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sabato, Luglio 27, 2024
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Manifestare dissenso in Parlamento. Diritto o facoltà?

Pubblichiamo questo articolo, precedente al discorso di Zelensky al Parlamento italiano, un articolo ricco di spunti di riflessioni interessanti: “Due vergogne come l’antisemitismo e il genocidio non possono e non debbono essere utilizzate in questa vicenda, le cui radici nulla hanno a che fare con i sedici secoli di antisemitismo trascorsi dopo la dichiarazione del Cristianesimo religione di stato e le prediche di San Giovanni Grisostomo, né con lo sterminio pianificato nella Conferenza di Wansee”.

Domani Zelensky parlerà al Parlamento italiano in seduta comune. Gran comunicatore, e con eccellenti speech writers. Nei discorsi dei giorni scorsi ai Parlamenti di Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania e Israele, ha sempre avuto la citazione giusta e appropriata, sia pure con una eccezione. È probabile che troverà anche nella nostra storia patria esempi che corroborino l’esistenza di storici nessi tra Italia e Ucraina. In fin dei conti, l’opera che ha reso famoso Gogol’, e forse anche quella seconda parte bruciata una settimana prima della sua morte, fu scritta in buona parte in Italia, come ricorda a Roma una lapide in Via Sistina, allora Via Gregoriana.

È da supporre che non ricorderà, sarebbe di cattivo gusto, che il nostro inno nazionale recita che “l’Aquila d’Austria … il sangue d’Italia e il sangue polacco bevé col cosacco”. Epoca di fratellanza italo-polacco-ungherese, le nostre guerre d’indipendenza, che difficilmente può allargarsi all’indipendenza ucraina che ha tutt’altra storia. Né che ricorderà che il Regno d’Italia, con una popolazione di circa 26 milioni di abitanti, schierò alla frontiera dello Stato Pontificio, 50000 soldati che poi avrebbero invaso quello stato sovrano pochi giorni dopo. Analogie della storia: anche Vittorio Emanuele II aveva la certezza che la potenza garante dell’indipendenza dello Stato Pontificio, la Francia, sconfitta a Sedan la settimana prima, non sarebbe intervenuta.

Vedremo che dirà Zelensky. Come si vive in Italia l’attesa per il suo discorso? Strano paese il nostro. Con contraddizioni. Appoggio verbale quasi incondizionato all’Ucraina e 70% di contrari a inviare armi. Acquirente del gas russo usando l’unica banca russa che permette pagarlo, ma strenuo difensore delle sanzioni alle altre.

Era noto che alcuni parlamentari di diversi partiti politici, sono critici riguardo la seduta di domani. Provocatoria senza dubbio, la posizione di chi, confondendo la guerra con la par condicio, ha suggerito invitare anche Putin, ma che fare se qualcuno volesse dissentire con qualche fischio?

Un lungo articolo su Tiscali News afferma che sarebbe “imbarazzante” per il Governo italiano.

È stato scritto che l’interruzione al discorso di Putin allo stadio sia stata dovuta a dei fischi. Altre note di stampa hanno affermato che quel pubblico era una claque pagata. Affermazioni forse contraddittorie. Comunque, se fischi ci sono stati, le conseguenze non paiono essere state pari a quelle della Plaza de Toros di Bogotà, il 5 febbraio del 1956, per i fischi di una settimana prima a Maria Eugenia, figlia del dittatore Rojas Pinilla.

A quanto leggo, il problema non si porrà. I possibili dissenzienti avrebbero deciso, autonomamente per carità, di non essere presenti. Scelta autonoma? In tal caso non esprimo opinione. I parlamentari ci rappresentano senza vincoli. Lo garantisce l’articolo 67 della nostra Costituzione repubblicana. Però…  però leggo anche che per risolvere il problema possa essere stata influente, se non determinante, la moral suasion dei capigruppo che li avrebbero convinti dell’inopportunità di manifestare il dissenso in quella seduta e dell’opportunità quindi di una loro assenza.

Un precedente parlamentare esiste. Certo non da esserne fieri. Nove senatori non parteciparono a una seduta del Senato del Regno perché si paventava che potessero fare qualche “dimostrazioncella”. Dopo quella seduta, poi, non è chiaro se l’invito permanesse vigente, come credeva Badoglio, o no, come credeva Thaon di Revel, nuovo presidente del Senato, ma questa è un’altra storia. Anche quel 20 dicembre 1938 si temeva un intervento fuori dal coro di Vito Volterra, con successivo abbandono del’Aula. Altri tempi?

In guerra sono inevitabili limitazioni. In questo caso ne dubito. Ha Zelensky bisogno di essere convinto di poter contare in Italia su un appoggio unanime? La verità, non dirò che è rivoluzionaria, per non essere accusato di veterocomunismo gramsciano, è alla base di un corretto rapporto dialettico in una democrazia e, nel caso di relazioni internazionali chiarisce che cosa ci si possa aspettare da un paese. Voler dare l’immagine di un’Italia, unanime, quando unanime non è, ricorda una vecchia storia di vacche viaggiatrici nel nostro Meridione. Di quella la responsabilità fu attribuita a solerti funzionari di una organizzazione regionale, di questa lo sarebbe ad un’autorità di ben altra rilevanza.

Come spesso accade, il nostro problema particolare viene ingigantito. Diventa il problema del giorno e si attende che diranno, dopo l’intervento di Zelensky, il presidente Draghi e i presidenti delle due Camere.

Di fronte a tale gigantesco problema, dal quale dubito dipenda l’esito della guerra in Ucraina, l’articolo di Tiscali News, 1510 parole senza contare titolo e occhiello, liquida con due parole, “Paragone sbagliato” e giustifica, attribuendolo ad una difficoltà di concentrazione, il confronto con la Shoah che Zelensky ha fatto nel suo discorso alla Knesset. Dall’altra parte Putin, in un discorso in TV, ha paragonato le sanzioni occidentali ai pogrom antisemiti.

Due vergogne come l’antisemitismo e il genocidio non possono e non debbono essere utilizzate in questa vicenda, le cui radici nulla hanno a che fare con i sedici secoli di antisemitismo trascorsi dopo la dichiarazione del Cristianesimo religione di stato e le prediche di San Giovanni Crisostomo, né con lo sterminio pianificato nella Conferenza di Wansee.

Galileo Violini

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