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venerdì, Marzo 29, 2024
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Reggio dopo la condanna del sindaco, Falcomatà anno zero? E Pd in mezzo al guado…

Giuseppe Falcomatà ha dimostrato capacità di incassatore di indubbia fattura, quando ha commentato la sentenza appena emessa dal Tribunale, che lo aveva condannato a un anno e quattro mesi per abuso di ufficio, nel processo “Miramare”. Di lì a poco, come falchi, sono piombati a Reggio Calabria il potentissimo Vincenzo Boccia e il commissario del Pd calabrese e aspirante parlamentare, Stefano Graziano, sua controfigura.

Giuseppe Falcomatà – c’ero anch’io all’aula bunker di viale Calabria – ha dimostrato capacità di incassatore di indubbia fattura, quando, commentando la sentenza appena emessa dal Tribunale, ha continuato a sorridere, rassicurare, imbonendo i cronisti presenti che, “tra qualche giorno e dopo avere discusso tra di noi”, avrebbe comunicato alla Città il nome dei suoi ‘eredi’ alla guida di Palazzo San Giorgio e del dirimpettaio Palazzo Alvaro. Appena il tempo di dettare alle agenzie di stampa il deliberato del ‘sindaco congelato’,e…indietro tutta! già circolavano i nomi dei due sostituti: Paolo Brunetti (Italia Viva) a Palazzo San Giorgio, Carmelo Versace (Calendiano), a Palazzo Alvaro.

Un macigno, roba da blocco intestinale per il Partito Democratico, forte di sette seggi al comune, un terzo dei 21 in totale della maggioranza che ha portato al trionfo al ballottaggio Giuseppe Falcomatà. 

Di lì a poco, come falchi, sono piombati a Reggio il potentissimo Vincenzo Boccia (lo sponsor della disfatta di Amalia Bruni…)  e il commissario del Pd calabrese, e aspirante parlamentare, Stefano Graziano, sua controfigura. 

Ovviamente, a dispetto della vulgata e dei resoconti più o meno interessati e eterodirettiemersi dall’incontro nella sede del Pd di via Filippini, Boccia&Graziano, sollevando cortine fumogene sulle loro vere intenzioni, hanno quasi pregato Peppe Falcomatà a recedere dalla sua ‘mossa del cavallo’ per evitare l’ostacolo (lo scarto di lato descritto da Andrea Camilleri), cioè rivedere i nomi dei suoi sostituti, ottenendo però dal “reprobo e neo-congelato sindaco” solo qualche sorriso di circostanza, e forse qualche parola di comprensione…

Visto l’ingorgo politico-istituzionale nazionale, Boccia&Graziano, a quel punto, si sarebbero limitati solo a prendere atto (e che altro avrebbero potuto fare, novelli ‘gatto e volpe’?) della decisione inaspettata di Falcomatà ben comprendendo che ogni ostilità verso di lui (compresa l’ipotesi della sfiducia o, peggio, dell’espulsione), potrebbe aprire una stagione di veleni e una ulteriore balcanizzazione nel così detto ‘campo largo’, che a conclusione della ‘Leopolda’ renziana, rischia invece di concretizzarsi nella diarchia secca, e perdente, della sommatoria Pd-Cinque Stelle!

E valutati i consensi e la solidarietà inviati a Falcomatà da tutti i più grandi sindaci del nord – da Sala a Gori – e tenuto conto che ormai si eleggeranno al Parlamento ‘solo’ 600 seggi, ben 315 in meno di qualche anno fa, beh, ragazzi il fiatone comincia a interessare tutti e i giochini non reggono più. 

Peppe Falcomatà ha ancora altri assi da giocare politicamente in questa partita, dentro e fuori il Pd, dagli esiti non ancora prevedibili. Ma il punto più fermo che egli ha ottenuto con il suo decisionismo è l’avere attorno a se un ‘nucleo’ centrale di fedelissimi pronti a seguirlo nelle sue scelte (verso l’approdo renzian-calendiano), e le nomine di Brunetti e Versace sono lì a testimoniarlo, lasciando il Pd in mezzo al guado (atavica vocazione…), mentre i tempi dell’amministrazione incombono ai danni dei cittadini.

Domanda: in tutto questo tempo, cari Boccia&Graziano, dopo avere candidato a sindaco Falcomatà, avevate pensato al così detto piano B? Oppure eravate convinti che il sindaco sarebbe stato assolto, così risolvendo per via giudiziaria un immanente ed enorme problema politico? Oppure che si sarebbe accucciato ai vostri piedi???

Il Partito Democratico ha la maggiore responsabilità politica nella vicenda cittadina e regionale.  A Roma hanno preferito la via dei ‘plenipotenziari’,gli stessi che hanno ridotto alla ragione Nicola Irto, autoesclusosi da una vera battaglia politica e consegnandosi alle lusinghe, alle promesse e alle minacce del duo “Boccia&Graziano”, forse pensando di trarre vantaggio dalla sentenza di condanna di Falcomatà, con il quale da tempo marcava evidenti e pubbliche diversità, se non, addirittura, inimicizia politica. Certamente scontri non interamente assorbibili nelle dinamiche di una concorrenza costruttiva per il futuro del Pd e di quanto ancora rappresenta, soprattutto condizionati dallo sguardo sempre attento al come non perdere il ‘rapporto con Roma’. 

Sotto questo profilo, Peppe Falcomatà ha fatto una scelta ‘fine’, probabilmente ponderata da tempo, assegnando i posti di rilievo istituzionale ai suoi uomini e non fidandosi più del recinto del ‘cortile di casa’. 

Il suo orizzonte nel Pd è già concluso e il Pd, se ne ha il coraggio, ne prenda atto e se ne faccia una ragione. Anzi, da ora in poi, i consiglieri comunali reggini del partito di Enrico Letta saranno chiamati ad ulteriori sforzi per non finire ‘sciolti’ anche loro tornando così ai loro impegni domestici, seguiti a ruota dai ‘belligeranti mass-mediologici’ del centrodestra.  

LA SENTENZA  E IL CASO PERNA

La condanna per abuso che ha congelato l’intera prima fila di Palazzo San Giorgio e Palazzo Campanella, esito atteso dopo la condanna in abbreviato dell’ex assessore Angela Marcianò, resta comunque un reato, rispetto al quadro iniziale prospettato dai Pm Ignazitto e De Caria, abbastanza residuale e non di eccezionale gravità. 

Per Falcomatà e i ‘colpiti’ dalla sentenza di condanna, originariamente, la Procura della Repubblica aveva anche ipotizzato il reato di falso, evento gravissimo, poiché configura la volontà di un amministratore pubblico di varare, appunto, un’iniziativa amministrativa deliberatamente costruita su un falso, con l’obiettivo di permettere un abuso e favorire un cittadino o un qualche affare illegale. Il Tribunale, presieduto da Fabio Lauria, ha invece ridimensionato il quadro accusatorio elidendo l’ipotesi più perniciosa per Falcomatà e i suoi boys, ma egualmente condannando gli accusati così finiti nelle maglie della Severino. E la giustizia ha fatto il suo corso, con rara potenza ed efficacia. 

Dopo la sarabanda parolaia della ‘prima ora’ dell’opposizione di centrodestra, a cui si è aggiunta la richiesta di Saverio Pazzano, alleato di Falcomatà al ballottaggio, di convocare il consiglio comunale per discutere una mozione di sfiducia e per questa via giungere ad elezioni anticipate (vanno di moda di questi tempi..), la città continua a vivere in uno stato gassoso (e non per i miasmi che sprigionano i cumuli di spazzatura..), vittima di una continua spada di Damocle, con il forte rischio di isolamento nazionale e di indebolimento nel rapporto con la Regione.

Reggio Calabria non ha una sua forte coscienza civica autonoma dai partiti, tutt’altro. Anzi, i segnali recenti confermano come ci sia rassegnazione sociale e la pervicace volontà di ‘scegliere il cavallo vincente’ per ricevere aiuto per se stessi e per i figli. Una forma di vassallaggio rinforzato che rispetto alla prima Repubblica, dove i partiti e i referenti erano tanti, annichilisce ogni forma di resistenza civica, di partecipazione dei cittadini per la costruzione di un futuro comune. 

Nelle prossime settimane, con il Pnrr, i bonus casa, i programmi per il lavoro, su cui si stava impegnando efficacemente il professore Tonino Perna, vicesindaco dimessosi esternando pesanti accuse a Falcomatà, Reggio Calabria potrebbe finire dentro un gorgo di ‘irresponsabilità’ politico-amministrativa che comprometterebbe ogni parvenza di sviluppo che il quadro nazionale ed europeo sembrano offrire. Tonino Perna non poteva uscirsene in silenzio dalla Giunta municipale senza dare conto del suo pur breve operato ai tanti cittadini e suoi estimatori. Un lavoro preparatorio il suo, orientato a favorire il lavoro e l’inserimento giovanile, che rischia di perdersi nei corridoi del Palazzo di Città. Ci sono treni che non si possono perdere per una comunità troppo sovente vilipesa e sfregiata dalla pessima politica e dalla ‘ndrangheta, una situazione da cui si esce solo imprimendo una marcata azione amministrativa per riportare ordine e qualità della vita nel tumulto della quotidianità. Su questo aspetto, Falcomatà e i suoi boys, dopo sei anni di governo ‘bulgaro’, hanno prodotto poco o quasi nulla. Perché a Reggio Calabria, la vera rivoluzione è la normalità che appare sempre più un miraggio.

Filippo Diano

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