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martedì, Maggio 21, 2024
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Il suicidio annunciato del centrosinistra

Bruno Gemelli

Senza entrare nel merito delle beghe localistiche che attraversano il Partito democratico in Calabria, si resta stupiti come il partito di Elly Schlein sia tanto autolesionista da sembrare un fantasma vagante nel labirinto dei perché.

Si legge sulla stampa che il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, uscito di recente da una vicenda giudiziaria che lo ha riguardato, abbia fatto una nuova giunta estromettendo dalla stessa il suo partito. Avrà avuto le sue ragioni. Qualcuno dice che i contrasti fanno riferimento al duopolio Falcomatà-Irto, altri fanno risalire il dissidio a differenti valutazioni sulla conduzione del governo cittadino.

Sta di fatto che i dem sono molto bravi a farsi male da soli. Ed è tanto vero questo assunto giacché il disagio non è solo a Reggio ma in tutta la Calabria, dove esiste una situazione asimmetrica. Il Pd è minoranza nella regione ma “governa”, direttamente o indirettamente, in tre capoluoghi di provincia su cinque; ossia Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza. A Crotone c’è una situazione post-grillina molto incerta, mentre a Vibo Valentia governa la destra che è in grossa difficoltà, ma potrebbe rivincere per le liti a sinistra come vedremo più avanti. In Calabria, ma forse in tutta Italia, la sinistra in generale e il Pd in particolare, sono vittime consapevoli del vecchio adagio “chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane”. Una figura retorica che indica come chi abbia il pane, cioè i voti, non abbia i denti, cioè la classe dirigente; e, a rovescio, l’esatto contrario. Questa appare la situazione oggi.

Sino a ora tutti gli appuntamenti elettorali, qui e fuori di qui, hanno arriso alla destra, confermando l’asimmetria in atto. Il caso di Vibo Valentia, dove si voterà a maggio per il rinnovo del Consiglio comunale, fa scuola. Tutti gli indicatori segnalano come la sindaca uscente, Maria Limardo, sia in grosse difficoltà, aprendo, teoricamente, un’autostrada all’opposizione di centrosinistra che, però, non si mette d’accordo per una candidatura unitaria.

Di contro bisogna ammettere che lo stesso centrosinistra è molto bravo a spaccare il capello in otto.

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