Poesia di Giuseppe Gervasi
I calabresi viaggiano da sempre, dai tempi di Cassiodoro
sino ad oggi:
lavoro, studio e salute.
Il sogno è che un giorno si possa viaggiare solo per piacere.
Un pullman bianco, esaurito in ogni ordine di posto, trasporta corpi e speranze.
Roma accoglie il mondo
e anche noi,
nella nostra piccola solitudine.
Ti metti in fila per un taxi qualunque: la differenza è la cortesia.
Beata educazione che non tutti donano.
All’improvviso il giovane tassista, che ride, ti saluta,
ti prende i bagagli
e allevia la stanchezza
e la sofferenza di una donna,
che muove pochi passi
in un pomeriggio infuocato.
Un ex convento di suore,
dei ragazzi giocano a padel,
chi legge un libro nel giardino mentre in lontananza si sentono silenti preghiere.
Passa la notte, passi nella notte,
una TV rimane spenta.
Un camice bianco
autorizza il ritorno in Calabria, per un altro ritorno,
l’ennesimo ritorno,
dopo l’ennesima andata.