Non ci sono più parole in grado di dar voce al dolore e alla rabbia di fronte a quest’ultima, immane strage di migranti, quella della Grecia. Le singole morti, i singoli naufragi non sono altro che i tasselli attraverso cui si attua una politica concordata tra i Governi dell’Occidente tutto.
Cutro e poi la Grecia, stragi senza colpevoli. Ancora. Non ci sono più parole in grado di dar voce al dolore e alla rabbia di fronte a quest’ultima, immane strage di migranti, peraltro prevedibile e prevista.
Ha scritto Enrico Calamai: ‘’… Non ci sono più parole perché inevitabile si affaccia l’idea che altre analoghe stragi seguiranno, di cui molte neanche percepite dall’opinione pubblica, perché avvenute nel nulla mediatico in cui a partire dall’esternalizzazione delle frontiere, sempre più a Sud, si attua ormai il momento tragico del respingimento che spesso vuol dire condanna a morte’’.
Attendiamo fiduciosi l’esito dell’indagine della Procura della Repubblica di Crotone sulla strage di Cutro del febbraio scorso, ma quel che appare sempre più chiaro è che tutta l’Europa come deterrente del flusso di migranti che continua a voler varcare i confini dell’Europa Fortezza abbia scelto questa linea. Come d’altronde avviene in America del Nord e in Australia. Ormai parla come voce nel deserto solo il Papa.
I migranti che scappano da guerre e miseria da noi provocata arrivano, sono la faccia di coloro cui non è più neanche dato attestarsi sulla soglia della povertà a casa loro, perché saccheggiamo le loro risorse naturali, sfruttiamo la loro mano d’opera, devastiamo il loro ambiente, finanziamo guerre, dittature o governi corrotti che ci fanno comodo. I migranti (sempre Calamai) ‘’sono l’altra faccia di un mondo orwelliano, in cui si fa la guerra per la pace, in cui le vittime sono i colpevoli, in cui il nostro benessere posa sulla legge della giungla tutto intorno a noi’’.
Le singole morti, i singoli naufragi non sono altro che i tasselli attraverso cui si attua una politica concordata tra i Governi dell’Occidente tutto: l’adozione di un complesso di controllo delle frontiere o di omissione di soccorso che, attraverso anche la creazione di un sistema di campi di concentramento a macchia di leopardo, hanno esclusivamente finalità di deterrenza nei confronti dei flussi migratori che noi stessi provochiamo, costi quello che costi, in termini di vite umane. Guardiamo all’Italia per un momento: buchi neri, gabbie affollate, gestite spesso in modo inumano. I luoghi di costrizione per chi non ha i documenti in regola sono magicamente svincolati dal rispetto dei diritti umani. Luoghi da cui non si può comunicare con nessuno, i gabinetti senza porte, il cibo scadente e immangiabile e dove persino gli avvocati difensori hanno difficoltà a entrare.
Non hai documenti in regola? Diritti sospesi. Per entrare in un carcere italiano c’è bisogno di una visita medica della Asl che certifichi che sei in condizione di tollerare il carcere. Ma non nei Cpr (centri per il rimpatrio, già Cie, già Cpt), dove il medico è un privato dipendente della società che gestisce la struttura, e che ha interesse invece a riempire fino all’ultimo letto.Del resto la sospensione del diritto è certificato dallo stato stesso di questi luoghi, dove la gente si trova detenuta non per aver fatto qualcosa, ma per essere qualcuno. Qui non vengono rispettati i normali diritti, ma addirittura si consente che su quelle strutture qualcun ricavi in profitto. Limati all’osso i costi per la struttura, i servizi dei pulizia e manutenzione, il cibo e l’assistenza sanitaria, a volte inesistente, gli stipendi dei dipendenti, i diritti umani non hanno semplicemente menzione. Non c’è da meravigliarsi se le notizie di rivolte e proteste riescono a scavalcare le sbarre e le recinzioni.
Dipende, dunque, da noi trovare la forza per opporvisi, se non in nome del sempre più attualissimo quanto dimenticato monito «Socialismo o barbarie», almeno in nome di quell’etica socratica che accompagna le democrazie fin dal loro primo apparire.