Non ci sono parole sul video postato sui social e rilanciato dall’universo mondo dei media locali ma, soprattutto, nazionali. Eppure, oltre a denunciare un fatto grave perché dimostrerebbe come un ospedale sembri essere in balia del nulla, dovremmo ricordare che anche il comune ha responsabilità precise essendo a sua volta responsabile della gestione delle popolazioni canine e feline dotandosi, per questo, di piani adeguati di controllo. Tutto questo, nel dimostrare una sorta di abbandono e di scarsa vigilanza agli ingressi in barba a ogni timore da contagi vari, dimostra anche l’ evidente assenza di azioni comunali dirette a contenere il fenomeno del randagismo. Tuttavia, queste immagini, sono un nuovo, ulteriore e reiterato nel tempo pugno nello stomaco e nella dignità che sembra non albergare nella cosa pubblica calabrese, al di là delle cerimonie sulla legalità altrui o nei racconti di eccellenze del più vario tipo. La realtà impietosa, purtroppo. emerge sempre e con i suoi esempi nonostante si urli senza fare o si scriva per innamoramento di sé, ma non per volontà di cambiare. Ma non solo. Tra fatto e racconto, mostrare le proprie vergogne sembra quasi una operazione di ricerca necessaria di un j’accuse prima e, nel frattempo, dotarsi di un alibi dissociativo da situazioni e condizioni pre-esistenti e resistenti condannando l’altro di sé ma non il proprio se. Credo, per coscienza e conoscenza, che tutte le amministrazioni hanno buone quote- parti di responsabilità e che rispondere al solito TG impietoso nazionale che tali immagini sono “inaccettabili e surreali” aumenti ancora di più lo sconforto, ma non la sorpresa, di chi nel voler pure immaginare un simile evento possa essere convinto che solo in Calabria ciò potrebbe accadere. E, ancora, non solo. Nell’inaccettabilità e surrealità di quanto visto forse, data la sensibilità dimostrata sulla salute in tempi di Covid in Calabria, sarebbe anche il caso di ragionare sui rischi di un randagismo così permeante e penetrante se non sfacciato, direbbe qualcuno poco animalista. Ciò, a tali condizioni, dimostra come contaminarsi non è poi così difficile e che basterebbe una semplice infezione per condannare chi, magari da immunodepresso, cerca cure in strutture sanitarie il cui simbolo di salute è dato dall’indossare una discutibile mascherina. In Calabria, alla resa disarmante dei fatti, non vi sono “cure” da parte di chi ne ha il dovere e l’obbligo nei confronti delle colonie feline e canine. Nello scempio stradale, ad esempio, non vi sono, dopo, rimozioni delle carcasse che marciscono e si seccano sotto il sole o impudritiscono ai margini delle strade con gli inconfondibili odori che dalle siepi si sollevano inesorabili coprendo quel poco di essenza che la natura insiste nel volerci offrire quasi come ultimo ricordo di un Eden da noi rifiutato. E’ disarmante dover ricordare che i comuni sono i primi responsabili nel gestire e contenere tale scempio come, I comuni, sono parti delle Aziende sanitarie e non enti dotati di esenzione. La domanda poi, come sempre e che ci infastidisce, è il perché ciò non avviene in Piemonte, Friuli o in altre regioni d’Italia dove il senso civico nei confronti dei gatti e dei cani è tale ma non evita la gestione del randagismo. Mostrare le immagini è un atto di conoscenza, di denuncia ma a volte può sembrare anche un’autoassoluzione che non può reggere e per un motivo: perché il problema, qualunque esso sia quando si presenta in queste vesti, è un problema di tutti e le colpe non stanno mai solo da una parte… politica. La realtà mostrata, come ha ricordato un commissario, sarà “inaccettabile e surreale”. Ma ad essere inaccettabile e surreale è l’ignavia, la superficialità e lo spreco di risorse che tra enti e autorità a vario titolo nominate, e pronte a gridare allo scandalo con ipocrita meraviglia, questa terra vede consumarsi sulla propria pelle e sulla pelle di coloro che, per colpevole rassegnazione, non trasformano l’indignazione di facciata in una protesta di sostanza.
Randagi in corsia
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