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domenica, Ottobre 6, 2024
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LE AMBASCE DEI MEDIA ITALIANI TRA WASHINGTON E VATICANO

Non fosse bastata la vicenda Ucraina, con il penoso allineamento dei media italiani al pensiero unico elaborato da Washington, giungono gli sviluppi del caso Emanuela Orlandi a dimostrarne il totale asservimento anche nei confronti del Vaticano.

Il colmo è che le anime belle del giornalismo italiano si permettono il lusso di criticare Netflix e quanti nel mondo dell’informazione hanno ancora il coraggio di trattare argomenti scomodi, ritenuti sconvenienti e destabilizzanti dai poteri dominanti.

La mini serie “Vatican Girl” di Netflix ha avuto il merito di accendere i riflettori su una vicenda che risale al 1983 quando una quindicenne scompare nel nulla all’interno delle mura della Città del Vaticano, avviando un caso misterioso che attraversa quarant’anni di storia tra intrighi internazionali, Chiesa e mafia. I media italiani, in tutto questo tempo, si sono limitati a riportare di tanto in tanto alla luce il caso spinti dalla caparbietà di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela che, sfidando l’insfidabile, continua a lottare per la verità.

Nei giorni scorsi si è aperto finalmente uno squarcio quando Orlandi è stato convocato in Vaticano dal Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, rilasciando la seguente dichiarazione: “Ho percepito la volontà a fare chiarezza, lo stesso Diddi mi ha detto di aver avuto mandato dal segretario di Stato Pietro Parolin e da Papa Francesco di fare chiarezza al 100%, di indagare a 360 ° e di non fare sconti a nessuno, dalla base al vertice. Nel 2023 non possono esserci persone intoccabili”.

Premetto che da quando Emanuela è scomparsa, non c’è stata redazione giornalistica in Italia (e questo mi consta direttamente) nella quale non sia serpeggiata la convinzione che Wojtyla fosse in qualche modo coinvolto nella vicenda. In tutti questi anni timidamente è uscita qualche voce derubricata subito al livello di illazione, si sono ripetuti episodi inquietanti (tipo la sepoltura di un mafioso dentro una chiesa in Vaticano) ma mai, dico mai, nessuno ha deciso di indagare seriamente. È evidente che la verità è talmente scomoda DA FAR VENIR GIÙ LE MURA DEL VATICANO. Se n’è avuto sentore all’uscita di Pietro Orlandi dal Vaticano quando le prime anticipazioni hanno raggiunto le redazioni ed inevitabilmente è venuto fuori il nome del protagonista occulto: Giovanni Paolo II al secolo Karol Wojtyla.

Apriti cielo! Dopo 36 ore di imbarazzato silenzio si sono aperte le danze ed è stato tutto un profluvio di indignazione e di reprimenda nei confronti di chi aveva osato infangare la memoria del “Santo subito”, paladino della fede e della lotta contro il comunismo ateo.

L’unico che è andato giù diretto è stato l’alfiere dell’atlantismo (che ancora si illude di poter ereditare la poltrona di Stoltenberg al vertice della Nato) Matteo Renzi, che ha dichiarato papale papale (ora ci vuole…): “Papa Wojtyla ha salvato questo pianeta dal regime sovietico e anche i non credenti provano rispetto verso di lui. L’idea che il parlamento italiano abbia paura a votare una commissione di inchiesta sul Covid ma si presti alle strumentalizzazioni contro Giovanni Paolo II mi sembra ingenerosa. Per parte mia io farò sentire la mia voce per rispetto verso quel Papa ma anche per rispetto verso la politica italiana”.

L’incauto ex ragazzo prodigio fiorentino ha omesso però di ricordare che Wojtyla ha combattuto l’Unione Sovietica finanziando il movimento polacco di Solidarnosc con i soldi della mafia riciclati dallo IOR del cardinale Marcinkus; ma figurarsi, per Renzi e per gli altri servitori di Washington, il fine giustifica i mezzi sempre e comunque.

Sentiamo, invece, la voce di Pietro Orlandi (così come riportata dal suo profilo Facebook):

«Mamma mia, mi sto rendendo conto di quanta stampa, ancora sia asservita al Vaticano.

Sto leggendo delle cose incredibili, un servilismo che pensavo appartenesse ormai al passato.

Ma com’è possibile che dica certe cose Diddi ? Dice che abbiamo riferito alle telecamere cose che dovevano essere non dette perché fanno parte dell’inchiesta? Ma se lui stesso mi ha detto “non metto il segreto istruttorio puoi dire quello che vuoi”. E io ho pure chiesto se potevo dire  che loro avevano iniziato le indagini, che era un cosa positiva per loro e importante da dire e lui Diddi mi ha detto “certo che puoi”. Ora dicono che loro avevano messo tutta la disponibilità e che noi ora ci tiriamo indietro, ma come possono arrivare a dire questo. Gli ho fornito i nomi su cui indagare, convocare, per fare dei passi importanti avanti dei messaggi WhatsApp, la trattativa con Capaldo i rapporti con le istituzioni inglesi, l’audio senza bip di chi accusa Wojtyla e la loro più grande preoccupazione e motivo di battuta di arresto, è sapere chi diceva delle passeggiate serali fuori le mura del Papa? Ma mezzo Vaticano lo diceva e chi me l’ha detto direttamente non è più tra noi e allora a che serve sapere quel nome, era una bravissima persona di totale attendibilità. Ma lo capirebbe anche un bambino che questo è solo un appiglio, una scusante. Se vogliono essere persone oneste e serie e ci fosse veramente ma volontà a fare chiarezza cominciassero a convocare le due persone vicine a Papa Francesco che si scambiavano messaggi, su telefoni riservati della Santa sede, riguardo a Emanuela e le cose di cui erano a conoscenza, no loro preferiscono sapere chi metteva in giro il “pettegolezzo” delle passeggiate, oppure cominciassero ad ascoltare chi andò da Capaldo e perché dissero “va bene” quando Capaldo chiese di avere i resti di Emanuela, i nomi ce li hanno e ne abbiamo parlato in maniera approfondita, oppure convocassero Marcello Neroni che è lui che fece dichiarazioni pesanti su Wojtyla, non io, lo convocassero per capire perché le ha dette, oppure chiedessero all’arcivescovo Carey come mai scambiava lettere col Card. Poletti in riferimento a Emanuela. O chiedessero a quell’ex funzionario della gendarmeria che mi disse che appena saputa la notizia della sparizione di Emanuela andarono subito da quei cardinali che avevano il “vizietto” con le ragazzine per sapere se avessero responsabilità su Emanuela, e lo  convocassero affinché possa dire i nomi di quei cardinali perché non è normale che nel 1983 il “vizietto” fosse accettato tranquillamente da tutti, gendarmeria compresa. Se vogliono fare veramente qualcosa convocassero le 28 persone di cui abbiamo fatto i nomi. Nella memoria molto dettagliata abbiamo spiegato accanto ad ogni nome perché sarebbe importante ascoltarli. E invece loro come i bambini capricciosi puntano i piedi perché non sanno chi ha messo in giro il “pettegolezzo” sulle uscite serali di Wojtyla e considerano questo fatto una battuta d’arresto delle indagini. Peccato tutto ciò, ero convinto della serietà e onestà di questa inchiesta, mi auguro si rendano conto che stanno sbagliando e che sono partiti col piede sbagliato… Io, sappiano, raggiungerò lo stesso l’unico obbiettivo che mi interessa, dare giustizia ad Emanuela e la verità, state e certi, uscirà tutta… senza sconti a nessuno».

rev. Frank

 

 

 

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