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venerdì, Marzo 29, 2024
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Quando la filosofia governa l’Impero: Marco Aurelio

Con Marco Aurelio un filosofo è al potere. Infatti, Marco Aurelio, riceve una lunga formazione privata dalle menti più eccelse del tempo. Segue la dottrina filosofica stoica, specialmente lo stoicismo romano che con Seneca ha dimostrato che, pur tra contrasti, filosofia e politica possono convivere nell’interesse dello Stato.

Con il suicidio di Nerone si estingue la dinastia Giulio Claudia e l’Impero rischia di precipitare di nuovo nella guerra civile. Ma si afferma la dinastia Claudia con Vespasiano, già impegnato nelle guerre giudaiche ed imposto dalle sue legioni orientali come nuovo imperatore. Ma il vero pacificatore della complessa vita dell’Impero è Nerva, eletto imperatore all’unanimità dal Senato ormai anziano; Nerva è un ricco senatore patrizio che ha assistito alle lotte tra senato, pretoriani ed imperatori. Senatori condannati a morte, ed espropriati dei loro averi ed imperatori perseguitati dal Senato non contribuivano certo a migliorare la vita dell’impero. Nerva porta la pacificazione: restituisce alcuni poteri giudiziari al Senato, assieme ai beni confiscati così le due principali Istituzioni dell’Impero vivono e lavorano in armonia. Nerva è già vecchio e senza eredi, pertanto decide di adottare Traiano, un brillante generale dell’esercito proveniente dalle legioni spagnole ed allora impegnato a contenere la cronica avanzata delle tribù germaniche, sempre pronte a varcare il limes nordico per invadere l’impero. Traiano, non arriva subito a Roma per prendere il comando dell’Impero, ma prima respinge oltre il limes le tribù germaniche. Ma dopo i germani l’aspettano nuove sfide; deve chiudere i conti con i Daci, bellicosi e valorosi assieme al loro straordinario comandante Decebalo. Roma ha bisogno di uomini e d’oro e la Dacia è vitale per la vita dell’Impero. Dopo la conquista sanguinosa della Dacia, Traiano deve affrontare nuove sfide in Oriente; ne esce vincitore e Roma diventa ricca d’oro e di schiavi. Traiano amministra bene il grande patrimonio conquistato e sul punto di morte adotta Adriano, colto e amante delle arti. Si adopera per abbellire e migliorare la vita civile di Roma e delle provincie, dato che Traiano ha lasciato una situazione florida. Per avere un’idea della cultura e del gusto di Adriano basta visitare la sua villa di Tivoli.  L’impero passa alla dinastia degli Antonini con la figura di Antonino Pio prima e Marco Aurelio dopo. Il primo regna con saggezza e costruisce opere civili: ponti e strade in tutto il territorio dell’impero; migliora la vita nelle province, adotta una politica tollerante verso le minoranze religiose ed ottiene l’appellativo di Pio. Ma è con Marco Aurelio che sembra attuarsi l’antico sogno di Platone: i filosofi al potere. Sì, proprio così; il Governo del più grande impero nelle mani d’un filosofo. Infatti, Marco Aurelio, riceve una lunga formazione privata dalle menti più eccelse del tempo: filosofi, retori, giuristi, greci e latini. Segue la dottrina filosofica stoica, specialmente lo stoicismo romano che con Seneca ha dimostrato che, pur tra contrasti, filosofia e politica possono convivere nell’interesse dello Stato. Nell’ambito del pensiero stoico Marco Aurelio occupa un posto originale che scaturisce dalla sua vita e dai suoi scritti. I Colloqui con se stesso rappresentano un classico di filosofia che, alla pari delle Confessioni di Agostino, sfidano i secoli, e offrono ancora oggi alimento alla vita dello spirito. Quando Marco Aurelio e Lucio Vero prendono il comando dell’Impero la situazione politica e sociale non può godere più di quello stato di pace instaurato da Adriano. Sul confine Orientale sorgono le solite turbolenze dei Parti, e poi l’Impero ha bisogno di schiavi e d’oro. Per questa ragione Lucio Vero parte per l’Oriente con le sue legioni. Raggiunge gli obiettivi, ma i soldati contraggono una peste che poi si diffonde in Occidente e che i più grandi medici del tempo, come Galeno, non sanno combattere. La gente, di fronte alla minaccia della peste si convince che gli dei tradizionali si stiano vendicando, perché trascurati per la diffusione dei nuovi culti. Marco Aurelio, nonostante la sua tolleranza, deve intervenire contro i cristiani. Anche le tribù germaniche si armano nel tentativo di oltrepassare il limes ed invadere l’impero. Di fronte a questa minaccia, l’imperatore in persona deve intervenire con le sue legioni per fermare i barbari. La peste non si ferma, ed anche Marco Aurelio viene contagiato e muore in una tenda. Gli succede il figlio Commodo, dissoluto ed incapace, dando al padre il più grande dolore. Ma qual è il pensiero filosofico di Marco Aurelio? Al centro del suo pensiero c’è l’uomo in rapporto con la realtà universale, con gli altri uomini e gli dei che sono espressione della volontà del cosmo. L’uomo partecipa alla vita vegetativa e a quella razionale, e per questo è in rapporto con il logos universale. Proprietà dell’anima sono l’amore per il prossimo, la verità, la legge, l’accettazione del proprio destino e di tutto ciò che gli dei ci hanno assegnato. Non c’è una sorte migliore per gli uomini, altrimenti gli dei l’avrebbero scelta. Ognuno deve accettare la propria sorte e non scappare di fronte al dovere da assolvere.  Chi cerca di scappare è un fuggitivo.  Ma qual è in sintesi l’insegnamento dell’imperatore filosofo? “Mantieniti semplice, buono, puro, serio, schietto, amante de giusto, timorato di dio, benevolo, affettuoso, energico nell’assolvere i tuoi doveri. Rispetta gli dei, salva gli uomini. La vita è breve; unico frutto della vita terrena una disposizione alla rettitudine e azioni nell’interesse della comunità “. Riprende Seneca ricordandoci che con la morte perdiamo solo quello che possediamo, nell’attimo in cui ci coglie, ossia il presente; il passato non esiste più ed il futuro non ancora.  Con la morte perdiamo poco, ma è in vita che dobbiamo fare il nostro dovere. Tutto ciò che è materiale dilegua rapidamente nella sostanza universale, ogni causa è rapidamente assorbita nella ragione universale, e di ogni cosa il ricordo è rapidamente sepolto nell’eternità. Ma nonostante questo dobbiamo mantenere “imperturbabilità rispetto agli eventi  che derivano da causa esterna; giustizia nelle opere di cui tu sei la causa, cioè, impulso e azione che hanno come fine l’agire per il bene comune perché questo è per te secondo natura.” Marco Aurelio si prefiggeva di dare la felicità al popolo romano, ma la sorte non l’ha permesso; in Oriente i Parti, già respinti da Traiano ripresero le ostilità impegnando le legioni di Lucio Vero. Ma il vero nemico è la peste bubbonica che dai Parti si diffonde nell’esercito romano e poi in tutto il territorio dell’impero dimezzando la popolazione. Marco Aurelio deve fronteggiare la minaccia germanica; Quadi, Marcomanni ed altre tribù sono decise a superare il limes, e persino in Dacia riprendono le ostilità. L’Imperatore affronta questa nuova sfida, nonostante la peste, riuscendo a salvare l’Impero. Anche il governo dei filosofi si deve misurare con le leggi della scienza politica facendo il necessario per salvare lo stato. Pur amando la pace deve fare la guerra e pur professando la tolleranza deve a volte perseguitare i cristiani. La politica ha le sue leggi legate alla realtà effettuale delle cose. Il 175 si diffonde la notizia della morte dell’Imperatore e il governatore della Siria, forse con la complicità della moglie Faustina, si proclama imperatore. Scatta la reazione e l’usurpatore viene eliminato. Marco Aurelio voleva dare la felicità al popolo di Roma, ma le circostanze l’hanno costretto a fare guerre e a morire in un accampamento, addolorato, sapendo di lasciare il comando al figlio Commodo, incapace ed inetto.

Bruno Chinè

 

 

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