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giovedì, Maggio 2, 2024
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Ed ora portiamo la sanità sul territorio

Bruno Chinè ripropone questo suo articolo sulla sanità scritto durante l’epoca covid e che, nonostante il tempo trascorso, rimane spaventosamente attuale, sintomo di una situazione che non è mutata col passare degli anni.

Bruno Chinè

È passata tanta acqua sotto i ponti da quando Tiberio Evoli, con vero spirito missionario, lavorava alacremente, assieme ad altri pionieri, per creare a Melito Porto Salvo un moderno ospedale per curare la povera gente fino allora affidata al medico di famiglia. Per fortuna i medici avevano una buona professionalità, anche perché, quasi tutti, provenivano dall’università Federico II di Napoli, allora all’avanguardia in Italia per gli studi di medicina. Tiberio Evoli è riuscito nel suo intento, così com’è riuscito, molti anni dopo, il Commendatore Guido Candida che, lavorando da solo, ha creato a Locri un ospedale moderno ed efficiente. Dopo questa fase pioneristica abbiamo avuto quella guidata dalla politica che ha creato un sistema sanitario moderno ma ha commesso tanti errori specialmente dopo la istituzione delle regioni. Non è riuscita mai a disegnare un servizio sanitario efficiente e senza sprechi. Sono sorti ospedali come funghi: Siderno, Gerace, Polistena, Gioia Tauro, Palmi, Taurianova. Quanti sprechi ed inefficienza! Ma nessuno parlava. Si era arrivati al punto che ogni cittadina calabra reclamava l’ospedale. Per fare che cosa? Abbiamo dovuto aspettare l’arrivo di una pandemia per capire che la nostra sanità, pur per alcuni versi efficiente, va ripensata e ricostruita. A parte le attrezzature che spesso nei nostri ospedali mancano, o non sono funzionali, è il concetto dell’ospedalizzazione del malato che va superato, e l’abbiamo visto di recente. Gli ospedali devono servire per curare quelle malattie che non possono essere curate altrimenti, ed i medici le conoscono bene. Tutti gli altri ammalati devono essere curati nelle loro case, evitando il trauma, specialmente per gli anziani, di dover lasciare la famiglia per essere ospedalizzati. Recentemente abbiamo avuto un documento di centomila medici che si sono pronunciati per la deospedalizzazione possibile, portando la sanità sul territorio. I nemici della salute oggi e nel futuro sono e saranno virus e batteri; dobbiamo attrezzarci per combatterli con la massima efficienza evitando gli sprechi ed i problemi umani ed economici legati ai ricoveri. Se poi consideriamo che abbiamo una popolazione di anziani, con problemi sanitari dovuti all’età, non è difficile capire che molte patologie possono essere curate a domicilio, consentendo agli ospedali maggiore specializzazione. Ma come? Ripensando e ridisegnando la nostra sanità sul territorio con criteri efficientistici e non politici. Certo bisogna sentire i Sindaci che conoscono il loro territorio e per il resto bisogna dare la parola ai medici. Per attuare questa riforma occorre ridisegnare la sanità: occorrono nuove strutture territoriali, medici ed infermieri specializzati, tecnici, attrezzature sanitarie, soldi che oggi lo Stato non ha ma attingere dal MES europeo; ma molto più importante che la nostra classe politica creda in una sanità rinnovata senza dare nuovo spazio ai privati. All’ospedale devono arrivare quei malati che non possono essere curati a casa. Tra strutture territoriali ed ospedaliere bisogna creare collaborazione, facendo nascere anche lo spirito di emulazione, cosa non difficile se usiamo i moderni mezzi telematici. Ovviamente occorre investire in risorse umane e in attrezzature necessarie; ma il momento è favorevole. Il MES può finanziare il progetto che deve essere fatto da professionisti che conoscono le tematiche sanitarie ed il territorio. I redattori del progetto devono avere come interlocutori soltanto i Comitati dei sindaci e le organizzazioni che operano sul territorio. Ovviamente il personale medico e paramedico deve essere scelto in base ai titoli necessari per le funzioni cui è chiamato. La preparazione del personale deve avvenire coi fondi statali. Certo non bisogna perdere tempo. La Governatrice Santelli, incominci la sua opera di ricostruzione della Calabria partendo dalla sanità. Dimostri coi fatti che dopo anni di sonno è arrivata la sveglia. Ci sono tutte le condizioni favorevoli per una svolta epocale. Non si lasci prendere dalla tentazione di usare i soliti pannicelli caldi tirando a campare.

Nota dell’autore: 

Questo articolo è stato scritto ai tempi della governatrice Santelli, quando il covid imperversava incontrollato su tutto il Paese mietendo vittime, ma è ancora di piena attualità perché la sanità passata la pandemia è rimasta quella di prima. In Calabria, nonostante l’impegno del nuovo governatore On. Occhiuto non è migliorata, anzi il territorio ha perduto servizi. Il Nostro Parlamento non ha voluto usare i fondi europei del MES per rinnovare la sanità adeguandola alle esigenze dei tempi, per cui oggi l’ASL Locri- Siderno non è nemmeno in grado di assicurare il trattamento domiciliare di fi fisioterapia ai portatori di handicap e agli ammalati invalidi non autonomi. O meglio il servizio c’è ma viene erogato a singhiozzi: due mesi di terapia e poi bisogna aspettare il prossimo turno che non si sa dopo quanto tempo arriverà. I medici del servizio dicono che mancano i terapisti ed i pazienti sono molti. Ma è possibile che non si trovino i soldi per assumere due terapisti? Sanno tutti che in Calabria come nel resto del Paese la popolazione è invecchiata e ha bisogno di cure domiciliari; stampa e media hanno più volte ribadito che servono medici, infermieri e fisioterapisti, ma i vari Governi che si sono alternati sono stati sordi ed oggi gli anziani muoiono spesso per cadute dovute alla mancanza d’un supporto riabilitativo; altri, in seguito a cadute, vanno in ospedale e lo Stato per curarli spende di più. Avevamo una ottima sanità con medici preparati, ma oggi dobbiamo ricorrere ai cubani perché i nostri sono pochi e vanno all’estero o nelle strutture private perché il pubblico paga poco. Il medico di famiglia su cui si basava un tempo l’assistenza è quasi scomparso. La sanità è ridotta al lumicino per i tagli decennali; ora lo Stato deve fare la grande riforma o deve dire ai cittadini che il servizio sanitario nazionale è finito. I soldi si possono trovare ma devono essere spesi bene per creare un’assistenza efficiente e dal volto umano. Oggi chi non ha soldi non si può curare. Nelle more che arrivino i terapisti L’Asl deve assegnare le scarse risorse tenendo conto dei reali bisogni di ogni paziente handicappato o non autonomo, dopo aver verificato sul campo la reale situazione di ognuno  con visite di medici fisiatri e e terapisti.

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