fbpx
mercoledì, Maggio 15, 2024
spot_img
HomeApprofondimentiIl Ponte sullo Stretto e la questione meridionale

Il Ponte sullo Stretto e la questione meridionale

Lorenzo Fascì, della segreteria nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista ci parla del Ponte sullo Stretto e dell’inutilità della sua realizzazione.

Il Ponte sullo Stretto è un’opera inutile, non affronta le criticità della condizione del sistema di trasporti nel Mezzogiorno e ha un pericoloso impatto ambientale. Serve solo ad arricchire le grandi imprese di costruzione e l’apparato che ruota attorno alla progettazione.

Se si dovesse dar credito agli annunci che scorrono sui mass media nazionali, ogni cittadino che vive nel mezzogiorno dovrebbe essere super contento.

Tralasciando le decine di slogan che abbiamo ascoltato negli ultimi 50 anni, basta qui ricordare le parole che, con enfasi, hanno pronunciato il ministro Salvini ed il sottosegretario alle Finanze per rendere entusiasti tutti.

Ha sostenuto solo pochi giorni fa il sottosegretario al Mef: “il progetto esecutivo c’è ed i fondi ci sono. Si partirà con il cantiere l’anno prossimo (2024) con un primo finanziamento di 2 miliardi”.

Il ministro Salvini poi, recentissimamente, ha affermato: “Il progetto ha l’obiettivo di unire l’Italia all’Europa” e, di seguito, ha tranquillizzato anche i meridionali più scettici, ricordando che: “nel comitato tecnico-scientifico che dovrà accompagnare l’opera vi saranno anche geologi”.

Insomma, tutto è pronto e, stando agli annunci, lavoreranno 100.000 persone e la Sicilia sarà collegata al continente.

Ma, passata l’euforia del momento i meridionali si domanderanno: ma come mai un “leghista” purosangue, il capo dei leghisti, si interessa tanto del sud sempre vituperato ed è disposto ad investire cifre immense del Bilancio dello Stato?

A ben vedere, la storia del Ponte sullo Stretto più che un’opera strategica straordinaria rappresenta uno specchietto per le allodole.

Infatti, da quando nel lontano anno 1971, l’allora governo Colombo approvò la legge n. 1158 che autorizzava la creazione di una società di diritto privato a capitale pubblico, concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stabile viario e ferroviario, sono trascorsi oltre 50 anni ed oltre 40 anni dalla costituzione della società concessionaria Stretto di Messina SpA.

Nel 1992 fu presentato dal primo governo Berlusconi, il progetto preliminare definitivo.

Nell’ottobre 2005, durante il terzo governo Berlusconi, l’Associazione temporanea di imprese Eurolink SCpA. venne nominata “contraente generale per la costruzione del Ponte con un’offerta di 3,88 miliardi di euro.

Il 4 novembre dello stesso anno, la Direzione Investigativa antimafia mise il Parlamento italiano a conoscenza dei tentativi di Cosa Nostra di interferire sulla realizzazione del Ponte, con conseguente avvio di un’inchiesta al riguardo.

Nel 2007 (10 aprile), con l’insediamento del nuovo governo Prodi, tutto l’iter si bloccò nuovamente.

Il governo Berlusconi IV, annunciò di volere riprendere nuovamente l’iter del progetto di costruzione del Ponte; infatti, a gennaio 2009, riconfermò il suo impegno a realizzare l’opera da concludersi nel 2016, prima dell’allora previsto completamento dell’“Asse ferroviario 1″ della Rete ferroviaria convenzionale trans-europea Ten-T in cui il Ponte è (era) considerato fondamentale insieme al tunnel del Brennero.

Il 2 ottobre 2009 la Stretto di Messina SpA impartì al contraente generale l’ordine di iniziare l’attività di progettazione definitiva ed esecutiva ed il ministro Matteoli parlò della “peculiare valenza europea” del Ponte sullo Stretto, “essendo un importante tassello del Corridoio 1 Berlino-Palermo, già approvato dal Parlamento europeo nel 2004”.

Il 29 luglio 2011 Matteoli comunicò l’avvenuta approvazione del progetto definitivo da parte del Consiglio di Amministrazione della Società Stretto di Messina.

Ma, nell’ottobre 2011 l’Unione Europea non incluse il Ponte sullo Stretto tra le opere pubbliche destinate a ricevere finanziamenti comunitari.

Il 27 ottobre il Parlamento deliberò “la soppressione dei finanziamenti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina”. La mozione fu approvata con 284 favorevoli e con l’astensione della maggioranza Pdl (con alcune eccezioni: votò a favore della soppressione l’attuale ministro Guido Crosetto).

Il 30 settembre dell’anno successivo Corrado Clini, ministro dell’ambiente del governo Monti, dichiarò: “Non esiste l’intenzione di riaprire le procedure per il Ponte sullo Stretto di Messina, anzi al contrario, il governo vuole chiudere il prima possibile le procedure aperte anni fa dai precedenti governi e per farlo deve seguire l’iter di legge”.

Si arriva così ai giorni nostri.

Il 26 gennaio 2023 il governo Meloni dichiarò che i lavori sarebbero partiti entro il 2024.

Il 16 marzo 2023 il governo Meloni approvò la riattivazione della società concessionaria Stretto di Messina SpA (che era stata posta in liquidazione nel 2013) e il riavvio della procedura di progettazione esecutiva del Ponte sullo Stretto di Messina. Il Decreto “salvo intese e approfondimenti tecnici”, ottenne l’approvazione della Camera dei deputati il 13 maggio 2023.

Il 24 maggio 2023 il Senato approvò il Decreto-Legge dando il via libera alle attività di pianificazione e progettazione dell’opera.

  1. Riportando un poco d’ordine nella tortuosa vicenda di cui ci stiamo occupando, è importante segnalare che rispetto ai “Corridoi (assi infrastrutturali) strategici” delineati nei primi anni 2000, la Commissione Europea, da circa 10 anni, ha abbandonato l’interesse verso il Corridoio 1 (Mediterraneo-Mare del Nord) privilegiando assi orizzontali (Francia-Paesi dell’Est), inversione di tendenza probabilmente determinata dall’entrata nella Comunità Europea dei paesi dell’Est Europeo.

Quindi, la costruzione del Ponte sullo Stretto non è più inclusa – da oltre 10 anni – tra le opere strategiche per l’Europa; tanto che la Commissione non lo ha più considerato tra le opere destinate a ricevere finanziamenti comunitari.

  1. Il fondo sovrano di Pechino, che nel 2012 aveva offerto la disponibilità a cofinanziare il Ponte, ha ritirato l’offerta.
  2. Il progetto, per quanto è dato sapere, non ha ancora completato l’iter burocratico-amministrativo, cioè deve essere approvato il progetto esecutivo.
  3. Sempre per quanto è dato sapere, la costruzione del Ponte non è coperta da quella sicurezza tanto strombazzata dal governo. I geologi, in epoche diverse, hanno sempre manifestato serie perplessità sulla stabilità del punto di appoggio del pilone di sostegno del Ponte dal lato della Calabria. Infatti, l’innesto del detto pilone è previsto in un costone sito tra Scilla e Bagnara; e cioè uno dei territori più esposti a rischio sismico (passa la faglia tettonica proprio in quel punto), con l’aggiunta che quei costoni sono ad alto rischio idrogeologico.
  4. Il Ponte dovrebbe essere realizzato ad un’altezza notevole (oltre 60 metri sul livello del mare) onde poter consentire l’attraversamento delle grandi navi merci dirette al porto di Gioia Tauro, anche se ciò nel futuro non sarà sufficiente per consentire il passaggio delle grandi navi che avranno altezze superiori, con danni enormi per il porto di Gioia Tauro. Inoltre, lo Stretto è interessato da varie correnti; in particolare il vento di scirocco che ha una forza identica alla bora a Trieste. Quali vibrazioni andrebbe a provocare al Ponte? Per chi è pratico sa bene cosa significa, per cui nei giorni di scirocco non si potrebbe attraversare il Ponte.
  5. L’innesto dello svincolo per attraversare il Ponte è previsto all’altezza di Gioia Tauro; il che significa che chi abita a Reggio Calabria dovrebbe risalire la Calabria per poi tornare indietro (una specie di “U” insensata).
  6. Una simile opera andrebbe a stravolgere paesaggi, terreni, centri abitati; davvero una “aberratio” da un punto di vista ambientale.
  7. Il punto di appoggio del pilone lato Sicilia andrebbe a ricadere nel quartiere Ganzirri. Qui vi è un grosso centro abitato; un intero quartiere dovrebbe essere evacuato e spostato (dove?). Il punto di caduta dello svincolo lato Messina andrebbe a finire nella parte alta di Messina, tanto che per collegarla all’attuale autostrada per Catania o Palermo gli automezzi dovrebbero fare un lungo cammino e, per realizzare il nuovo tracciato, si dovrebbero evacuare e demolire decine e decine di abitazioni, (vedi foto n. 2).

Ma c’è di più. Ganzirri è un borgo sostanzialmente costruito sull’acqua in quanto il mare si è, negli anni, insinuato sotto quella fascia di territorio.

  1. Ma la vera questione di fondo è un’altra: spendere enormi cifre per il Ponte sullo Stretto quando sia nella Regione Sicilia che

nella regione Calabria mancano autostrade degne di questo nome ed in generale la viabilità viaria e ferroviaria è rimasta ferma a cento anni orsono, sembrerebbe come aver creato un castello isolato in mezzo al deserto.

Soprattutto la Sicilia ha bisogno di linee ferroviarie moderne (allo stato quasi inesistenti) e di autostrade del tutto mancanti.

Ma vale lo stesso per la Calabria.

  1. Tant’è che, ormai da anni, l’agricoltura ed il mondo produttivo siciliano hanno scelto di movimentare le merci via mare, utilizzando grandi traghetti merci che da Palermo trasportano i container fino a Salerno, Napoli; quando da Palermo, Mazara del Vallo si può arrivare direttamente a Napoli in una notte, costruire un Ponte sullo Stretto lasciando l’attuale sistema infrastrutturale uguale è inutile e non crea alcun risparmio di tempi rispetto all’attraversamento dello Stretto con le navi.
  2. Per cui, se davvero il governo a trazione leghista vuole investire risorse straordinarie per il Mezzogiorno, allora le utilizzi per ammodernare le infrastrutture viarie e ferroviarie della Calabria e della Sicilia (il treno Reggio Taranto impiega 6 ore; in Sicilia praticamente non c’è rete ferroviaria e per arrivare da Palermo a Messina occorrono ad un camion 4 ore).

Questa scelta sarebbe davvero epocale e sarebbe idonea a superare il gap che è insito nella “Questione Meridionale”.

  1. E invece, cosa fa il governo? Decide (notizia di pochi giorni fa) di ridurre drasticamente il Fondo di sviluppo e coesione destinato alla Regione Calabria ed alla Regione Sicilia (oltre un miliardo a Regione) per investirlo nella costruzione del Ponte. Si tratta di quei fondi che lo Stato eroga alle Regioni ad economia depressa per perequare le differenze con le Regioni più ricche. Per la Calabria, che ha il 75% del suo bilancio investito nella Sanità, significa chiudere ospedali, ridurre posti letto, ridurre i servizi di welfare. Significa creare le condizioni per un ulteriore impoverimento di queste due regioni.

Tant’è che il presidente della Regione Sicilia (il presidente della Regione Calabria ha fatto finta di girarsi da un’altra parte) ha protestato vigorosamente contestando la scelta e i cittadini siciliani e calabresi sono scesi in piazza a protestare.

Cioè, la creazione del Ponte, anziché creare sviluppo, diventa una ulteriore causa di sottosviluppo.

Questo è – o sarà, semmai si farà – il Ponte sullo Stretto; intanto una cosa è certa: crea sottrazione di risorse anziché nuovi investimenti!

Pertanto, per le ragioni esposte, contrastiamo con forza tale scelta e proveremo a costruire una serie di iniziative, coinvolgendo la popolazione di Messina e di Reggio Calabria, volte a dimostrare che non è il sogno dei meridionali avere il Ponte sullo Stretto.

Il sogno dei meridionali è, invece, quello di avere risorse straordinarie per realizzare un sistema di infrastrutture moderno; avere un sistema sanitario efficiente; avere asili-nido; avere insomma un sistema sociale che stia al pari delle regioni più sviluppate, e per questo continueremo a batterci.

Calabria e Sicilia hanno bisogno di ponti che leghino culture diverse, non slogan pubblicitari vuoti ed addirittura dannosi per il loro territorio.

 

- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
ARTICOLI CORRELATI
- Spazio disponibile -

Le PIU' LETTE

- Spazio disponibile -