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venerdì, Aprile 19, 2024
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Renato Dulbecco, il medico calabrese premio Nobel

Ripercorriamo la storia del premio Nobel, Renato Dulbecco. Grazie alle sue ricerche, oggi, sappiamo che i tumori sono malattie dai mille volti e che il primo bersaglio per aggredirli è il loro Dna.

Nella giornata di ieri, giovedì 27 Aprile, è nata ufficialmente l’azienda ospedaliera unica “Renato Dulbecco” di Catanzaro. L’azienda, “Dulbecco”, è formata da 855 posti letto, con un fatturato annuo previsto in 400 milioni, l’attivazione di un secondo Pronto soccorso al “Mater Domini”, la suddivisione dei reparti a direzione universitaria e quelli a direzione ospedaliera, la nascita di una nuova scuola di specializzazione per l’emergenza-urgenza, l’attivazione di un polo pediatrico comprensivo di un nuovo reparto di neuropsichiatria infantile e il futuro riconoscimento di Irccs. Essa si appresta a diventare il più grande hub sanitario della Calabria e, probabilmente, uno dei più grandi del Mezzogiorno.

Ma cerchiamo di capire chi è stato Renato Dulbecco e perché si è meritato il premio Nobel della Medicina.

Renato Dulbecco nasce, a Catanzaro, il 22 febbraio 1914, ma a cinque anni si trasferisce in Liguria. Studia al liceo di Imperia e nel 1930, a 16 anni, si iscrive al corso di laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Torino, dove già dal secondo anno, grazie ai brillanti risultati ottenuti, è ammesso come interno all’Istituto di Anatomia diretto dal professore Giuseppe Levi, personalità in vista nell’ambito medico. In questo ambito ha modo di conoscere Salvador Luria e Rita Levi-Montalcini,  con la quale instaurò una profonda amicizia che coltivò tutta la vita. Si laurea in Medicina e Chirurgia a soli 22 anni, nel 1936, con una tesi sulle alterazioni del fegato dovute al blocco nell’efflusso della bile, ricevendo in quest’occasione diversi premi, essendo stato riconosciuto come il migliore laureato dell’università con la migliore tesi. Nel 1939, si sposa con Giuseppina, figlia di un membro del governo fascista. Nel giugno del 1940, l’Italia entra in guerra al fianco della Germania, ed egli è mandato con il suo reggimento a poca distanza dalla frontiera francese, fino al momento dell’armistizio con la Francia. Con il titolo di capo del servizio sanitario della 5ª Divisione fanteria “Cosseria”, parte per la campagna in URSS sul Don, dove il suo reggimento viene praticamente annientato e, soltanto nel marzo 1943, riuscirà a ritornare in Italia. Qui, inizia a frequentare alcune organizzazioni antifasciste clandestine, in particolare il Movimento dei Lavoratori Cristiani, appassionandosi alla vita politica; entra a far parte del CLN della città di Torino, diventando anche membro della giunta popolare guidata dal sindaco Giovanni Roveda, ma constatando le contraddizioni interne all’ambiente politico preferisce tirarsi indietro. Nel 1947, su consiglio dell’ amica Rita Levi Montalcini, si trasferisce negli Stati Uniti per lavorare con Salvador Luria, ormai docente all’università di Bloomington. Nel 1955, compie una scoperta eccezionale: isola il primo mutante del virus della poliomielite, scoperta decisiva per la messa a punto del vaccino a opera di Albert B. Sabin. Negli anni ’60, inizia ad occuparsi dei tumori, esplorando le cause che costringono una cellula sana ad impazzire. I primi sospetti di Dulbecco si concentrano sull’infezione da parte di alcuni virus, che riescono a introdursi nel Dna umano fino a diventarne parte integrante, scombussolandone il corretto funzionamento. Questi virus, chiamati virus oncogeni, riuscivano cioè a trasformare una cellula sana in una cellula tumorale. David Baltimore e Howard Temin, suoi allievi, scoprirono che il trasferimento del materiale genetico del virus nella cellula è opera di un enzima chiamato trascrittasi inversa: questo è il motore molecolare che permette al virus di replicare il suo materiale genetico, che sarà poi incorporato in quello della cellula. Gli oncovirus sono all’origine di molte forme di tumore nell’uomo e la ricerca di Dulbecco ha gettato le basi per comprendere in modo più preciso i meccanismi molecolari attraverso i quali si propagano. Inoltre, il meccanismo con il quale gli oncovirus fanno degenerare una cellula sana in tumorale somigliano molto a quello più generale con cui una cellula degenera. È, grazie a lui, che oggi sappiamo che i tumori sono malattie dai mille volti e che il primo bersaglio per aggredirli è il loro Dna.

Sono state queste ricerche a gettare le basi di quella che oggi è la strategia più avanzata della lotta contro il cancro e che si basa sulla possibilità di identificare le tante mutazioni genetiche che permettono al tumore di sfuggire ai farmaci e di diffondersi nell’organismo. Per questa scoperta, Dulbecco è stato insignito del premio Nobel nel 1975, insieme ai suoi allievi Baltimore e Temin.

Proprio alle basi genetiche dei tumori, in particolare quelli del seno, lo scienziato dedica gli ultimi anni delle sue ricerche, partecipando al Progetto Genoma Umano, progetto internazionale che ha permesso di ottenere la mappa completa del Dna dell’uomo.

Renato Dulbecco muore il 20 Febbraio 2012, a La Jolla, località nei pressi di San Diego, dove risiedeva da anni, colpito da un infarto due giorni prima del suo 98º compleanno.

Montalcini, ha dichiarato del suo amico: “Dulbecco innamorato di me? Si diceva, ma non credo, eravamo molto amici e così siamo rimasti. Un rapporto di amicizia speciale, particolarmente intenso, che è durato tutto il tempo. E che continua anche oggi”. Morirono nello stesso anno, a distanza di dieci mesi l’uno dall’altro, e, con loro, il legame che li unì.

 

 

 

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