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Roccella: Riflessioni a margine del 75° anniversario della Costituzione

Marco Schirripa, Ricercatore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, modererà, domani, venerdì 17 marzo, il convegno “Riflessioni a margine del 75° anniversario della Costituzione: una storia di idee e di passioni”, gli abbiamo richiesto una riflessione sul tema

Marco Schirripa

«Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, un inno di speranza e di fede. Infondato è ogni timore che sarà facilmente divelta, sommersa, e che sparirà presto. No; abbiamo la certezza che durerà a lungo, e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell’esperienza storica. […] E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi – ed i nostri figli – rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili».

Si esprimeva così Meuccio Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione – più spesso chiamata Commissione dei 75 – il giorno dell’approvazione della Costituzione italiana.

Essa venne firmata e promulgata il 27 dicembre 1947 a Palazzo Giustiniani dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola ed entrò in vigore il 1° gennaio del 1948. Il testo fu controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi e dal Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini e sottoposto al visto del Guardasigilli Giuseppe Grassi.

La cerimonia di promulgazione della Costituzione, in sintonia con l’austerità del Presidente De Nicola, viene così descritta da un cinegiornale dell’Istituto Luce: «Sono le ore 17 quando il Presidente della Repubblica prende posto al tavolo della firma. Due calamai, quattro penne da ufficio rievocano la frugalità tra cui sono nate tutte le grandi carte democratiche a cominciare dalla settecentesca e americana Dichiarazione dei diritti».

Le cronache raccontano che De Nicola, un attimo prima di firmare, rivolse ad Alcide De Gasperi queste parole: «L’ho letta attentamente! Possiamo firmare con sicura coscienza».

L’idea di dotarsi di leggi scritte, destinate a regolare la vita di una società nel tempo, ha radici profonde che affondano nell’antichità.

Basti pensare al Codice di Hammurabi o alle Dodici Tavole dell’antica Roma.

L’idea di ‘Costituzione’ è più moderna, letteralmente vuole dire “qualcosa di stabilito” e, in senso giuridico, la Costituzione raccoglie le leggi che regolano i fondamenti di una organizzazione sociale e politica.

Le moderne Costituzioni sono state scritte per fissare dei limiti a chi detiene il potere, per definire le condizioni ed i modi in cui l’autorità deve essere esercitata e per stabilire i diritti dei soggetti nei confronti delle autorità

La metafora che sovente si usa per spiegare il concetto di ‘limiti’ è quella della c.d. “clausola di Ulisse” (il potere sovrano che si auto-limita) e delle corde con cui il re di Itaca si fa legare all’albero della nave per resistere al canto ammaliatore delle sirene.

Così come Ulisse decide di farsi legare all’albero per difendersi da se stesso, dai suoi desideri e dalle sue passioni più forti, allo stesso modo le ‘corde’ della Costituzione rappresentano un limite ad ogni forma di potere, sicché nessuno ne può disporre in modo illimitato, neanche il popolo che, infatti, esercita la sua sovranità «nelle forme e nei limiti della Costituzione» (art. 1 Cost.).

Per quanto attiene al concetto dei diritti degli individui nei confronti dell’autorità, si pensi alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, che all’art.16 recita: «Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha Costituzione».

Si può dire che le Costituzioni moderne nascono come una sorta di patto sociale tra chi detiene il potere, e si impegna a rispettare e garantire i diritti, e i soggetti di questi diritti, che riconoscono l’autorità in quanto si vincola al rispetto del patto. Da questo punto di vista, gli albori delle Costituzioni possono individuarsi nella Magna Charta inglese del 1215, il primo documento a garanzia delle libertà individuali in cui venivano riconosciuti per iscritto i diritti dei feudatari, della Chiesa, delle città inglesi e degli «uomini liberi» (escludendo dunque i servi della gleba) nei confronti del sovrano d’Inghilterra, limitandone i poteri.

Nella maggioranza assoluta dei casi, dunque, le Costituzioni nascono per sancire l’inizio, spesso originato da eventi rivoluzionari, di una nuova fase di una società quale insieme organizzato di individui.

Così è stato per la Costituzione italiana del 1948, sorta quale espressione del profondo movimento di reazione al regime fascista e ai disastri bellici che ne derivarono, e scritta grazie al lavoro dell’Assemblea Costituente, eletta il 2 giugno del 1946.

In quella data si svolse, infatti, il referendum sulla forma istituzionale dello Stato, che con il voto popolare condusse alla nascita della Repubblica e alla elezione di un’Assemblea Costituente, a conclusione di un complesso periodo di transizione segnato dalle azioni di movimenti e partiti antifascisti e dall’avanzata degli alleati in un Paese diviso e devastato dalla guerra.

Gli italiani, e per la prima volta le italiane, convocati alle urne per scegliere tra Repubblica e Monarchia e per eleggere i componenti dell’Assemblea Costituente (556 deputati) cui spetterà il compito di redigere la nuova carta costituzionale, furono chiamati a cooperare alla fondazione di una idea di cittadinanza repubblicana che trovò nella Costituzione una delle massime espressioni.

La Costituzione è, dunque, un prodotto della politica, intesa nel suo senso più alto. È frutto di un compromesso giuridico-politico di altissimo respiro che ha fuso le diverse culture politiche del tempo (la cattolica, la comunista, la socialista, la liberale, l’azionista, la repubblicana), dimostrando che la politica può essere anche una cosa bella.

I 139 articoli e le 18 disposizioni transitorie e finali da cui è composta la Legge fondamentale della Repubblica, sono scritti in un italiano scorrevole ed elegante, anche grazie al lavoro di un gruppo di letterati cui fu sottoposto il testo prima della sua approvazione finale.

La Costituzione italiana ha una sua architettura: i primi dodici articoli sono raggruppati sotto il titolo “Principi fondamentali”, ed esprimono le basi essenziali su cui poggia l’intero edificio costituzionale suddiviso in due parti: la prima dedicata ai Diritti e ai Doveri dei Cittadini e, quindi, alla posizione degli individui e dei gruppi e ai loro rapporti con gli apparati pubblici (rapporti civili, etico-sociali, economici e politici); la seconda parte è dedicata all’Ordinamento della Repubblica, vale a dire all’organizzazione e all’attività dei poteri pubblici, è qui che si trovano le norme che disciplinano il Parlamento, il Presidente della Repubblica, il Governo, la Magistratura, le Regioni, Provincie e Comuni ed, infine, le Garanzie costituzionali.

Volendo individuare l’inquilino principale dell’edificio costituzionale, esso non è altro che la persona umana, il soggetto attorno al quale si incentrano diritti e doveri.

Nella Costituzione italiana, l’espressione ‘persona umana’ appare due volte: nell’art.3 comma 2 e nel secondo comma dell’art.32. La lettura delle due norme inquadra il principio personalista quale cardine dell’ordinamento costituzionale, al cui centro vi è, per l’appunto, non lo Stato, ma l’essere umano, di cui lo Stato si impegna a garantire il pieno sviluppo ed il cui rispetto non può essere, in nessun caso, violato dalla legge (come scrisse Giorgio La Pira durante i lavori dell’Assemblea costituente: «l’uomo ha valore di fine e non di mezzo»).

Oggi, la generazione che ha voluto e scritto la Costituzione è ormai tramontata. La stragrande maggioranza dei cittadini italiani è costituita da persone nate quando la Costituzione era già in vigore e i partiti e le esperienze politiche da cui essa ha tratto origine sono scomparsi.

È cambiato il mondo ed è cambiata l’Italia ma le idee di fondo che rappresentano il patrimonio costituzionale non sono tramontante.

È questo che fa della Costituzione italiana non un documento cristallizzato nel tempo dei 75 anni trascorsi ma un codice di vita politica e istituzionale.

Gli articoli da cui è composta contengono le idee e le passioni che animarono i Quaderni dal carcere di Gramsci, la fondazione clandestina della Democrazia Cristiana a Milano nel 1942, il Non Mollare dei fratelli Rosselli, il Manifesto di Ventotene scritto da Altiero Spinelli e i suoi compagni, la Critica di Benedetto Croce.

La Costituzione è qualcosa di vivo e di vitale in costante evoluzione, ben lungi dal rappresentare una vecchia eredità a cui sta stretta ogni proposta di innovazione.

Come tutte le cose umane, la Carta non è perfetta e non è immodificabile. Del resto, nel corso di questi 75 anni essa è stata emendata diverse volte attraverso l’apposita procedura di revisione costituzionale – nel 2001 riformandosi addirittura un intero Titolo, il V, della Parte II su Regioni, Province e Comuni e, da ultimo,  nel 2022, con la legge costituzionale 7 novembre n. 2, recante “Modifica all’articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 2022 – ma resta in assoluto una delle migliori Carte del mondo, tant’è che ad essa si sono ispirate diverse Costituzioni successive.

E tuttavia, vale la pena ricordare il grande giurista Arturo Carlo Jemolo che, il 2 gennaio del 1948, all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana italiana, scriveva: «se dietro ogni garanzia costituzionale non c’è una forza vigile, non ci sono cuori caldi, la Carta sarà travolta dal fatto».

La Costituzione è, infatti, un programma per più generazioni che racchiude l’anima e la storia comune dell’Italia ma che, al contempo, contiene anche promesse non mantenute, e addirittura dimenticate.

Basti pensare al fine rieducativo della pena (art.27) o al diritto di accesso all’istruzione fino ai livelli più alti per i capaci e meritevoli anche se privi di mezzi (art.34), per constatare che il divario tra costituzione formale e costituzione vivente è ancora esistente.

Ancora, la Costituzione non è sempre riuscita a contenere i poteri dello Stato nell’ambito loro assegnato. Ha consentito l’esondazione del potere giudiziario in quello legislativo, in quello politico e in quello esecutivo; del potere esecutivo in quello legislativo; del potere legislativo in quello amministrativo.

Bene, quindi, festeggiare i 75 anni di vita della Costituzione italiana, ma che l’occasione serva anche per rinfocolare il patriottismo costituzionale nazionale e per dare piena attuazione al programma scritto nel 1946-47, a partire dalla rimozione degli ostacoli che limitano libertà, uguaglianza, sviluppo della persona e partecipazione all’organizzazione del Paese (art. 3 Cost.).

Di tutto ciò si parlerà a Roccella Jonica, a partire dal 17 marzo, durante i cinque appuntamenti pregevolmente organizzati dall’amministrazione comunale per dialogare, insieme ad illustri relatori, su come essere “Cittadini di sana e robusta Costituzione”.

Il primo incontro verterà sui primi due articoli della Costituzione, sui quali relazioneranno il prof. Guerino D’Ignazio (Ordinario di Diritto Pubblico Comparato presso l’Università della Calabria), il prof. Antonino Spadaro (Ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria) e il prof. Tommaso Edoardo Frosini (Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, già Vice-Presidente del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche e Presidente dell’Associazione di Diritto Pubblico Comparato ed Europeo).

 

  • Università Mediterranea di Reggio Calabria

 

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