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giovedì, Maggio 2, 2024
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La Paura di Baffone

Galileo Violini analizza in modo sagace e irriverente le affermazioni di Tajani in merito all’atavica, e ormai inconsistente, paura dei “comunisti”; toccando, inoltre, il tema vitale del salario minino che, in Italia, è sempre più un miraggio.

Galileo Violini

Ieri sera, in una cena familiare, ho appreso da una nipote che tra i giovani un gentile insulto è dare del comunista o del fascista, con prevalenza del primo. Essendo passati trenta anni dalla caduta dell’Unione Sovietica, la mia prima reazione è stata di stupore.

Eppure, lo spettro del comunismo e dei comunisti continua a turbare sonni. Poco più di una settimana fa, il presidente di Vox, Abascal, nel dibattito con Yolanda Díaz y Pedro Sánchez non aveva trovato di meglio che accusare Sánchez di avere comunisti nel suo governo.

Paure simili si vedono anche da noi, in Italia.

Una simpatica apodittica litote, “L’Italia non è l’Unione Sovietica”, è stata la lapidaria affermazione con cui l’onorevole Tajani ha ritenuto poter liquidare l’ipotesi di una legge sul salario minimo. Improbabile che questa definizione in negativo di Cosa è l’Italia resti nei libri di storia, a differenza di quella, semplice espressione geografica, che diede il principe Metternich, comunque consapevole del fatto che degli ideolgi rivoluzionari ne davano una differente.

Se litote aveva da essere, perché non dire “l’Italia non è l’Europa?”.

Nonostante sia stato Vicepresidente del Parlamento Europeo, l’onorevole Tajani pare non essersi mai curato di parlare di questo tema con i suoi colleghi parlamentari. Avrebbe scoperto che dei 390 milioni di cittadini europei che vivono fuori dei nostri sacri confini, solamente 31 vivono in paesi senza una legge sul salario minimo e che questi paesi sono solamente cinque. Inoltre, pare essergli sfuggito che si stava discutendo di una direttiva, approvata una settimana dopo il termine del suo mandato, che in qualche maniera obbligherebbe il nostro stato (cioé quell’entità che altri preferisce chiamare riduttivamente Nazione) ad affrontare questo tema, anche se non necessariamente ad introdurre questo strumento nella legislazione del lavoro.

Come ministro degli Esteri, avrebbe potuto chiedere a qualche giovane stagiaire se l’Italia sia parte del mondo, quanti paesi prevedano un salario minimo, e se essi siano governati da orde rosse, che, in attesa della rivoluzione proletaria, abbiano intanto minato i rispettivi stati, con questa tremenda arma rivoluzionaria, che per altro pare essere a scoppio ritardato e poco efficace, se dopo quasi 130 anni dalla sua introduzione in Australia e Nuova Zelanda, né a Canberra né a Wellington, bandiere rosse hanno ancora sostituito quelle con L’Union Jack.

Una rapida ricerca su internet avrebbe condotto lo/la stagiaire, per esempio, al sito https://datosmacro.expansion.com/smi. È in spagnolo, ma questo non dovrebbe costituire un problema, in tempi di aspirazione al rinnovo di quell’asse Madrid-Roma, già osannato, nel dicembre del 1939, da quel suo predecessore, che fino a qualche mese fa, roba da Guinness, era l’unico ministro italiano legato da vincolo di parentela col primo ministro.

Lo/la stagiaire avrebbe scoperto che i paesi con salario minimo sono più di 170.

Invece, tra romani ci si capisce, meglio buttarla in caciara.

Comunque, pochi giorni dopo, la signora presidente del Consiglio lo ha sconfessato, Realpolitik?. Di salario minimo si può parlare, anche se è meglio farlo a settembre, dopo la pausa estiva, che quest’anno per il Senato durerà non meno di 33 giorni.

“Più o meno come sempre” ha chiosato, forse annoiato per l’osservazione irriguardosa, il presidente La Russa. Chissà se qualcuno si è azzardato a segnalargli sommessamente che i dati sulla durata delle ferie del Senato dicono altro: 2011, 34 giorni; 2012, 27; 2013, 25; 2014, 24; 2015,32; 2016, 38; 2017, 39; 2018, 33; 2019, 31; 2020, 25; 2021, 31; 2022, 29, Media 30.7 con una deviazione standard prossima a 5.

Se una tale ipotesi si fosse realizzata è facile immaginare la risposta: un sette percento di giorni. Che sarà mai?

Già, ma chi mai potrebbe azzardarsi a formulare l’osservazione o a spiegare che significa deviazione standard?

È facile escludere che possa farlo un giornalista di quel giornale cui, in più occasioni, ha detto, che si rifiuta di rispondere. Per rango, si potrebbe pensare all’altro vicepresidente del Consiglio e suo concittadino. Improbabile. È disponibile sul web (https://www.la7.it/intanto/video/video-di-grillo-matteo-salvini-parole-disgustose-mette-su-banco-imputati-vittima-di-stupro-22-04-2021-376840) una dichiarazione imbarazzante che potrebbe generare tensione, anche se, riconosciamolo, l’ampiezza di ciò che fa schifo all’onorevole Salvini è tale che l’espressione si è un po’ svalutata.

Purtroppo, mi si perdoni, il dubbio di una sovietizzazione dell’Italia rimane. La dichiarazione a Washington della signora presidente del Consiglio «La concorrenza di Paesi che non rispettano le garanzie standard su lavoro, ambiente e sicurezza mina le nostre imprese e i nostri lavoratori» mi ha fatto fare un balzo sulla sedia. Temevo ne scaturisse la conclusione: “Proletari di tutto il mondo unitevi” o che il nostro Parlamento fosse chiamato a definire come nuovo delitto universale la violazione di quelle norme.

Sono tranquillo, Nulla di tutto ciò è accaduto. Non è alle viste una rivoluzione di braccianti immigrati, né guidata, come potrebbe temere una delle curve razziste dei nostri stadi, quella che si è recentemente esibita in un palazzo che non lo meriterebbe, da un deputato dalla pelle scura, né da un’emula, mutatis mutandis, di Bombacci.

A proposito: Cos’è l’Italia? Molte cose, risponderebbe la nostra presidente del Consiglio, in sintonia con le molte cose che significano i colori della nostra bandiera, ma tra esse purtroppo anche un paese dove ogni giorno si hanno 3 morti sul lavoro, dove l’assistenza sanitaria pubblica è fuori del tempo e dello spazio, per le attese e le ricerche di qualche ospedale dove poter essere ricoverato qualche settimana prima.

Non sarà mica che non ho capito che l’onorevole Tajani ha voluto manifestare rimpianto e invidia per i servizi sociali dell’Unione Sovietica?

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