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giovedì, Ottobre 10, 2024
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Pirruccio: “Ci stiamo abituando alla volgarità e per le parolacce non si paga dazio”

Vito Pirruccio

Così, ormai, vanno le cose! Ho atteso qualche giorno per verificare eventuali reazioni dei media dopo il ritorno al linguaggio colorito del patron Grillo all’uscita dello storico Hotel Forum di Roma (Intervista con l’immancabile coglio**) e alla sfornata di ca**o e di sputi a rete unificate della new entry politica Stefano Bandecchi patron di UNICUSANO, neoeletto sindaco di Terni, presidente della squadra umbra e autocandidato astro nascente della politica italiana.

Nessuno, tranne il servizio di Report su Bandecchi, nella quotidiana abbuffata di talk ha avvertito il bisogno di sollevare una riflessione su questa ennesima valanga di linguaggio scurrile imperante in ogni luogo e in ogni contesto. Una volta si diceva “Linguaggio da scaricatori di porto”, oltraggiando l’intera categoria senza distinzione alcuna; ora siamo al linguaggio sboccato che non ha luogo né prerogativa di appartenenza. Anzi, alberga soprattutto in quelli che una volta venivano definiti “piani alti” divenuti terreni privilegiati di “eletti”.

Ci siamo abituati da popolo bue ai Vaffa grillini promossi, salvo precipitoso tonfo, a divenire strumenti anticasta, anche se delle prelibatezze dei privilegiati gli onorevoli “Uno vale uno”, assaporati i gusti, sono stati subito fagocitati. Una classe di senza arte né parte divenuta costola della sinistra ad insaputa della stessa. La storia, anzi la cronaca, ci racconta quotidianamente “come finì la corsa”, ma incurante dei risultati una certa informazione politica salottiera corteggia i demagoghi di palazzo e li sostiene, ancora, nella loro missione di conquista oltre la zona ZTL.

Se questa è la strada maestra ci abitueremo probabilmente, anche, ai Bandecchi di turno. Questo signore è il patron di un’istituzione culturale privata che sforna laureati, in parte, già entrati con il sostegno popolare nel Parlamento nazionale ed europeo e nella vita sociale e culturale della nazione, senza che qualcuno gli dica che il suo candore linguistico non è alla portata del ruolo che ricopre e mette alla berlina un’intera istituzione, l’Università. Se un preside, un docente, un assistente amministrativo, un collaboratore scolastico sciorinassero un linguaggio simile a quello utilizzato dal divo Grillo e dal Bandecchi patron di un’istituzione accademica privata, verrebbero giustamente indicati al pubblico ludibrio. Nessuna censura, invece, ai nuovi rampanti del potere. Il primo, infatti, continua indisturbato a benedire dall’alto della sua dimensione politica l’“avvocato del popolo” e trova microfoni pronti ad inseguirlo; per il secondo ha provveduto il popolo sovrano della città umbra ad eleggerlo suo primo cittadino, tanto per la missione culturale non ha bisogno di pagare dazio. Anzi, ci ha pensato lui stesso. Tanto con quella lingua farà sicuramente carriera. Ne sono certo.

 

 

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