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martedì, Aprile 30, 2024
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La pace è la via. Pensieri di un anarchico

Gli accademici e i teorici della pace ci hanno spiegato che il mondo è in cammino verso una cultura della pace. Ci hanno spiegato che verrà il giorno in cui la terra e i suoi governi troveranno i modi per risolvere tensioni e conflitti attraverso le mediazioni, accogliendo le reciproche richieste e ripudieranno definitivamente il mezzo della guerra.

Se ci credete davvero, se pensate sul serio che verrà il giorno in cui la pace ci giungerà calata dall’alto, non avete capito nulla, né della pace, né dei potenti.

Inutile aspettarsi che i governanti ci diano la pace perché il governo, il potere, asseta e provoca dipendenza, è un demone che controlla meccanismi che trascendono il singolo individuo.

Inutile aspettarsi che i sapienti, gli intellettuali, i teologi, ci portino alla pace: ce la potranno spiegare, disegnare, indicare, raccontare; ma dopo, di fronte al conflitto, avranno troppi altri scenari da dover comprendere, spiegare, razionalizzare, dovranno cercare le vie della giustizia, raccontarci dove si trova il bene e dove si trova il male, indicarci la saggia via del minore male possibile. Saranno troppo presi dalla responsabilità che si sentono addosso di farci da maestri, di farci da padri.

La pace non potrà che partire dal basso.

La pace non potrà che partire da noi.

Se non avete realizzato questo non avete capito nulla di Gandhi, non avete capito nulla di Aldo Capitini, non avete capito nulla di Walter Wink.

La pace arriverà in modo semplice il giorno in cui, un soldato, poi due, poi trecento, poi diecimila, in un attimo, si rifiuteranno di combattere, boicotteranno le armi, si rifiuteranno di assassinare il proprio simile che hanno di fronte.

Perché oggi tutti lo sanno. Non possiamo più dirci ignoranti. La guerra la fanno i soldati, non i potenti. I potenti blaterano e raccontano menzogne. È il soldato che spara, è il soldato che si rifiuta di sparare. La retorica del dovere dell’obbedienza si è rivelata da gran tempo come la bufala che è.

Lo dico prima di tutto a noi italiani, a noi calabresi, casomai, domani, uno dei nostri sapienti e dei nostri padri decidesse che sia tempo per noi di andare a sparare. Rifiutiamoci di farlo, semplicemente.

E se pensate che questa mia sia utopia, allora non avete capito quanto utopia sia la vostra…

Daniele Mangiola

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