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mercoledì, Aprile 24, 2024
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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 4 giugno.

Accadde che:

1783 (238 anni fa):i fratelli Montgolfier compiono il primo volo umano in mongolfiera, trasformando per sempre il modo in cui l’uomo avrebbe pensato non solo il modo di viaggiare, ma la sua stessa natura. I due fratelli sono conosciuti in tutto il mondo come i creatori del primo mezzo, che ha permesso all’essere umano di librarsi nel cielo. È da loro, infatti, che la mongolfiera prende il suo nome. Vissuti nella Francia del 1700, da sempre coltivavano la passione per le invenzione tecniche. La storia narra che fu Joseph, guardando il camino scoppiettare e le scintille salire verso l’alto, ad ipotizzare che il fumo della combustione della legna fosse più leggero dell’aria. Tuttavia, fu la necessità della guerra a spingere alla sperimentazione per poi arrivare alla scoperta. Immaginando un metodo per attaccare dall’alto la fortezza di Gibilterra, Joseph costruì dei piccoli cubi di taffetà con base aperta ed accese, sotto di essi, dei fuochi di carta. Quando vide che questi cubi si sollevavano da terra e non si fermavano se non a causa del soffitto, Joseph chiese immediatamente al fratello Étienne di procurarsi della taffetà e delle corde, ed insieme cominciarono a lavorare al progetto della prima mongolfiera. Dopo alcuni mesi studio realizzarono un pallone sferico in tela molto sottile, ma dal volume impressionante (790 m3). In questa prima dimostrazione il pallone, che fu fatto volare senza equipaggio di fronte ad un gruppo di importanti notabili, percorse 2 km in 10 minuti e raggiunse l’altezza di circa 2000 metri. La notizia di questo successo arrivò subito a Parigi, alle orecchie del re Luigi XVI, che fu incuriosito ed entusiasta dell’invenzione. Per questo motivo, il 19 Settembre del 1783 Joseph ed Étienne proposero una nuova dimostrazione del loro pallone volante nel giardino del palazzo di Versailles, di fronte a Luigi XVI, a Maria Antonietta e ad una folla immensa di spettatori. Stavolta, però, a bordo della mongolfiera erano presenti i primi aeronauti: un gallo, un’oca e una pecora. Nonostante un primo momento di instabilità, durante il quale la mongolfiera si inclinò e molta aria calda fuoriuscì dal pallone, il volo fu un successo e gli animali tornarono a terra sani e salvi. Dai primi voli del 1783, il pallone volante dei fratelli Montgolfier ha continuato ad affascinare e ad incantare tutti gli esseri umani.

1913 (108 anni fa): Emily Davison, una suffragetta, viene calpestata durante una manifestazione di protesta, ponendosi davanti al cavallo del re Giorgio V, ad Anmer, durante il Derby di Epsom e morirà pochi giorni dopo, senza aver ripreso conoscenza. Nelle immagini dell’epoca la si vede slanciarsi verso il cavallo per afferrarne le briglie e, certamente, aveva con sé la bandiera viola, bianca e verde del WSPU. Chi intendeva screditarla sostenne che avesse cercato volontariamente la morte, proponendosi come martire per la difesa della causa delle suffragette: movimento di emancipazione femminile, nato per ottenere il diritto di voto per le donne. Le sue compagne di lotta e le persone che più le erano vicine invece hanno sempre affermato che la sua intenzione fosse quella di attaccare la bandiera del movimento alle briglie del cavallo del re, per farla sventolare fino al traguardo, dando così grande visibilità alla causa del movimento, in occasione di un avvenimento mondano tra i più importanti della Gran Bretagna. Una sofisticata analisi dei cinegiornali dell’epoca e una dettagliata ricerca della storica Maureen Howes su materiale d’archivio anche inedito, escluderebbero l’ipotesi della ricerca del martirio da parte della ragazza. Il re si interessò subito alla sorte di cavallo e fantino, manifestando disappunto per la giornata rovinata. Herbert Jones, il fantino che cavalcava il cavallo, subì solo un lieve trauma cranico nell’incidente, ma rimase a lungo sconvolto per l’episodio, continuando a lungo a rivedere il volto della donna. La cerimonia funebre, che attirò moltissime persone, ebbe luogo a Londra il 14 giugno 1913. Nella lapide, posta sulla sua tomba, reca lo slogan WSPU, “Fatti, non parole”.

Scomparso oggi:

1994 (27anni fa): muore a Lido di Ostia (Roma) Massimo Troisi attore, regista, sceneggiatore e cabarettista italiano. Nato a San Giorgio a Cremano (Napoli) il 19 febbraio 1953 è stato il principale esponente della nuova comicità napoletana, nata agli albori degli anni Settanta, soprannominato «il comico dei sentimenti» o il «Pulcinella senza maschera», considerato uno dei maggiori interpreti nella storia del teatro e del cinema italiano.  Formatosi sulle tavole del palcoscenico, istintivo erede di Eduardo e di Totò, accostato anche a Buster Keaton e Woody Allen, cominciò la sua carriera assieme agli inossidabili amici del gruppo “I Saraceni, divenuto “La Smorfia” con Lello Arena e Enzo Decaro. Il successo del trio fu inatteso e immediato e consentì al giovane Troisi di esordire al cinema con “Ricomincio da tre” nel 1981, film che decretò il suo successo come attore e come regista. Dall’inizio degli anni Ottanta, si dedicò esclusivamente al cinema interpretando dodici film e dirigendone quattro. Malato di cuore sin dall’infanzia, morì, a soli 41 anni, per un fatale attacco cardiaco, conseguente a febbri reumatiche; il giorno prima aveva terminato la sua ultima pellicola, “Il postino” per il quale sarebbe stato, qualche tempo dopo, candidato ai premi Oscar come miglior attore e per la miglior sceneggiatura non originale. Alla vigilia del “Postino”, Troisi era tornato in America dal chirurgo, che già una volta l’aveva operato in gran segreto al cuore agli inizi della carriera. Sapeva di non poter affrontare il doppio sforzo dell’ideazione e dell’interpretazione (nonostante avesse lasciato la regia a Michael Radford per arrivare alla fine delle riprese), ma scelse di non risparmiarsi, rassegnato ad andare incontro al suo destino. Troisi adoperò uno stile inconfondibile, che esaltava una capacità espressiva sia verbale, sia mimica che gestuale con la quale riusciva a unire ruoli prettamente comici a quelli più riflessivi. Indicò al cinema italiano una via per un’escursione rivitalizzante, con in più uno sguardo molto attento alla società italiana, ed alla Napoli successiva al terremoto del 1980, alle nuove ideologie, al femminismo, all’autoironia crescente e all’affermazione della soggettività individualista. Con lui nacque la nuova tipologia napoletana di antieroe, la vittima dei tempi moderni, un personaggio che riflette tuttora i dubbi e le preoccupazioni delle nuove generazioni. Di lui il suo amico Lello Arena dirà: “Un genio, più di Einstein, perché è entrato nella vita delle persone comuni. Poi un amico, un fratello, una guida. Quando è morto mi sono detto che avrei fatto di tutto per non farlo dimenticare. Mi sto accorgendo che non serve: la gente lo ama ancora e lo amerà per sempre.”

 

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