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giovedì, Aprile 18, 2024
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Seduto sulla sponda del fiume

La notizia ormai è a conoscenza di tutti anche perché ne hanno parlato finanche i telegiornali delle reti nazionali: la moglie dell’ex Prefetto di Reggio Calabria e attuale Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione è stata sottoposta all’obbligo di dimora a seguito di un’indagine dei Carabinieri della Provincia di Foggia sulla piaga del caporalato.Di più non è dato sapere al momento.

Diceva Confucio: -Non meditar vendetta ma siediti sulla sponda del fiume e aspetta.-

E a me questo aforisma è tornato subito in mente -d’emblèe, direbbero i ben parlanti- stamane appena ricevuta la notifica sul telefonino.

Per chi non ricordasse, Michele Di Bari (il Capo Dipartimento di cui si è detto) durante il periodo in cui reggeva le sorti della Prefettura di Reggio Calabria fu la figura originaria che determinò lo scioglimento dell’Amministrazione Comunale di Marina di Gioiosa Jonica guidata da Domenico Vestito e della quale faceva parte anche chi scrive.

Le motivazioni avanzate dal Nostro al Ministro dell’Interno, tale Salvini, si basavano su elementi di una inconsistenza disarmante. Tra tutte spiccavano per inanità la partecipazione di un assessore ad un torneo di calcetto in memoria di un giovane morto per tumore e la mancata demolizione di un fabbricato abusivo che altre Amministrazioni e terne commissariali precedenti, ugualmente, non avevano demolito.

Talché il TAR del Lazio, criticando con dovizia di obiezioni la procedura seguita dalla Prefettura, aveva smontato riga per riga l’intero castello accusatorio.

Sentenza, tuttavia, impugnata dall’Avvocatura dello Stato, e che portò al definitivo scioglimento per mano del Consiglio di Stato di quell’Amministrazione “per condizionamento mafioso”.

Definizione che da queste parti qualunquissima Amministrazione non potrebbe non vedersi assegnata.

Dirò subito che non mi interessa parlare del fatto che la legge che prevede una misura del genere non dia la possibilità a chi viene sottoposto a indagine di difendersi fin da subito né, tanto meno, mi interessa evidenziare che, per adottare una misura così estrema, sia sufficiente il sospetto -non per forza provato, dunque- che gli accusati siano veramente colpevoli.

Mi interessa, semmai, cercare di capire a causa di quali avverse coincidenze un Prefetto si sia potuto accorgere, in un tempo, delle malefatte, peraltro non comprovate, di amministratori comunali la cui libertà non fu mai costretta e, in un altro, invece, non abbia neanche percepito che qualcuno a lui vicino abbia tenuto comportamenti (qualora e se li abbia tenuti) che interessassero, nel frattempo,  i tutori dell’ordine.

Mi interesserebbe, inoltre, che qualcuno mi spiegasse se sono sufficienti gli anni di servizio prestati in Calabria perché egli abbia acquisito una tale conoscenza da indurlo a configurare la nostra Regione come la quintessenza della criminalità organizzata come scrive nel libro Prefetto in Terra di Mafia.

Vale per tutti la presunzione di innocenza e, dunque, parleranno le sentenze.

Fino ad allora “ .  .  . nui chiniam la fronte al massimo fattore”, che questa volta è la Giustizia, e fino ad allora taciamo.

Ho appreso in famiglia la pietas cristiana la quale mi impedisce di provare godimento per le sventure che colpiscono chi mi ha procurato dolore e/o danno e, perciò, non provo gioia e non brinderò per quanto sta accadendo alla signora Di Bari e a suo marito per ricaduta.

Il quale, peraltro, ha dimostrato alto senso dello Stato dimettendosi immediatamente dall’incarico.

Qualsiasi forma di coercizione messa in atto dalla Giustizia e il pubblico ludibrio che ne consegue sono prove insopportabili per chi mette al primo posto dell’esistere la dignità e l’onore.

Al di là di qualsiasi risentimento, perciò, a questi due esseri umani offro la mia completa solidarietà e vicinanza spirituale e spero, dunque, che la signora possa dimostrare la sua totale estraneità ai fatti che le vengono imputati.

Non posso, però, non radicarmi ancor più nella convinzione che chiunque abbia il potere di disporre della vita degli altri debba mettere al primo posto l’obbligo di tenere nella massima considerazione la dignità e l’onore delle persone.

E tenere a mente che le cose non accadono sempre e solo agli altri.   

 

Sergio M Salomone

         

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