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giovedì, Aprile 18, 2024
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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 9 Agosto.

Accadde che:

1173 (848 anni fa): iniziano, a Pisa, i lavori di costruzione del campanile della Cattedrale di Santa Maria Assunta. La cosiddetta torre pendente di Pisa è il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta, nella celeberrima piazza del Duomo, di cui è il monumento più famoso per via della caratteristica pendenza, simbolo della città e uno dei simboli d’Italia. Si tratta di un campanile a sé stante alto circa 56 metri fuori terra (58,36 metri considerando il piano di fondazione), costruito nell’arco di due secoli, tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo. Pesante 14.453 tonnellate, vi predomina la linea curva, con giri di arcate cieche e sei piani di loggette. La sua pendenza è dovuta a un cedimento del terreno sottostante, verificatosi già nelle prime fasi della costruzione. L’inclinazione dell’edificio attualmente misura 3,97° rispetto all’asse verticale. È stata proposta come una delle sette meraviglie del mondo moderno. Alcuni studi tra i più recenti attribuiscono la paternità del progetto a Diotisalvi, che nello stesso periodo stava costruendo il battistero. Le analogie tra i due edifici sono infatti molte, a partire dal tipo di fondazioni. Altri suggeriscono invece Gherardi, mentre secondo il Vasari i lavori furono iniziati da Bonanno Pisano. La tesi del Vasari, oggi ritenuta priva di fondamento, fu invece ritenuta valida soprattutto dopo il ritrovamento nelle vicinanze del campanile di una pietra tombale col nome del Bonanno, murata nell’atrio dell’edificio; inoltre nell’Ottocento fu rinvenuto sempre nei dintorni un frammento epigrafico di materiale rosa, probabilmente un calco su cui venne fusa una lastra metallica, che attualmente trova collocazione sullo stipite della porta di ingresso dell’edificio. Su tale frammento si legge, ovviamente rovesciato: “cittadino pisano di nome Bonanno”. La prima fase dei lavori fu interrotta a metà del terzo piano, a causa del cedimento del terreno su cui sorge la base del campanile. La cedevolezza del terreno, costituito da argilla molle è la causa della pendenza della torre e, sebbene in misura minore, di tutti gli edifici nella piazza. I lavori ripresero nel 1275 sotto la guida di Giovanni di Simone e Giovanni Pisano, aggiungendo alla costruzione precedente altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare la torre, i tre piani aggiunti tendono ad incurvarsi in senso opposto alla pendenza. Il campanile fu completato alla metà del secolo successivo, aggiungendo la cella campanaria. Il monumento, nel 1987, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

1945 (76 anni fa): durante la Seconda guerra mondiale, avviene il bombardamento atomico di Nagasaki: una bomba atomica, chiamata in codice Fat Man, viene sganciata dal B-29 statunitense BOCKSCAR sulla città di Nagasaki, in Giappone, alle 11:02 di mattina (ora locale). Esplose a un’altitudine di 469 metri con una potenza pari a 22.000 tonnellate di TNT uccidendo all’istante 40.000 persone (25.000-60.000 verranno ferite). Si stima che morirono altre 40.000 persone per via delle malattie causate dal fallout nucleare e delle radiazioni. Questo bombardamento avvenne tre giorni dopo quello su Hiroshima. La bomba era destinata a colpire Kokura, uno dei principali arsenali navali del Giappone, ma le cattive condizioni meteorologiche fecero cambiare il bersaglio all’ultimo minuto. È un mistero storico il perché gli americani non diedero tempo ai giapponesi di comprendere la scala della distruzione, che aveva colpito Hiroshima e quindi arrendersi e dichiararsi sconfitti nella Seconda guerra mondiale: dal primo al secondo bombardamento atomico passarono appena 72 ore.  In Europa la guerra era terminata da due mesi, ma dall’altra parte del mondo il Giappone, nonostante la sua situazione disperata, rifiutava ancora di arrendersi. In tutto il paese non c’era più carburante per muovere aerei e navi e non c’era carbone per tenere aperte le fabbriche e le centrali elettriche. L’unica cosa che restava al paese erano milioni di soldati male armati, ma apparentemente disposti a morire piuttosto che arrendersi. I generali americani avevano preparato un piano per costringere il paese alla resa, che speravano di non essere mai costretti ad utilizzare: l’invasione del Giappone. Era un’operazione dall’esito scontato, ma che sarebbe costata gli americani decine di migliaia di morti. La bomba atomica, invece, era considerata il metodo più rapido per portare il Giappone alla resa, risparmiando vite americane e giapponesi. Dopo Hiroshima, con grande sorpresa degli americani i giapponesi non si arresero immediatamente. La sorpresa era in un certo senso legittima: la distruzione di Hiroshima era stata di tale portata, che qualsiasi governo ragionevole non avrebbe atteso che poche ore prima di annunciare la sua disponibilità a discutere i termini della resa. Il Giappone, però, non era un paese che si poteva considerare in quel momento normale. Le sue infrastrutture erano state così danneggiate dai bombardamenti convenzionali che le notizie circolavano molto lentamente. Per un giorno intero nel resto del Giappone non arrivarono notizie dalla città e anche quando arrivarono ci volle un po’ di tempo per capire che Hiroshima non era stata colpita dalle solite bombe incendiarie. Anche quando quello che era successo cominciò a diventare chiaro, il governo giapponese si divise su cosa fare. C’era un partito della pace, che vedeva nella bomba un’ottima scusa per arrendersi senza perdere l’onore, ma il grosso del governo e degli ufficiali dell’esercito era letteralmente disposto a morire insieme al resto del paese piuttosto che arrendersi. Nel frattempo, mentre il governo giapponese si perdeva in discussioni, gli avieri americani sull’isola di Tinian stavano preparando la seconda missione atomica. Né il presidente né i suoi segretari furono interpellati mentre in completa autonomia gli uomini del 509° squadrone studiavano il tempo sul Giappone per decidere il giorno migliore in cui sganciare “Fat Man”. Alla fine, viste le condizioni meteorologiche, venne deciso di anticipare il lancio al 9 agosto. il 10 agosto, il governo giapponese fece sapere che era pronto a discutere la resa. Appena venne a sapere del secondo lancio e prima che il Giappone si arrendesse, Truman si rese conto che alcuni ufficiali di basso rango in una remota isola del Pacifico stavano prendendo da soli decisioni che avrebbero cambiato la storia.

Scomparso oggi:

1962 (59 anni fa): muore a Montagnola (Svizzera)  Hermann Hesse scrittore, poeta, aforista, filosofo e pittore tedesco naturalizzato svizzero. Nato a  Calw  (Germania) il  2 luglio 1877, è stato uno dei più celebri scrittori tedeschi: convinto pacifista e appassionato orientalista, ha vinto il Premio Nobel grazie a capolavori come “Siddharta” e “Narciso e Boccadoro” ; inoltre conta quindici raccolte di poesie e trentadue tra romanzi e raccolte di racconti. Vissuto in un clima religioso e oppressivo, in cui l’unica boccata d’aria sembrava provenire dal nonno, missionario pietista in India e con una vasta biblioteca di letteratura orientale, il giovane Hesse, ha sempre sentito una forte tensione spirituale. Non ha, tuttavia, mai compreso la religione degli uomini: le grandi chiese, che pure gli incutevano rispetto, erano per lui il simulacro di un potere che come ogni cosa umana era inevitabilmente macchiato da sangue, violenze e dolori. Quando i genitori provano a mandarlo in seminario Hesse non resiste più di pochi mesi: fugge, tenta il suicidio (un suicidio che non avviene solo perché la pistola che utilizza si inceppa), fa capire che l’ordine degli uomini e gli studi teologici lo ingabbiano. Ovviamente la sua non è solo ribellione, ma il sintomo di una profonda depressione che lo accompagnerà per sempre e che, negli anni giovanili, per lungo tempo gli impedisce di dare una direzione definita alla propria vita. Presto capisce di voler essere uno scrittore e, da allora, la sua vita sarà organizzata e orientata per quello scopo. Inizialmente, Hesse tenta di perseguire una vita borghese e stanziale, che però gli sta inevitabilmente stretta. Dopo un viaggio verso l’India decide di cambiare i suoi piani: abbandona la prima moglie, malata di schizofrenia e i figli, che vengono dati in affidamento. Il periodo orientale, in ogni caso, avrà grande influenza nell’opera di Hesse, riflettendosi nel suo libro più amato, Siddharta, del 1922 Questo intrecciarsi di motivi esistenziali diversi getta notevole luce sulla sua attività narrativa. La vita e l’opera di Hermann Hesse, infatti, sono percorse interamente dal contrasto fra tradizione familiare, personalità e coscienza individuale e realtà esterna. Il fatto che lo scrittore sia riuscito, nonostante i ripetuti conflitti interiori e in contrasto con le decisioni familiari, ad assecondare la propria volontà, non può essere spiegato soltanto con la caparbietà e la forte consapevolezza della propria missione. L’opera di Hesse esprime una vasta, articolata dialettica tra sensualità e spiritualità, ragione e sentimento. Il suo interesse per le componenti irrazionalistiche del pensiero e per certe forme del misticismo orientale anticipa, sotto vari aspetti, gli atteggiamenti delle ultime avanguardie statunitensi ed europee e spiega la nuova fortuna che i suoi libri hanno trovato presso le giovani generazioni successive. Ecco una dei suoi pensieri più significativi: “L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo. L’amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso. Allora non sarà trascinato, ma trascinerà”.

 

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