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La “Mannaia” di Ministri e Prefetti

Negli ultimi anni il numero di scioglimenti si è incrementato in maniera esponenziale, quando la responsabilità politica del dicastero dell’Interno è stata assunta da personalità provenienti dalla carriera prefettizia o che, comunque, hanno sempre mantenuto stretti legami con gli ambienti della sicurezza pubblica. Il record è stato battuto dal calabrese Marco Minniti con lo scioglimento, in meno di un anno e mezzo, di ben 38 comuni, di cui 18 nella sua regione di origine.

Negli ultimi tempi, soprattutto in Calabria, è sempre più vivo ed animato il dibattito sulla misura dello scioglimento dei comuni per infiltrazioni o condizionamenti di tipo mafioso.

A partire dalla lettera aperta che, nel dicembre del 2017, 51 Sindaci della Città Metropolitana di Reggio Calabria hanno inviato all’allora Ministro dell’Interno Marco Minniti, si sono moltiplicate in tutte le sedi le iniziative finalizzate a mettere in luce, da un lato, l’eccessivo ricorso al commissariamento per mafia da parte del governo e, dall’altro, le numerose criticità applicative che rendono spesso inefficace, se non addirittura dannoso, uno strumento introdotto in via d’urgenza trent’anni fa in un contesto sociale e istituzionale molto diverso da quello attuale.

L’impellente necessità di sottoporre a profonda revisione l’istituto dello scioglimento per infiltrazioni o condizionamenti di tipo mafioso attualmente disciplinato dall’articolo 143 del TUEL, oltre ad emergere dai frequenti interventi pubblici di politici, sociologi e finanche di magistrati inquirenti, si coglie dal proliferare delle iniziative legislative finalizzate a modificare le norme attualmente vigenti che, con accenti e con sensibilità differenti, sono tutte accomunate dall’intento di attenuare l’automatismo tra scioglimento e archiviazione, prevedendo soluzioni mediane che contemperino meglio le esigenze di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico e i diritti democratici degli elettori e degli eletti.

Tuttavia, leggendo le varie proposte di modifica depositate in Parlamento, appare chiaro come spesso, anche in sede legislativa, vi sia un approccio superficiale al problema, con il prevalere di analisi semplicistiche e poco aderenti alla realtà.

Difatti, anche nelle aule del Parlamento in troppi continuano a ritenere, in maniera del tutto erronea, che lo scioglimento di un consiglio comunale possa essere disposto solo in conseguenza dell’accertamento di situazioni di effettiva infiltrazione o di reale condizionamento degli organi politici da parte della criminalità organizzata. In realtà, da diverso tempo ormai, il Ministero dell’Interno e la giurisprudenza amministrativa ritengono che il commissariamento per mafia rappresenti una misura “Preventiva” che può essere decretata ogni qualvolta si ritenga “Più probabile che non” il pericolo di infiltrazione o di condizionamento.

Ciò significa che, utilizzando le stesse parole che ricorrono ormai con triste frequenza nelle sentenze di rigetto dei ricorsi proposti dagli amministratori “Sciolti per mafia”, «l’accertata e notoria diffusione nel territorio della criminalità organizzata e le precarie condizioni di funzionalità dell’ente si configurano come condizioni necessarie e sufficienti per disporre lo scioglimento del Consiglio Comunale».

L’impressione che si trae dall’analisi retrospettiva dell’istituto è che, onde soddisfare la legittima domanda di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza contro le mafie che proviene dal paese, la giurisprudenza abbia creato le condizioni affinché le autorità preposte a questo compito possano agire con la più ampia libertà di manovra ed abbia perciò elaborato una serie di principi idonei ad essere riempiti di significato concreto a seconda delle necessità e delle esigenze politiche del momento.

Si tratta di una deriva che, se incontrollata, rischia però di diventare assai pericolosa, in quanto l’estrema facilità con cui oggi è possibile disporre il commissariamento di un comune può diventare funzionale agli interessi opachi di quell’Apparato Antimafia a cui ha fatto recentemente riferimento il giornalista Alessandro Barbano in una manifestazione pubblica dedicata all’argomento.

Del resto, che si possa modulare l’utilizzo dello strumento dello scioglimento a seconda delle direttive emanate dal governo o delle sollecitazioni provenienti dalle Prefetture lo si ricava dall’analisi dei dati statistici relativi ai commissariamenti.

Difatti, dopo il picco raggiunto nei primi due anni di vigore della norma (1991-1993) con i Ministri Scotti e Mancino, che nel periodo della cosiddetta “Mafia stragista” hanno disposto lo scioglimento di ben 73 comuni, nel ventennio successivo è stata mantenuta una media annua di scioglimenti compresa tra un minimo di 3 (nel 1995) e un massimo di 13 (nel 2005). Un’improvvisa quanto inspiegabile impennata del numero dei commissariamenti per mafia si è invece registrata nel 2012, a seguito della nomina a Ministro dell’Interno del Prefetto Rosanna Cancellieri, che in neanche 18 mesi ha sciolto ben 37 enti, di cui 17 in Calabria.

Dopo la parentesi di Angelino Alfano, con il quale i numeri sono tornati nella media ante Cancellieri, c’è poi stato l’exploit del calabrese Marco Minniti, che ha battuto ogni record con lo scioglimento, in meno di un anno e mezzo, di ben 38 comuni di cui 18 nella sua regione di origine.

La media si è di nuovo abbassata con il governo Conte 1, in concomitanza con la presenza al Ministero dell’Interno di Matteo Salvini, che ha commissariato 19 comuni in 15 mesi, per schizzare nuovamente in alto quando alla guida del Viminale si è insediato il Prefetto Luciana Lamorgese che, sino ad oggi, in 24 mesi di mandato ha già decretato lo scioglimento di 42 pubbliche amministrazioni, tra cui le Aziende Sanitarie Provinciali di Reggio Calabria e Catanzaro.

Come si vede, negli ultimi anni il numero di scioglimenti si è incrementato in maniera esponenziale quando la responsabilità politica del dicastero dell’Interno è stata assunta da personalità provenienti dalla carriera prefettizia o che comunque hanno sempre mantenuto stretti legami con gli ambienti della sicurezza pubblica. Si tratta solo di una coincidenza?

Pasquale Simari

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