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domenica, Maggio 5, 2024
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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi principali che hanno segnato la data del 19 Luglio.

Accadde che:

1943 (80 anni fa): durante la Seconda guerra mondiale, Roma viene bombardata dagli Alleati per la prima volta; i morti sono 617, la Basilica di San Lorenzo viene danneggiata e Papa Pio XII lascia il Vaticano per soccorrere le vittime. Circondato dai romani che lo applaudono e gridano pace, benedice tutti. Arriva anche Vittorio Emanuele II ma la popolazione lo copre d’insulti. Diecimila case furono distrutte e 40 mila cittadini rimasero senza tetto. Nelle intenzioni dei cacciabombardieri americani, l’obiettivo doveva essere lo scalo ferroviario di San Lorenzo, snodo della viabilità soprattutto militare, ma inevitabilmente i grappoli di bombe finirono per cadere un po’ ovunque. E nel quartiere anche la vicina semoleria Cecere viene quasi demolita. Per decenni gli scheletri degli edifici distrutti rimangono lì come simbolo dei tragici eventi del 19 luglio fino alla prima trasformazione urbanistica che cancella le ferite al tessuto urbano e sociale. Nello stesso giorno Mussolini va a Feltre per incontrare Hitler e proporgli l’uscita dalla guerra, ma Hitler lo insulta minacciosamente. In quello stesso momento gli alleati bombardano Roma.

1992 (31 anni fa): a Palermo, a pochi mesi dalla strage di Capaci, viene ucciso dalla mafia il procuratore della Repubblica Paolo Borsellino, assieme a cinque agenti della sua scorta nella strage di via d’Amelio. Quella domenica dopo aver pranzato con la moglie ed i figli, il giudice si è recato insieme alla scorta in via D’Amelio a trovare la madre. Qui una Fiat 126, parcheggiata vicino alla casa della madre di Borsellino, sulla quale erano stati messi 100 kg di esplosivo, è stata fatta esplodere al passaggio del giudice. Nell’attentato, oltre a Paolo Borsellino, sono morti cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto è stato Antonino Vullo, che stava parcheggiando una delle auto e si trovava più lontano dal punto dello scoppio. I funerali privati del giudice Paolo Borsellino si sono svolti il 24 luglio e 10.000 persone hanno partecipato per essere vicini alla famiglia, che aveva rifiutato i funerali di Stato, accusando il governo di non aver saputo proteggere il giudice Borsellino dopo la morte di Falcone. Alcuni giorni prima dell’attentato, Paolo Borsellino aveva chiesto alla questura di far rimuovere le auto nella zona intorno alla casa della madre. Ma la sua richiesta non era stata accettata. Nel corso del tempo la vedova Borsellino, Agnese Piraino Leto ha raccontato che il giorno prima di morire il marito le confidò inquietanti convinzioni sulla propria fine, che considerava imminente: “Era perfettamente consapevole che il suo destino era segnato, tanto da avermi riferito in più circostanze che il suo tempo stava per scadere. Ricordo perfettamente che il sabato 18 luglio 1992 andai a fare una passeggiata con mio marito sul lungomare di Carini, senza essere seguiti dalla scorta. Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere. In quel momento era allo stesso tempo sconfortato, ma certo di quello che mi stava dicendo”. Una delle sue frasi più significative è la seguente: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.”

Scomparso oggi:

1943 (80 anni fa): muore, a Como, Giuseppe Terragni architetto. Nato, a Meda (Milano), il 18 aprile 1904 è considerato il massimo esponente del razionalismo italiano. Morale e ardente fascista, è uno dei protagonisti più significativi dell’architettura moderna italiana. Si diploma nel 1921 poi si iscrive alla Scuola Superiore di Architettura presso il Politecnico di Milano, dove consegue la laurea nel 1926. Nel 1927 escono sulla rivista “Rassegna italiana” i quattro articoli del “Gruppo 7” (gruppo di giovani che ha l’obiettivo di rinnovare l’architettura), considerati il manifesto del Razionalismo italiano. Insieme a Luigi Figini, Adalberto Libera, Gino Pollini, Guido Frette, Sebastiano Larco e Carlo Enrico Rava, Terragni è uno dei sette firmatari di questo manifesto. La vita di Terragni è legata a Como, che gode di una situazione artistica e culturale privilegiata. Tra le sue prime opere c’è l’isolato a cinque piani Novocomum, opera presentata come un progetto con timpani sopra le finestre, lesene e cornici, che sotto le impalcature nasconde la prima casa moderna italiana. Questa architettura a forma di “transatlantico”, per Como risulta uno scandalo, che fortunatamente viene risparmiata alla demolizione. Nel 1936-1937 la sua attività giunge al punto più alto: realizza le sue opere poeticamente più convincenti e lucide, quali la villa Bianca a Seveso, l’asilo Sant’Elia a Como e la Casa del Fascio di Como. L’artista viene poi richiamato alle armi e dopo un periodo di addestramento viene inviato nel 1941 prima in Jugoslavia e poi in Russia. Tornerà seriamente provato, sia fisicamente che psicologicamente, condizione che poi l’avrebbe portato alla morte. Terragni ha solo 39 anni quando realizza che i suoi ideali sono falliti: crollato psichicamente, cade fulminato da una trombosi cerebrale sul pianerottolo delle scale di casa della fidanzata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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