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sabato, Aprile 20, 2024
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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 12 Giugno.

Accadde che:

1942 (79 anni fa): Anna Frank riceve un diario come regalo per il suo tredicesimo compleanno e, subito, inizia a confidare a quelle pagine tutte le sue speranze, le sue paure e i suoi tormenti di ragazzina: “Spero che sarai per me un gran sostegno”, scriveva quel giorno. Un piccolo dono che si sarebbe presto trasformato in un documento storico di preziosa importanza. Pagine bianche destinate a raccogliere la testimonianza diretta, viva e autentica dell’orrore perpetrato dal regime nazista a danno degli ebrei, durante il corso della seconda Guerra Mondiale. La sua famiglia fu vittima della persecuzione nazista e in seguito alle leggi razziali emanate nel ’33 da Hitler, come molti ebrei, abbandonarono la Germania per trovare un rifugio sicuro. Pertanto si trasferirono ad Amsterdam, lì vissero in clandestinità per due anni, nella casa sul retro sopra gli uffici di una ditta in Prinsengracht 263. A loro, dopo pochi giorni, si aggiunse la famiglia Van Pels e a novembre il dentista Fritz Pfeffer. Il diario di Anna racconta la vita nell’alloggio segreto, due anni vissuti nel terrore di essere scoperti e catturati dai nazisti. L’apparente tranquillità della quotidianità e le speranze di una nuova vita. Il suo racconto s’interrompe bruscamente nell’agosto del 1944, quando la sua famiglia viene arrestata e portata nel campo di concentramento di Auschwitz e di qui a quello di Bergen Belsen. Sarà il padre, unico sopravvissuto, a pubblicare il diario della figlia. Alcuni amici di famiglia riuscirono a salvare gli appunti scritti da Anna all’interno dell’alloggio segreto, consegnandoli poi al padre, che ne curò la pubblicazione avvenuta ad Amsterdam nel 1947, col titolo originale “Het Achterhuis (Il retrocasa). Nel 2009 l’UNESCO ha inserito “il Diario di Anna Frank” nell’Elenco delle Memorie del mondo. Oggi Anna avrebbe compiuto 92 anni se non fosse morta all’età di 16 anni, nel campo di concentramento, contraendo il tifo esantematico.

1987 (34 anni fa): il presidente americano Ronald Reagan sfida pubblicamente Michail Gorbačëv ad abbattere il Muro di Berlino, pronunciando la frase: “Tear down this wall” (Abbatta questo muro!), durante un discorso tenuto presso la Porta di Brandeburgo, in occasione dei 750 anni di Berlino. Costruito nel 1961, il Muro di Berlino divenne noto come un simbolo della contrapposizione Est-Ovest. Il presidente Reagan nel 1987, visitò Berlino per la seconda volta in cinque anni, durante un momento di accresciuta tensione, causata in particolare dal dibattito sul posizionamento di missili statunitensi a corto raggio in Europa. Il discorso presidenziale usò il muro come metafora per le differenze ideologiche ed economiche tra Est ed Ovest e la famosa frase era la logica conclusione per proposte inoltrate. Tuttavia, l’inserimento di questa frase fu fonte di controversie all’interno dell’amministrazione Reagan, diversi membri dello staff sconsigliarono di menzionare il muro, affermando che ciò avrebbe provocato ulteriori tensioni col blocco sovietico e avrebbe messo in imbarazzo Gorbačëv, con il quale il presidente americano aveva costruito un buon rapporto. Fu soprattutto Peter Robinson, speechwriter della Casa Bianca, che si recò preventivamente in Germania Ovest per sondare il ritorno positivo del discorso, ad insistere per introdurre la frase e Reagan approvò.  Nel 1987 il discorso ricevette una copertura mediatica relativamente modesta, Dalla parte orientale della cortina di ferro l’accoglienza al discorso fu fredda, ma ventinove mesi dopo, il 9 novembre 1989, il muro di Berlino cadde.  Nel settembre 1990 Reagan, ormai decaduto dalla carica di presidente, tornò a Berlino e diede alcune simboliche martellate ad un pezzo di muro ancora in piedi. A distanza di vent’anni il quotidiano tedesco “Bild ha affermato che quel discorso cambiò il mondo.

Nato oggi:

1918 (103 anni fa): nasce a Maratea (Potenza) Giuseppe Reale intellettuale e politico, da considerarsi a tutti gli effetti calabrese di adozione e vocazione. Ha vissuto e operato a Reggio Calabria dove, con inflessibile energia, ha diretto la rivista “Parallelo 38”e la prestigiosa Collana: “Calabresi nel mondo”. La Accademia di Belle Arti, il Conservatorio Musicale, l’Università per stranieri “Dante Alighieri” sono sue creature. È stato deputato della Democrazia Cristiana per quattro legislature, a partire dal 1958, sindaco di Reggio Calabria per soli sei mesi nel 1993, nel turbolento periodo politico che seguì all’arresto e alle rivelazioni di  Agatino Licandro. Muore a Reggio Calabria il 18 maggio 2010. La città ha dedicato una strada alla memoria di una delle personalità che ha lasciato una traccia profonda nella vita culturale e istituzionale di Reggio Calabria. Attraverso il suo pensiero e le sue azioni, Giuseppe Reale indicò ai reggini un modo di costruzione del futuro, spesso sconosciuto alla nostra società.

 

 

 

 

 

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