fbpx
martedì, Aprile 23, 2024
spot_img
HomeCalabria"Mi manca mia mamma, ma felice di essere qui"

“Mi manca mia mamma, ma felice di essere qui”

Il medico cubano, a Locri, Elisabeth Balbuena si racconta al nostro giornale.

Da più di un mese la sanità locrese ha ricevuto il supporto di nuove mani, quelle arrivate sin da Cuba a dare il loro contributo nell’ospedale. Uno di questi medici ha accettato di farsi intervistare da noi, raccontandoci il suo punto vista e la sua esperienza. Si tratta della dottoressa Elisabeth Balbuena, ormai da qualche settimana a Locri alle prese con le emergenze della sanità calabrese.

Dottoressa Balbuena, avrebbe mai pensato di venire a lavorare in Italia?

«No, non avrei mai pensato di venire a lavorare in Italia, perché noi siamo medici di un paese sottosviluppato, è una delle potenze del mondo, dell’Unione Europea, è tra i paesi più sviluppati. Però, bisogna sempre avere qualcuno più piccolo come noi, ma comunque di un livello scientifico e umano abbastanza alto».

Qual è stata la sua prima impressione a contatto con la nostra sanità?

«Inizialmente pensavo sarebbe stato difficile l’incontro con gli italiani, ma dopo, quando abbiamo cominciato a lavorare, a relazionarci, sia con i medici che con i pazienti, abbiamo visto che sono uguali a noi. I calabresi sono socievoli, calorosi, lavoriamo insieme senza problemi, aiutandoci l’uno con l’altro, e ogni tanto sia i medici che gli infermieri o i saniatri del Pronto soccorso, ci aiutano ad imparare la lingua, o i farmaci, perché ci sono medicinali nuovi per noi. C’è sempre l’intenzione di aiutarci, perché noi siamo venuti qui per aiutare voi».

Quali sono le differenze che ha notato in questi primi giorni di attività lavorativi tra l’ospedale di Locri e quelli di Cuba?

La principale differenza è il protocollo, perché tutto è un passaparola. Anche l’uso del computer, si devono inserire i dati dei pazienti e protocollizzare tutto, questa è la principale differenza. Per il resto è tutto uguale.

A proposito della lingua, come vi siete trovati con i colleghi italiani?

«Abbastanza bene, sono passati solamente due mesi, perché comunque il più difficile da capire è il dialetto calabrese, ma quando troviamo un paziente che parla il dialetto io chiedo aiuto a all’infermiere del posto, perché non capisco quando parlano, però piano piano ho intenzione anche di imparare il dialetto calabrese».

Quindi, le è già successo che dei pazienti si rivolgessero a lei in dialetto?

Sì, soprattutto, dei pazienti che sono anziani parlano in dialetto ma anche molti dei miei colleghi parlano in calabrese».

Quali sono, secondo lei, i problemi della sanità calabrese?

Il problema principale secondo me è la mancanza di medici perché ci sono tanti medici in pensione che non vengono sostituiti e che spesso non coprono gli spazi lavorativi lasciati vuoi. Noi non siamo tanti per coprire questi spazi. Nel mio reparto di cardiologia, per esempio, mi hanno detto che lavoravano in 17, però in questo momento siamo solamente 6 medici, compresa la sottoscritta.

Ultima domanda: le manca a casa sua?

Abbastanza, soprattutto la mia mamma. Ancora, non ho figli però mi mancano, la mia mamma, la mia famiglia a differenza dei miei colleghi che hanno una famiglia e dei bambini. Dopo questa esperienza sarà un orgoglio poter dire di aver lavorato qui alla mia famiglia, siamo contenti di poter cambiare una situazione, di poterla migliorare perché non è solamente in Italia ma anche in Venezuela in Africa, Arabia e in tutto il mondo.

Anna Maria, Iris

- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
ARTICOLI CORRELATI
- Spazio disponibile -

Le PIU' LETTE

- Spazio disponibile -