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giovedì, Maggio 2, 2024
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Italia violenta e repressiva: da Fragalà a Pisa il sistema è sempre lo stesso

Ilario Ammendolia fa un excursus del nostro Paese, passando dai fatti vergognosi di Pisa e Firenze, sino a Stellantis, ripercorrendo perfino fatti ed eventi storici di Calabria. Uno spaccato che mira ad un’analisi critica del momento storico che stiamo vivendo.

Nel secolo scorso, durante l’occupazione delle terre in Calabria, dopo mesi di tensione, sui campi di Fragala’, le forze dell’ordine hanno sparato a freddo sui contadini inermi lasciando sul terreno un ragazzo di 15 anni, un bracciante di 24, una giovane donna alla vigilia delle nozze, innumerevoli feriti. Eppure, al momento dell’arrivo degli uomini in divisa, i contadini avevano smesso di lavorare la terra incolta e si erano messi a batter le mani gridando “pane e lavoro” e “W la polizia della Repubblica”.

Non erano poliziotti della Repubblica o comunque non lo erano coloro che li comandavano e così, sebbene gli agenti fossero figli di contadini, risposero sparando all’ impazzata.

Qualcuno li aveva convinti che quei contadini pacifici sorpresi a zappare la terra fossero i “nemici” della legge e che il loro compito fosse quello di ristabilire l’ordine del latifondo incolto nonostante questo fosse in aperto contrasto con la Costituzione entrata in vigore l’anno prima.

La contraddizione, oggi come allora, è propria questa.

In questi giorni a Pisa è stato ordinato ai poliziotti di usare il manganello contro ragazzi inermi che manifestavano per la pace. Non si tratta di sadismo o di cattiveria dei singoli, ma di un messaggio che parte dalle viscere dello Stato profondo per dire che la politica è roba per pochi “eletti” e “competenti” e si fa nei palazzi; quindi, gli studenti stiano nelle scuole e i cittadini vadano allo stadio…

La Pace non è affar loro.

L’acquisto dei carri armati Leopard per otto miliardi di euro mentre la gente muore per mancanza di cure mediche non riguarda i cittadini e forse neanche tutto il governo.

I livelli decisionali potrebbero essere altri.

E se poi la gente si abituasse a partecipare e a scendere in piazza nella forma più civile e democratica possibile (com’è successo a Pisa e a Firenze) potrebbe scoprire tante altre cose. Per esempio, che si sta per spaccare l’Italia tramite l’autonomia differenziata, che un dirigente Stellantis guadagna quanto 12 mila operai o che nelle galere si muore per tortura.

Meglio non rischiare e buttarla in rissa.

Meglio lasciare alle televisioni e ai giornali di regime il compito di intorbidire le acque e, onestamente, lo fanno benissimo, diffondendo la paura in modo che la gente si chiuda in casa.

Nei momenti di crisi, all’interno dello Stato, maturano tentazioni latenti di cambiare gli equilibri raggiunti all’indomani della guerra di liberazione e del referendum istituzionale, togliendo autorità e potere alla Costituzione (e quindi i cittadini) a favore di quei poteri eversivi che non si sono mai rassegnati all’ordine democratico. Per esempio, il generale Vannacci e l’appoggio di cui sembra godere nelle gerarchie militari sono solo la punta dell’iceberg che da tempo inizia ad emergere attraverso iniziative, ai limiti della legalità costituzionale, di procuratori capi-popolo, di prefetti, questori, generali e alti funzionari dello Stato che – nei fatti – hanno considerato e considerano la Costituzione un impaccio da rimuovere.

La Sinistra di governo ha la grave responsabilità di non aver contrastato questo oscuro mondo che si annida nello Stato. Ma non siamo all’ultima spiaggia e l’ha dimostrato una bella gioventù che, in questi giorni, è scesa in piazza, i loro professori e dirigenti scolastici.

No, la democrazia italiana non è all’ultima barricata e l’intervento del Presidente della Repubblica lo dimostra.

Non siamo fermi a Melissa…

Aggiungo, non bisogna regalare i giovani poliziotti e carabinieri al blocco eversivo che sta alle loro spalle e quindi non servono né caschi, né spranghe o passamontagna ma migliaia di copie della Costituzione da alzare in alto per ricordare il loro giuramento. E rammentare sempre che non si lotta per qualche voto in più ma per difendere la democrazia reale, la partecipazione popolare alla vita pubblica e per attuare quella parte della Costituzione che, in questi anni, malgrado l’alternarsi di governi, è rimasta inattuata.

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