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Ospitare basi NATO non rende l’Italia una colonia

Una militare USA, Julia Bravo, ubriaca, intorno alle 4 di mattina, investe e uccide un ragazzo, Giovanni Zanier. Reato previsto e punito dall’articolo 589 bis del Codice penale italiano. L’Italia è uno stato sovrano. L’appartenenza alla NATO pone dei limiti alla nostra sovranità, ma non la elimina.

Ricordiamo il precedente del CERMIS del 1998. Evitiamo che lo stesso accada nel caso di Pordenone.

Caso chiaro, una militare USA, Julia Bravo, ubriaca, intorno alle 4 di mattina, investe e uccide un ragazzo, Giovanni Zanier. Reato previsto e punito dall’articolo 589 bis del Codice penale italiano.

L’Italia è uno stato sovrano. L’appartenenza alla NATO pone dei limiti alla nostra sovranità, ma non la elimina.

La militare appartiene alle forze armate degli Stati Uniti, così come i piloti dell’incidente del CERMIS. In Italia, l’esito di quel giudizio lasciò insoddisfazione. Ma i due casi non sono uguali. I due piloti erano in servizio. Irresponsabili, secondo qualunque persona di sano giudizio, ma in servizio. E questo permise loro di cavarsela con una mite condanna per un reato collaterale non commesso su suolo italiano.

Ciò che è accaduto a Pordenone è totalmente diverso.

L’articolo VII della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, che regola lo statuto delle truppe della NATO, è chiarissimo. Il paragrafo 1b, “le autorità dello Stato ricevente hanno il diritto di esercitare la loro giurisdizione sui membri di una forza armata o di un elemento civile e sulle persone a loro carico per quanto concerne i reati commessi sul territorio dello Stato ricevente, punibili dalla legislazione di detto Stato” e garantisce il diritto a giudicare della nostra Repubblica, che non è indipendente e sovrana solamente per la materia dell’art. 7 della Costituzione.

Il rispetto alla nostra sovranità rende l’esercitare questo diritto un dovere.

Nessuna delle tre ipotesi, previste dal paragrafo 2 dell’articolo VII giustificherebbe una prevalenza della giurisdizione degli Stai Uniti. Le ricordiamo, a scanso di equivoci, rimpiazzando i nomi degli Stati nel caso specifico. “Le autorità militari degli Stati Uniti hanno il diritto di esercitare una giurisdizione esclusiva sulle persone assoggettate alle leggi militari degli Stati Uniti per quanto concerne i reati, ivi compresi i reati che minacciano la loro sicurezza, punibili dalle loro leggi ma non dalle leggi italiane; b) le autorità militari italiane hanno il diritto di esercitare una giurisdizione esclusiva sui membri di una forza armata o di un elemento civile e sulle persone a loro carico per quanto concerne i reati, ivi compresi i reati che minacciano la sicurezza italiana, punibili dalle leggi italiane, ma non dalle leggi degli Stati Uniti; c) ai fini del presente paragrafo e del paragrafo 3 del presente articolo, si considerano reati che minacciano la sicurezza di uno Stato: (i) il tradimento, (ii) il sabotaggio, lo spionaggio o la violazione della legislazione relativa ai segreti di Stato o della difesa nazionale.

Tutto chiaro, parrebbe. Di che mi preoccupo? Perché la signora Scandella, madre del ragazzo teme che la militare la faccia franca come i piloti del CERMIS?

Esiste la scappatoia del paragrafo 3, se il nostro Governo decidesse di non difendere la nostra indipendenza. Infatti, pur non essendoci dubbio che il paragrafo 3b “nel caso di ogni altro reato, le autorità dello Stato ricevente esercitano a titolo prioritario la loro giurisdizione” garantisce la nostra giurisdizione, in quanto guidare ubriachi all’alba non mette a rischio la sicurezza degli Stati Uniti, né la militare si trovava in servizio, il paragrafo 3c recita “se l’Italia decide di rinunciar e alla sua giurisdizione, lo notificherà al più presto alle autorità degli Stati Uniti. Le autorità italiane esaminano con benevolenza le domande di rinuncia a questo diritto presentate dalle autorità degli Stati Uniti, quando queste ultime ritengono che considerazioni particolarmente importanti lo giustifichino”.

I diritti della miliitare ubriaca sono tutelati dal paragrafo 9.

L’ipotesi non è astratta, il Procuratore di Pordenone la ha ricordata, come opzione di competenza del ministro della Giustizia e numerosi articoli di stampa ricordano che gli Stati Uniti potrebbero richiedere di giudicarla nel proprio paese.

Ma perché si dovrebbe accettare ed essere benevolenti di fronte a un’eventuale richiesta? In America Latina, gli Stati Uniti sono soliti estendere la competenza territoriale della loro giurisdizione con richieste di estradizione, spesso accettate da governi amici. Perché l’Italia dovrebbe accettare un’eventuale richiesta, quando in casi di cittadini italiani condannati e reclusi negli Stati Uniti, ha ricevuto cortesi risposte negative o dilazioni decennali? Silvia Baraldini, Chico Forti. Non dicono nulla questi nomi?

Nel caso di Sigonella, il presidente Craxi indicò i limiti invacalicabili da porre alla nostra appartenenza alla NATO.

Non credo sia pretendere troppo dalla mistra Cartabia e dal presidente Draghi, o da chi li rimpiazzerà dopo le prossime elezioni, che non barattino la nostra indipendenza e sovranità con un indennizzo economico.

Galileo Violini

 

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