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sabato, Aprile 27, 2024
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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 5 Aprile.

Accadde che:

1817 (206 anni fa): il barone Karl Friederich Drais von Sauerbronn presenta pubblicamente la draisina, considerata la prima bicicletta. Aveva due ruote allineate, di cui l’anteriore sterzante, ma senza pedali né freni, per la cui propulsione era necessario che il guidatore, seduto sul sellino come nelle attuali biciclette, esercitasse una spinta puntando i piedi sul terreno.  Il nome draisina deriva appunto da Drais, il nome del suo inventore. Egli sosteneva che tale mezzo poteva sostituire il cavallo, con un conseguente risparmio dei costi di gestione, allargando quindi la possibilità di trasporto personale veloce ad una più larga fetta di popolazione, in realtà è stato utilizzato solo come mezzo di puro divertimento.

2004 (19 anni fa): si diffonde la notizia che il teschio conservato nella tomba di Francesco Petrarca, ad Arquà, non fosse del poeta. Quando, nel novembre del 2003, il professore Carminelli, dell’Università di Firenze, aprì la tomba per effettuare la ricognizione scientifica del corpo, concluse, grazie alle analisi del Dna sui resti conservati, che le spoglie di Francesco Petrarca non fossero integre. Sappiamo che l’illustre poeta, per sfuggire all’epidemia di peste che aveva colpito Milano, decise di trasferirsi dapprima a Padova e poi nel borgo di Arquà. Fu proprio in quel piccolo angolo di mondo che egli passò gli ultimi anni della sua vita fino alla morte, avvenuta nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 1374 a causa di una sincope. Le sue spoglie furono sepolte nella chiesa parrocchiale di Arquà, per poi essere traslate sei anni dopo la morte in un’arca marmorea, per volere del genero. Il paleontologo Vito Terribile Wiel Marin, responsabile della ricognizione del 2003, annunciò che l’esame al radiocarbonio di un frammento del cranio ritrovato nella tomba, avesse stabilito che si trattasse di un teschio femminile databile tra il 1134 e il 1280. Quel cranio, quindi, non poteva appartenere al poeta morto circa cento anni dopo. Il professore Carminelli dichiarò, inoltre, che i campioni analizzati fossero appartenuti a due differenti individui. Sul corpo, infatti, trovarono dei segni sulle costole, i segni del famoso calcio di cavallo di cui Petrarca fu vittima nel 1350, mentre era in viaggio per Roma in occasione del Giubileo e anche tracce della grave forma di obesità che affliggeva il poeta. Un’ipotesi vorrebbe che quando nel 1873 il professor Canestrini eseguì alcune indagini sul corpo del poeta, il cranio gli si sbriciolò letteralmente tra le mani. A quel punto avvenne la sostituzione. Secondo altre ipotesi, invece, il cranio fu trafugato da qualche gerarca durante la Seconda guerra mondiale quando il corpo del Petrarca era stato portato a Venezia, nei sotterranei del palazzo Ducale

Nato oggi:

1939 (84 anni fa): nasce, a Melito di Porto Salvo, Luigi Malafarina, detto Gigi, giornalista. Fin da ragazzino è stato attratto dall’informazione, infatti iniziò a scrivere nei giornaletti scolastici e possedeva un diario, sul quale annotava i fatti salienti che riguardavano Siderno. Scelse il mestiere di giornalista, nonostante la madre, appartenente ai Ruffo di Calabria, avesse per lui altri progetti: ingegnere o medico e, per tanti anni, si rifiutò di leggere i suoi articoli, come segno di protesta. Amava molto la sua terra, per questo decise di non lasciarla, lavorando alla “Gazzetta del Sud”, ma collaborando anche con “il Giorno” e “Il Messaggero”. La sua testa era un archivio prodigioso, non aveva bisogno di prendere appunti, ricordava fatti, persone, date. Dovunque fosse, appena succedeva qualcosa era sul posto e, un momento dopo, a scrivere per raccontare le sue cronache perfette. Amava molto il suo lavoro e soprattutto i suoi lettori, sembrava li conoscesse intimamente e per loro scriveva cronache puntuali, precise, accurate. La sua attenzione era, particolarmente, rivolta al fenomeno mafioso: risale al 1975 “Cronache mafiose”, un libro in cui ha descritto l’organizzazione mafiosa, le sue alleanze e le sue regole, dimostrando di essere avanti, rispetto agli altri, di circa venti anni. La sua curiosità lo portava a voler scavare sempre più in profondità, ciò gli causò minacce e lettere minatorie, ma niente riuscì a fermarlo. Riteneva che l’unica arma per sconfiggere la mafia fosse la cultura e coniò un nuovo termine: “Mafia dalle scarpe lucide” per sottolineare il passaggio dalla vecchia alla nuova mafia (ovvero quella imprenditoriale). Ma non ha scritto solo di mafia: quando scoppiò la rivolta a Reggio è stato il primo in piazza ad ascoltare, a cercare di capire per raccontare. Gigi era un sognatore, uno spirito libero con grande sete di conoscenza, desiderava raggiungere confini sempre più lontani. All’improvviso, muore, a Siderno, nella notte tra il 10 e l’11 settembre 1988, trascinando tutti, in primis la moglie e i figli in un profondo dolore.

 

 

 

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