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ANTONIO PRESTIFILIPPO GIORNALISTA VECCHIA MANIERA

Ad Antonio Prestifilippo, morto a Messina nei giorni scorsi, mi hanno legato amicizia e stima fin da quando non esistevano ancora i “cronisti-megafoni delle Procure” e gli eroi da tastiera, ma i “cronisti di nera” che consumavano le suole delle scarpe ed erano avvezzi a respirare la polvere da sparo e il vischioso odore del sangue; Antonio mi ha regalato delle perle preziose per «Laltrareggio» compreso un drammatico servizio sulle minacce mafiose al giudice Salvatore Boemi.

Indimenticabile una serata nella sua casa di Caserta quando parlare di “Terra dei fuochi” non produceva gloria e onori, ma un senso di smarrimento sostenuto da una voglia ardimentosa di raccontare la verità raccolta in prima linea. In sedici anni da inviato speciale de «Il Mattino», si muoveva in quelle zone “calde” come un vietcong nella giungla e aveva come unica forma di protezione la sua serietà e il suo rigore professionale. Straordinario il suo lavoro sulla vicenda del giudice Antonino Scopelliti alla ricerca della verità e a salvaguardia della memoria; merito suo la scoperta della tragica alleanza tra le cosche siciliane e calabresi che decretò il suo assassinio. Antonio è stato inoltre il primo giornalista a rivelare l’esistenza della figlia del magistrato, Rosanna, che il padre aveva protetto amorevolmente nascondendola alle cronache.

Era il pomeriggio del 9 agosto 1991 quando il magistrato della Corte di Cassazione Antonino Scopelliti venne ucciso nel suo paese natale, Campo Calabro, alle porte di Reggio Calabria.

La notizia scosse il torpore di un’Italia già in vacanza.

Ma chi era Scopelliti? Il suo nome risultava pressoché sconosciuto al pubblico e alla stampa. Eppure il suo fu un altro omicidio “eccellente”. Quale fu il motivo di questa morte? La ‘ndrangheta non aveva mai colpito così in alto, con tanto clamore.

Da inviato de «Il Mattino» Antonio Prestifilippo si precipitò a Reggio per cercare di rimettere in ordine i pezzi di un puzzle che l’avrebbe portato dritto al primo maxiprocesso alla mafia siciliana, giunto ormai all’ultimo grado di giudizio. Scopelliti doveva sostenere la pubblica accusa proprio davanti alla Corte di Cassazione.

Antonio mi raccontò di essersi sentito accolto da “una città intimorita e diffidente, scioccata da una lunga guerra di mafia che si consuma tra l’indifferenza delle Istituzioni”…

L’omicidio del magistrato calabrese viene presto dimenticato, oscurato dalle stragi dell’anno successivo in cui perderanno la vita i giudici Falcone e Borsellino.

Il libro di Prestifilippo (Morte di un giudice solo. Il delitto Scopelliti, Città del Sole edizioni, 2008) ha ripercorso la sua storia, attraverso le indagini e le testimonianze che ha saputo raccogliere, alla scoperta di un uomo schivo e onesto, la cui eredità solo a distanza di quasi vent’anni, la sua terra, la Calabria, ha cominciato a ricordare.

Nel testo, Prestifilippo riporta una drammatica e illuminante riflessione dello stesso Scopelliti: «Il giudice, quindi, è solo, solo con le menzogne cui ha creduto, le verità che gli sono sfuggite, solo con la fede cui si è spesso aggrappato come naufrago, solo con il pianto di un innocente e con la perfidia e la protervia dei malvagi. Ma il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto, coraggioso…».

Successivamente a quell’inchiesta, Antonio Prestifilippo è rientrato nella sua Messina alla corte della «Gazzetta del Sud» da responsabile delle pagine di “Cultura e Spettacoli”. Messa da parte la “nera”, ha avuto, tra l’altro, modo di accendere i riflettori sulla grande figura di suo padre Silvestro che era stato giornalista, scrittore e regista cinematografico ed aveva operato su entrambe le sponde dello Stretto.

Tra le mura della Città del Sole edizioni, aleggia ancora l’aura della discrezione e della classe con le quali Antonio discuteva con me, Antonella Cuzzocrea e Oriana Schembari le modalità di pubblicazione delle bellissime poesie di suo padre che poi abbiamo racchiuso nella silloge “Delirare il mare”. Un timore reverenziale nei confronti di un grande padre che gli faceva onore e suscitava in noi un profluvio di tenerezza. Non abbiamo completato il lavoro di recupero e ricerca sull’opera di Silvestro Prestifilippo, Antonio si era ripromesso di farlo una volta in pensione… lui in pensione? Era una dimensione fuori dalla sua portata ed infatti ne è uscito a modo suo… con discrezione e signorile distacco. Sono rimaste oggi, affrante dal dolore, la sua amatissima moglie Daniela Orlando, scrittrice di gran levatura, e le figlie Caterina e Federica alle quali toccherà raccogliere il testimone della memoria.

Che accompagnino Antonio nel suo viaggio gli incantevoli versi di suo padre, tratti dalla silloge “Delirare il mare”:

“Da tanto tempo più nessuno/parla di felicità./La notte e il buio/ci ricacciano dentro/alle coscienze alle paure/ai mondi nuovi e lontani/e la felicità è un lampo/di conquista interiore:/un segreto./Ognuno ha il suo mare/uguale, perenne, notturno./Ognuno ha il suo delirio.”

rev. Frank

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