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giovedì, Ottobre 10, 2024
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Traffico internazionale di rifiuti. Al vertice dell’associazione un 56enne di Locri

Un’associazione per delinquere il cui promotore sarebbe un 56enne originario di Locri titolare di imprese operanti in Italia e all’estero attraverso un’azienda di recupero, trattamento e commercio di metalli ferrosi con sede legale in Milano.

Diciotto le misure cautelari personali in corso di esecuzione nell’ambito dell’operazione ‘Black Steel’, la maxi operazione congiunta del Gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Milano e dell’Ufficio Federale di Polizia Criminale (BKA) di Monaco di Baviera (Germania), nel quadro delle indagini condotte dalla Procura di Milano, dalla Procura di Monaco e dalla Procura di Reggio Calabria.

L’operazione è in corso dalle prime luci dell’alba, sul territorio nazionale (Lombardia, Piemonte e Calabria) e in Germania.

Il provvedimento scaturisce da una complessa e articolata attività investigativa, convenzionalmente denominata “Black Steel”, condotta dal Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Milano e coordinata dalla Dda di Milano, supportata da attività tecnica (intercettazioni telefoniche e ambientali), nonché da servizi di osservazione, controllo e pedinamento, che ha consentito di raccogliere gravi indizi relativi all’esistenza di un’associazione per delinquere il cui promotore, un 56enne originario di Locri titolare di imprese operanti in Italia e all’estero attraverso un’azienda di recupero, trattamento e commercio di metalli ferrosi con sede legale in Milano.

Più nel dettaglio, i carabinieri del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Milano hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal gip di Milano nei confronti di 18 persone (6 ordini di custodia cautelare in carcere, 8 arresti domiciliari e 4 sottoposti all’obbligo di dimora presso il comune di residenza) ritenute responsabili di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (rifiuti speciali costituiti da rottami ferrosi ed altri rifiuti speciali anche pericolosi, auto-riciclaggio, riciclaggio, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori: avrebbe ripetutamente approvvigionato ingenti quantitativi di rifiuti ferrosi “in nero”, per un ammontare di 165.000 mila tonnellate circa, da altre società operanti nel campo del recupero di rottami o direttamente dal mercato clandestino al fine di poter reimmettere tali rifiuti sul mercato legale e rivenderli alle acciaierie. Inoltre avrebbe fatto risultare falsamente di averli importati dalla Germania, acquistandoli da una società tedesca sempre a lui riconducibile, ma che in realtà sarebbe una società cartiera.

A fronte di (false) fatture emesse dalla società tedesca, avrebbe eseguito  versamenti di consistenti somme di denaro, circa 90 milioni di euro, apparentemente a titolo di corrispettivo per gli acquisti (che si ritiene in realtà non siano mai avvenuti) dei rifiuti ferrosi. Unitamente ad altri affiliati avrebbe poi fatto rientrare in Italia le somme versate, dopo aver effettuato prelievi in contanti (anche fino a 900mila euro al giorno) presso i conti correnti in Germania o dopo averle “girate” su altri conti correnti riconducibili ad altre società di logistica ritenute fittizie, anche in altri Paesi, riconducibili sempre all’organizzazione. Riottenuta la disponibilità di quanto bonificato, le somme venivano reimpiegate nel traffico illecito di rifiuti o, una volta “ripulite”, reinvestite in altre attività tra le quali l’acquisto di una squadra di calcio piemontese militante in serie C, il Novara Calcio spa, poi rivenduta prima di essere sottoposta a fallimento.

I rifiuti, sia che fossero stati regolarmente acquistati o che fossero stati approvvigionati illegalmente e rimessi sul mercato legale tramite il modus operandi sopra descritto, venivano rivenduti direttamente alle acciaierie/fonderie (o a commercianti di rottami ferrosi) facendo risultare che fossero stati sottoposti a operazioni di recupero presso impianti dell’organizzazione che gli avessero fatto perdere la qualifica di rifiuti. In realtà, secondo quanto emerge dalle indagini, per ridurre ancora notevolmente i costi e massimizzare i profitti illeciti, tali operazioni non sarebbero mai avvenute e i rifiuti sarebbero stati trasformati solo documentalmente in “non rifiuti” (end of waste) attraverso la compilazione fraudolenta di fittizie dichiarazioni di conformità e di documenti di trasporto (DDT) ideologicamente falsi, emessi da società le quali sugli stessi non avrebbero eseguito alcun trattamento, ma si sarebbero limitate a simularlo.
Allo stesso modo il sodalizio avrebbe gestito illecitamente considerevoli volumi di rifiuti speciali anche pericolosi, classificandoli fittiziamente al fine di mascherarne la reale natura e, omettendo l’esecuzione delle necessarie operazioni di recupero, li avrebbe avviati illecitamente presso discariche o impianti non autorizzati all’estero. Nel dettaglio, tra gennaio 2020 e marzo 2021, circa 6.500 tonnellate di rifiuti provenienti dal trattamento e recupero di cavi impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre sostanze pericolose sarebbero stati ritirati da un impianto di trattamento rifiuti situato nel comune di Arcisate (VA) e classificati fraudolentemente come “non pericolosi” (plastica e gomma), senza aver eseguito le prescritte analisi.

I militari del Noe hanno sottoposto a sequestro preventivo ai fini della confisca le quote e i beni di 2 compendi aziendali, materiale informatico – computer, memorie di massa e telefoni cellulari in uso agli indagati – nonché i conti correnti e i beni di proprietà, fino al raggiungimento per equivalente della somma ritenuta profitto del reato (pari a circa 90 milioni di euro), sia in Italia sia in Germania.

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