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venerdì, Aprile 19, 2024
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Lo scultore Antonio Tropiano dona una delle sue opere a Cutro

La tragedia di Steccato di Cutro col naufragio e l’assurda morte di decine di migranti ha coinvolto e commosso l’intero Paese. Nelle scorse settimane l’artista e scultore Antonio Tropiano ha deciso di comunicare all’Amministrazione Comunale di Cutro la volontà di donare la sua scultura “Symbolon”  alla comunità cutrese.

Ha dichiarato l’artista calabrese: “È dettato dall’intento pubblico di esprimere solidarietà ai tanti migranti che sono costretti a scappare dai propri Paesi per la follia delle guerre o dei cambiamenti climatici, vicinanza alla comunità cutrese e per coltivare il ricordo e la memoria di tutte le vittime innocenti di queste politiche respingenti dell’immigrazione. Ma soprattutto per celebrare lo spirito solidaristico del popolo calabrese (di cui gli stessi cittadini di Cutro hanno dato esimia testimonianza in queste ultime settimane) che già fu al tempo del suo passato greco ricordato per la sua “filoxenia” (amore per il forestiero)”.

“SYMBOLON”

Dalla Calabria, a Brancaleone sulla Costa Ionica, dove era confinato, Cesare Pavese scrisse alla sorella: “La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca”. FILOXENIA ossia l’amore per lo straniero: è con questo termine che si definiva il valore sacro dell’ospitalità, quel principio etico fondamentale della cultura greca che distingueva l’uomo giusto dall’iniquo. Il rito dell’antica accoglienza riservato allo sconosciuto prevedeva come passaggio essenziale uno scambio di simboli. Una tavoletta di pietra o legno veniva spezzata a metà, e una parte consegnata all’ospitante, l’altra allo straniero come segno di un diritto di ospitalità concluso: nel caso in cui un discendente dei due avesse avuto bisogno di un rifugio, le due metà sarebbero state ricongiunte per dimostrare l’antico legame di riconoscenza. SYMBOLON deriva dal verbo “Symballo” che significa “unire”, ma anche soccorrere, aiutare: come aveva capito Pavese è nella nostra natura più profonda offrire da sempre la mano, e con essa il pegno di un legame imperituro, che oggi avrebbe l’aspetto del frammento di una delle innumerevoli carrette del mare a cui abbiamo prestato soccorso e ridato speranza.

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