A. Poche settimane dopo la sua morte, il 26 novembre, l’impianto perugino è stato intitolato alla sua memoria.

 

 

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