Filippo Veltri commenta e riflette sul caso di Mimmo Lucano e sulla sua “quasi” assoluzione.
A tre giorni dalla manifestazione del 29 ottobre a Riace e dopo 10 giorni dalla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria conviene forse ragionare con piu’ freddezza (passato il diluvio delle reazioni, tutte ovviamente entusiastiche) su quello che significano davvero quei due momenti, uno realizzato e un altro da compiere.
La quasi-assoluzione in appello dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano e della sua giunta rappresenta una svolta nella battaglia culturale e politica relativa alla criminalizzazione della solidarieta’. La pesante condanna ricevuta in primo grado, oltre tredici anni di carcere, appariva abnorme e ora appare anche immotivata. La vicenda si aggiunge a una serie di casi giudiziari in cui i protagonisti di iniziative di accoglienza verso profughi e migranti sono stati colpiti non solo da veementi campagne politiche e mediatiche, ma anche da accuse che li hanno costretti a difendersi: Carola Rackete, padre Mussie Zerai, gli attivisti di Baobab a Roma, i coniugi triestini Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, dell’associazione Linea d’Ombra… «Occorre vedere – ha scritto Avvenire, il giornale della Conferenza Episcopale Italiana – in queste ripetute inchieste giudiziarie, quasi sempre destinate al fallimento o a magri risultati, uno dei frutti più tossici di un clima culturale avvelenato: un clima in cui l’accoglienza è esposta al rischio costante di essere scambiata per un atto sovversivo, di attacco alla sovranità statuale e al controllo (selettivo) dei confini. E in cui di fatto si finisce per intimidire e scoraggiare chi si mobilita per soccorrere e aiutare’’.
Il punto politico forte ci appare proprio questo: non si può criminalizzare la solidarieta’ comunque la si veda e al di là di piccoli o grandi agganci nel Codice penale, che tra l’altro nella vicenda Lucano manco c’erano! Per cui accanto all’ovvia soddisfazione per la correzione di rotta giudiziaria resta un dato di fatto: quella esperienza di solidarietà concreta di Riace e’ stata martellata e il risultato è stato perciò raggiunto. Sulla pelle di Lucano, e non solo. Chi ne risponderà ora? Nessuno, perché’ chi governava ieri ed ha avviato l’operazione non c’è più e chi governa ora tutto ha in mente tranne che quel modello di accoglienza e solidarietà.
Eppure…
E veniamo così al 29 di ottobre.
Ancora l’eco della solidarietà non si è spento. E’ come un fuoco che continua a bruciare, forse non si spegnerà mai.
Sulla pagina FB di Mimmo c’è questa accorata notazione: ‘’….Vorrei fare un appello a tutti che poi rilanceremo il giorno della grande manifestazione a Riace del prossimo 29 ottobre: siamo pronti ad accogliere nelle case del villaggio globale di Riace bambini, donne, uomini vittime innocenti della guerra in Medio Oriente e di tutte le guerre del mondo.
Il villaggio globale è diventato il simbolo della resistenza alle ingiustizie (come la striscia di Gaza) inaugurato alcuni anni fa con un digiuno di giustizia dal missionario comboniano padre Alex Zanotelli. Siamo per una accoglienza incondizionata per le vittime delle guerre, delle oppressioni, fame, povertà, discriminazioni, fascismi, disumanità. Facciamo sentire il nostro grido le nostre voci di pace, rabbia e speranza’’.
Ecco, dunque, la prospettiva positiva che puo’ nascere da quella sentenza e dalla manifestazione del 29: respingere nel concreto la logica della criminalizzazione della solidarieta’ che tendeva (tende) a rompere, a spezzare Riace e tutte le possibili Riace del mondo. Accogliere e lavorare, nonostante tutto e tutti.