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mercoledì, Novembre 6, 2024
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Operazione “Deep 2”; precisazioni

A partire dalle prime ore del mattino e fino alla tarda serata di ieri, nella provincia di Reggio Calabria, a seguito di attività di verifica avviata dal Comando Legione Carabinieri “Calabria” d’intesa con il Comando della Regione Carabinieri Forestale, è stata data esecuzione all’operazione convenzionalmente denominata “Deep 2” – sulla scia di analoga attività che il mese scorso ha interessato invece le provincie di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza – per il suo fine primario di controllare attentamente il rispetto delle norme spingendosi in profondità, ovvero al di là delle apparenze e della superficie, frequentemente dissimulate per celare la commissione di gravi illeciti contro la natura.

Un intervento complesso nel suo insieme, in materia ambientale, che ha visto l’impiego coordinato e simultaneo di squadre congiunte di Carabinieri dell’Organizzazione Territoriale e per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare affiancati, per la perlustrazione di aree impervie e acquitrinose, da Squadre operative dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, con il supporto aereo dell’8° Nucleo Elicotteri CC di Vibo Valentia, nonché specialistico del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale di Reggio Calabria.

In tale quadro, più di cento sono stati gli obiettivi oggetto di controllo, in un’area che ha interessato la fascia medio-costiera ionica, tirrenica e dello stretto della provincia di Reggio Calabria per più di 220 chilometri; tra cui siti di depurazione, nonché aree palustri e canali di scolo in prossimità della costa, con annesse attività produttive limitrofe.

L’ operazione di polizia ha permesso di confermare quanto l’inquinamento acqueo risulti particolarmente accentuato in Calabria, come è possibile evincere da un’osservazione:

  • empirica, in relazione al ciclico intorbidimento delle acque marine, che si verifica soprattutto nella stagione estiva quando si registra un aumento della popolazione dimorante sulla fascia costiera;
  • clinica, a seguito dei risultati di numerosi accertamenti tecnici eseguiti tramite campionatura delle acque per esami specifici condotti da Enti specializzati;
  • statistica, realizzata con l’analisi dei dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che colloca la Calabria tra le ultime Regioni per produzione e trattamento di fanghi provenienti da acque reflue urbane, rapportata alla popolazione residente (cosiddetto indice di potenziale smaltimento non controllato/illecito dei fanghi). Infatti, per comprendere l’entità del fenomeno, basta pensare che nel 2019, in Calabria sono state dichiarate 34.072 tonnellate di fanghi regolarmente trattati a fronte di una popolazione di 1.860.000 abitanti mentre – a titolo meramente indicativo – sono state invece 90.660 le tonnellate dichiarate, sempre nel 2019, per 1.600.000 abitanti nella regione Sardegna e, ancora, 299.814 tonnellate di fanghi trattati dalla Puglia nello stesso anno a fronte di circa 4.000.000 di abitanti.

La complessa attività recepisce anche le istanze, volte ad arginare il fenomeno dell’inquinamento delle acque fluviali e marine, sia di alcune Procure della Repubblica, sia della Regione Calabria.

L’intervento, condotto dai Carabinieri, è stato particolarmente indirizzato alla prevenzione ed al contrasto dell’inquinamento ambientale, mediante azioni utili a conoscere e valutare il fenomeno in ambito regionale e, nel contempo, valorizzare le funzioni di polizia ambientale affidate in ambito nazionale all’Arma dei Carabinieri ed espresse in particolar modo dalle sue componenti specializzate e dall’intero comparto Forestale. Tutto, in considerazione del fondamentale presupposto che la salvaguardia dell’ambiente rimane uno dei principali obiettivi nazionali ed europei, tanto da essere destinataria di rilevanti risorse e finanziamenti anche nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il fenomeno del degrado e dell’inquinamento ambientale di acque e suolo ha, infatti, ripercussioni estremamente negative sull’intera società per i potenziali rischi alla salute umana e animale, per gli ecosistemi presenti sul territorio, sul sistema economico con particolare riguardo al settore turistico. Vi è inoltre il costante pericolo d’infiltrazione della criminalità comune ed organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti, in ragione dei rilevanti interessi economici.

Fondamentale, inoltre, si è rilevato in fase operativa, il supporto tecnico specializzato dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria diretta da Domenico Pappaterra oltre che della Stazione Zoologica Anton Dohrm guidata in Calabria dal Prof. Silvestro Greco, ai fini del campionamento di acque reflue e fanghi per intercettare eventuali flussi inquinanti e procedere ad un’articolata attività di analisi dei dati informativi raccolti nel corso dei vari servizi di controllo del territorio finalizzati ad individuare le fonti di potenziale inquinamento fluviale e marino quali siti di depurazione, aree palustri e canali di scolo in prossimità della costa.

L’attività di monitoraggio ha pertanto interessato siti di depurazione, e corsi d’acqua lungo il loro naturale percorso per poi procedere alla campionatura di acque e terriccio sottoposti a successiva analisi in laboratorio al fine di individuare la tipologia di prodotti chimici inquinanti.

Nel medesimo contesto operativo, militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno eseguito perlustrazioni in territorio impervio, risalendo alcuni corsi d’acqua, tra cui i fiumi Mesima e Petrace che sfociano sulla costa tirrenica, il torrente Caserta e la Fiumara Annunziata a Reggio Calabria, nonché i torrenti nella piana di Gioia Tauro e nella locride, fino alle sorgenti nell’eventualità che alcune aziende, distanti anche centinaia di metri dal torrente, attraverso tubazioni abusive sversino liquami direttamente nell’alveo fluviale. In una prossima fase, la procedura di verifica sarà ulteriormente approfondita mediante il confronto delle analisi chimico-biologiche eseguite sui campioni prelevati e l’eventuale corrispondenza con i residui prodotti dalle attività che possono aver determinato la contaminazione.

Nell’ambito dell’operazione, che ha avuto un forte impatto sia sul piano preventivo che repressivo, sono stati nel complesso controllati:

  • 48 impianti di depurazione: n. 14 di essi non si presentavano “a norma” e, di questi ultimi, ne sono stati sequestrati n. 3 oltre a n. 1 stazione di sollevamento delle acque reflue e n. 1 canale collettore (per violazioni della normativa in materia di gestione degli impianti e omesso smaltimento di fanghi);
  • 42 attività produttive, n. 29 delle quali sottoposte a sequestro (n. 5 cementifici, 14 autolavaggi, 2 autofficine, 2 lavanderie industriali e 6 imprese agricole) per plurime violazioni in ordine alla normativa di settore.

Sono stati, inoltre, eseguiti in totale 84 campionamenti di acque di fanghi da depurazione, i cui esiti saranno inviati e sottoposti al vaglio dell’Autorità Giudiziaria competente per l’emissione di eventuali provvedimenti. Risultano contestate ingenti sanzioni pecuniarie per un complessivo di circa 400.000,00 euro e deferite all’A.G. 51 persone.

L’intervento condotto ieri rappresenta solo l’inizio di una più complessa strategia di protezione dell’ambiente e della natura che vedrà impegnati i Carabinieri della Calabria anche nei prossimi mesi non solo nel contrasto all’inquinamento acqueo, che comunque interesserà gradualmente tutti i tratti costieri della Regione, ma anche nella lotta ad ogni forma di compromissione dell’habitat naturale dal suolo all’aria, dai centri urbani alle foreste. Prova di questo impegno costante dell’Arma in Calabria sono i dati riferiti al contrasto ad ogni forma di inquinamento relativi agli ultimi mesi: sono state riscontrate irregolarità in 37 siti, ritenuti potenzialmente inquinanti, tra cui 5 tra impianti di depurazione, vasche di contenimento fanghi e attività produttive inquinanti, 2 centri di raccolta di rifiuti, 2 lavanderie industriali, 2 officine e 6 esercizi commerciali. In tali occasioni, le irregolarità più frequentemente riscontrate sono state la violazione di norme generali poste a tutela dell’Ambiente, con particolare riferimento all’abbandono illecito, lo smaltimento e il traffico di rifiuti speciali, la gestione non autorizzata di rifiuti, lo sversamento di liquami inquinanti che hanno portato alla denuncia di 36 soggetti ritenuti responsabili della condotta offensiva verso il patrimonio ambientale.

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