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Ma la Locride ce l’ha un sogno?

In attesa che la Locride si agganci saldamente a Frecce, Jet e navi mercantili, che rifiorisca l’ospedale di Locri, che la 106 si trasformi in arteria di vita. Dalla Locride bisogna sognarlo un sogno. E la politica della Locride, se esiste, deve strutturare un progetto di futuro. Questo è il momento in cui si possono evitare le partenze future. Questo è il momento in cui ogni Locrideo deve metterci il suo. Cosa sogna di diventare la Locride?

Occhiuto dice “basta sole e mare e borghi”, la Calabria ha bisogno di un piano industriale che punti alla logistica, ruotando attorno al porto di Gioia Tauro, potenziandolo, attrezzandolo; modernizzando la rete viaria, ferroviaria, aeroportuale; ricostruendo (costruendo dal principio) il sistema sanitario. E chi pianifica per vaste aree la deve avere una visione d’insieme, porsi obiettivi generali. Poi, le vaste aree sono sempre un costrutto di comprensori, mosaici risultati di tante tessere. E per dirla banalmente: una casa sfida il tempo se tutte le sue componenti si assemblino in un progetto unico, se ogni mattone si posi in funzione di sostegno al tetto. Ora, tifando perché Occhiuto realizzi il piano che ha presentato, e per una volta, comunque la si pensi, il piano c’è; ogni micro area dovrebbe fare il suo, per il quadro generale, per sé stessa. Mettiamo che la Regione realizzi le infrastrutture, costruisca un treno generale a cui agganciare i vagoni locali. Negli scompartimenti della Locride, cosa si metterà dentro? “Basta sole e basta mare, basta borghi”, lo si può dire in termini di strategia portante, non lo si può dire relativamente alle peculiarità locali. E pure se in passato sole, mare e borghi, hanno rappresentato il 20% del Pil regionale, spesso sono stati utilizzati in funzione retorica, a volte illusoria. Forse si potrebbe dire “basta sole, mare e borghi, come elemento di folklore”, ma regioni come la Calabria non possono farne a meno. Sono elementi vitali per le micro aree. E ognuno parte da quello che ha. In attesa che la Locride si agganci saldamente a Frecce, Jet e navi mercantili, che rifiorisca l’ospedale di Locri, che la 106 si trasformi in arteria di vita. Dalla Locride bisogna sognarlo un sogno. Dal territorio bisogna disegnarlo un progetto, costruire un vagone da agganciare a un treno che pur se per ora è solo immaginario, qualora arrivasse su file parallele e lucide di binari, che al momento non ci sono, e marciasse silenzioso spinto da motori elettrici, senza gli attuali sbuffi neri del diesel. Cosa sogna di diventare la Locride? Se sogna il mare, i depuratori debbono funzionare. Se sogna il turismo, deve attrezzarsi di capacità ricettive. Se sogna i borghi, bisogna rimetterli in sesto. E bisogna costruirli i circuiti intorno alle Nereidi di Casignana; a cingere i Draghi di Kaulon; a scovare Persefone a Locri. E questo vale se si sogna il vino, l’olio, il bergamotto. Ogni sogno va strutturato, se no, all’alba si dissolve, proprio come i sogni. E la Locride sembrava che avesse il sogno del cinema, la Santelli sognava la lunga serialità che gravitasse intorno a Gerace. Il sogno lo aveva affidato a Minoli, perché costruisse nella Locride l’industria del cinema: il lavoro per due-tremila ragazzi, che su una popolazione di poco più di centomila persone non è sogno da poco. Ma pure questo è finito nella categoria delle promesse tradite, a cui la Locride è avvezza, senza che nessuno si prenda la briga, almeno, di spiegare. Perché la Locride no? Ecco, la politica nasce per questo, per provare a realizzare le cose fattibili, non i sogni. E la politica della Locride, se esiste, deve strutturare un progetto di futuro. Lo deve fare non per viaggiatori solitari, ma con un percorso comune a tutti i teatri locali. Questo è il momento in cui ci sono le risorse disponibili. Questo è il momento in cui si possono evitare le partenze future. Questo è il momento in cui, consiglieri, sindaci, imprenditori, associazioni, singoli. E il momento in cui ogni Locrideo deve metterci il suo.

Gioacchino Criaco

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